Una lettera d’amore intrisa di sangue, ai fan dell’horror che sono diventati maggiorenni nell’era di Scream. Fear Street Parte 1: 1994 di Leigh Janiak è una versione raccapricciante, divertente e ultra violenta di quel tipo di errore stile 21° secolo. Quello reso celebre da Robert Lawrence Stine, grazie alla magnifica ed indimenticabile collana di libri Piccoli Brividi. Per quanto l’autore possa essere conosciuto maggiormente grazie a quei contenuti, i lettori più attenti saranno a conoscenza della sfilza di libri Fear Street, orientati ad un pubblico poco più anziano.
Il film di Netflix in uscita il 2 luglio non è un adattamento, in quanto l’obbiettivo della regista Janiak e dei suoi collaboratori era ben altro. Si voleva rievocare lo stesso tipo di atmosfera inquietante, con le quali sfogliavamo quelle pagine a tarda notte raggomitolati tra le coperte, magari con l’ausilio di una torcia. Eravamo pronti a farci travolgere da una realtà nella quale i genitori quasi non esistono, gli adolescenti sono il centro dell’universo e le città sono soggette ad antiche maledizioni, tappezzate da costanti colate di sangue. Ed è uno spasso totale.
L’effetto nostalgico di Fear Street Parte 1: 1994
Come prima iterazione di una trilogia, Fear Street Parte 1: 1994 è un pasticcio di troppi horror tipici degli anni ’90, ma ben fatto. Sarebbe facile cadere nella tentazione di relegare questo film ad una visione nella quale, alzando il cielo, pensassimo solo a quanto tutto ci sia sembrato derivato da altro, ma è qui che il grande lavoro del team trova i pregi più grandi. Janiak ed il co-sceneggiatore Phil Graziadei hanno trovato il giusto equilibrio, creando un’opera in grado di rendere un amorevole e doveroso omaggio al passato, senza sfociare nella copia
Ciò non significa che Fear Street non inciampi: l’ultima metà del film diventa ripetitiva, e la sovrabbondanza nella colonna sonora di canzoni anni ’90 tende a suscitare noia. Alcune sezioni vedono una hit di quegli anni suonare per pochi secondi, prima di saltare in un’altra. Sembra quasi come se qualcuno fuori dal raggio della telecamera stesse armeggiando con una radio, non capace di decidere la stazione da ascoltare. Fear Street Parte 1: 1994 è un sanguinoso pezzo di nostalgia, che risulterà familiare a coloro cresciuti con Scream come porta d’accesso all’horror.
Le influenze derivate proprio da Scream non sembrano aver impaurito Janiak, la quale si mostra abile nel riproporre alcuni momenti iconici, adattandoli. La prima scena di Fear Street Parte 1: 1994 ricorda molto la celebre apertura con Drew Barrymore, dell’innovativo slasher di Wes Craven. Abbiamo infatti un volto familiare, inseguito e pugnalato da una figura vestita con abiti in stile mietitore. La povera vittima, Heather (Maya Hawke), desidera solo chiudere la libreria del centro commerciale nel quale lavora, essendo giunto l’orario di chiusura. Ma, invece, finisce inseguita tra i corridoi ormai non più illuminati da uno psicopatico e furtivo assassino, armato di coltello. In qualsiasi altra città, tutto ciò potrebbe essere visto come un semplice evento anomalo. Ma, come apprendiamo rapidamente, nella città di Shadyside è spaventosamente normale.
Una storia d’amore travagliata
Shadyside, la città protagonista di Fear Street Parte 1: 1994, possiede una lunga e cruenta storia di cittadini che, all’improvviso, si scatenano in folli omicida. Il primo documentato risale al 1666, ergo sorge semplice porsi un quesito: ma chi vorrebbe mai vivere in un posto così? Beh, come si sol dire, è più facile a dirsi che a farsi. La nostra protagonista Deena, interpretata con la perfetta dose di atteggiamento focoso da Kiana Madeira, non può semplicemente fare i bagagli e andarsene. Ciò la porta a vivere con una mentalità molto negativa, secondo la quale tutto è ormai senza speranze di poter risalire. A conferma di questa filosofia giunge, come un macigno, il trasferimento della sua fidanzata, Sam (Olivia Welch) nella vicina Sunnyvale.
Shadyside e Sunnyvale potranno anche distare mezz’ora l’una dall’altra, ma grazie a dei contrasti ben inscenati, appaiono come il giorno e la notte. Mentre la prima è una bettola tormentata da morti a tragedie, la seconda è pittoresca e pulita, apparentemente perfetta. Per mostrarci queste differenze a schermo, Janiak utilizza un espediente semplice ma diretto: assistiamo al percorso di uno scuolabus, prima attraverso i quartieri degradati e deprimenti di Shadyside, per poi finire tra i prati ondulati e le ville di Sunnyvale.
I problemi romantici di Deena e Sam passano inevitabilmente in secondo piano, nel momento in cui diventano dei veri e propri bersagli. Nonostante tutti in città siano abituati a morte e smembramenti, questi vedono un vertiginoso aumento, con assassini mascherati che inseguono le protagoniste ed il resto della gang. Proprio in quest’ultima abbiamo Kate (Julia Rehwald), una sorta di supereroe che vende droga di nascosto, ed uno sciocco comico, Simon (Fred Hechinger). A loro si aggiunge il fratello nerd della protagonista, Josh (Benjamin Flores Jr.), ossessionato dal soprannaturale e dai serial killer. Sarà proprio grazie a lui che i nostri amici riusciranno a formulare una teoria su ciò che sta succedendo, a causa della maledizione di una strega chiamata Sarah Fier. Che, di base, dovrebbe essere solo una vecchia superstizione cittadina, giusto?
L’empatia inattesa
Poiché questo Fear Street è il primo di una trilogia, si conclude in un modo aperto che ho trovato alquanto frustrante. Il motivo è scontato: bisogna terminare impostando le basi per ciò che verrà dopo. Tuttavia, anche i film slasher di un tempo con sequel infiniti sapevano come porre la fine, prima che iniziassero i titoli di coda. Non disperate comunque, questo passo falso non è abbastanza largo da affossare Fear Street, anzi. Probabilmente si genererà l’effetto opposto, secondo il quale una volta assunta la prima dose, desidererete subito quella successiva.
Proprio come gli slasher di una volta, anche Fear Street Parte 1: 1994 sa come divertirsi e far divertire lo spettatore. Chiaro, non tutto l’umorismo funziona, ma frasi usa e getta come “Sai quanto è costoso AOL” sono una diga pronta ad accogliere grandi risate. Esilarante il modo in cui il fratello di Deena si scrolla d’addosso il nervoso, ripetendo un certo codice conosciuto tra i videogiocatori di tutto il mondo… Ma soprattutto, Janiak e compagnia riescono a rendere simpatici i loro eroi adolescenti (e potenziali vittime). Iniziamo a preoccuparci di questi ragazzi, a provare empatia, finendo col fare il tifo per loro, incrociando le dita poiché non finiscano come cadaveri. Insomma, nessuno è al sicuro in questa pellicola, ma inizierete a desiderare che lo fossero.
Le nostre conclusioni su Fear Street Parte 1: 1994
I morti camminano, il conteggio dei cadaveri aumenta e i segnalatori acustici ronzano (nessuno ha un cellulare qui, ovviamente). Fear Street Parte 1: 1994 è come una grande pentola piena di tutto: ci sono sfumature di Scream, It di Stephen King, Halloween e Venerdì 13. Guardarlo riporta alla mente quei momenti passati a girovagare tra gli scaffali delle videoteche, ricchi di film ammuffiti, sfogliando la sezione horror alla ricerca della VHS con la copertina più spaventosa a disposizione.
C’era qualcosa di sacro in quell’esperienza, come andare in Chiesa. Gli occhi scrutavano file e file di nastri, cercando quella copertina con l’assassino mascherato che brandisce l’arma più affilata mai vista. E tu, una volta scelto, tornavi a casa carico di snack non proprio salutari, pronto a goderti la tua dose di divertimento urlante e cruenta. Doveste ardire dalla voglia di rivivere una parvenza di quelle giornate, allora vi consigliamo di fare un giro per Shadyville, non rimarrete delusi. Speriamo che la recensione sia stata di vostro gradimento, e vi aspettiamo su Kaleidoverse e nel nostro canale Telegram per la altre due parti di Fear Street.
La prima parte di Fear Street, ambientata nel 1994, offre un'esperienza horror sia nostalgica che fresca. I riferimenti a grande glorie del genere slasher del passato sono palpabili, ma tutti dosati in modo egregio, senza pericolo di sfociare nel già visto. Una colonna sonora a tratti esaltante accompagna troppi momenti del film, risultando quasi spocchiosa al termine. Un finale aperto tutto sommato comprensibile lascia un amaro in bocca, che verrà sicuramente addolcito dalle altre due parti, attese nelle prossime settimane. Plauso finale a Kiana Madeira, protagonista di un'interpretazione in grado di far vivere, anche solo con la sola forza dello sguardo, le paure comuni a tutti i personaggi.