Dopo oltre vent’anni siamo dunque giunti al momento tanto atteso, a seguito del trailer che ci aveva fatto sussultare. Il ritorno di una delle opere più amate e venerate della scorsa generazione (mi sento vecchio). Parliamo di Space Jam: New Legends, il sequel che ha l’onore e l’onere di rilanciare le qualità di Warner Bros per la nuova generazione e, quindi, un target diverso. Il tempo è cambiato e con esso anche il cinema ha subito cicli rinnovati. Non si tratta solamente di riesumare un classico della nostra infanzia dalla polvere, ma di contestualizzarlo in un momento storico unico nel suo genere.
La stessa rivoluzione tecnologica ha imposto che l’asticella sia alta ben oltre quello che ci potremmo aspettare. Insomma, appassionati di vecchia data, inguaribili nostalgici e bambini di tutte le età sono in queste ore in fila per godersi il ritorno dei Looney Tunes in un’improbabile partita di basket. Cosa potrebbe mai andare storto? Vi ricordiamo che il film è disponibile al cinema, quindi prendetevi un paio d’ore libere per concedervi un tuffo nel passato.
Space Jam New Legends: abiura e smarrimento
Corrono gli anni e si susseguono le leggende. Dopo Michael Jordan, ora è il momento di LeBron James di continuare la tradizione targata Space Jam. La sontuosa macchina di marketing per dare voce ai mostri sacri dello sport è stata rimessa in moto, ma serve un incipit degno di nota. La storia prende piede nel focolare domestico della star, mentre si costruisce la sua vita da genitore. In una serie di scorci riguardo la sua carriera e l’educazione ricevuta, sappiamo a quante distrazioni e spensieratezze ha dovuto rinunciare per concentrarsi solo sul suo destino. Il figlio minore, Dom James, cela però il suo talento altrove: vuole diventare un game designer e dimostra di avere un talento innato da subito. Un colpo duro per la leggenda del basket, che si trova a dover combattere con una situazione analoga a quella vissuta con suo padre.
Le strade si dividono momentaneamente, quando alla Warner Bros si palesa un antagonista insolito: Al-G. Questi non è altro che un complesso algoritmo che governa e manipola ogni cosa all’interno della casa di produzione. Nell’ombra, Al-G brama più di ogni altra cosa i riflettori e di divenire lui la vera star. Sfruttando un momento di litigio padre-figlio, riesce a catturare, infine, i due per scaraventarli nel mondo digitale, ove è lui a dettare regole. Dopo aver manovrato nell’oscurità un piano per cambiare il proprio destino, l’algoritmo divide i due per creare l’evento live più grande mai realizzato: un torneo di basket tra padre e figlio, nel videogioco sviluppato da quest’ultimo. Sebbene vi siano spunti interessanti nell’incipit, come la sensibilizzazione del pubblico all’importanza di valorizzare il settore videoludico come aspirazione professionale, si avvertono da subito delle lacune. Manca il mordente che aveva reso così intrigante il primo film.
Non più una famiglia, ma solo icone
Tutto ruota intorno al fragile rapporto tra i due in Space Jam New Legends, ma non vi è il tempo necessario a far metabolizzare allo spettatore il rapporto familiare. Nel primo capitolo non solo era presente una sottile filosofia di base che ci accompagnava per tutto il film, ma vigeva un clima diverso. La magia che rendeva possibile l’unione tra realtà e fantasia si spegne dopo pochi minuti, in cambio di elementi narrativi raffazzonati e poco incisivi. Si salva solo un intelligente dialogo a mezza bocca sulle nuove tecnologie, ma i rapporti tra i vari personaggi sono privi di qualsivoglia curiosità. Sebbene il basket sia uno degli elementi fondamentali del comparto narrativo, mancano i dettagli psicologici ed emotivi per far esaltare LeBron come umano – e padre –, prima ancora di essere atleta. Nel barcamenarsi in questa direzione, la pellicola scivola in una serie di etichette sul suo nome utili solo per glorificarne la già consolidata fama, senza renderlo mai davvero un membro del cast.
Laddove l’intelaiatura narrativa si perde nel suo stesso artificio, vi è lo spazio per lodare il reparto artistico. Il nostro LeBron, nel tentativo disperato di salvare suo figlio da Al-G, dovrà volteggiare nel mondo virtuale targato Warner Bros in cerca di membri da reclutare per la sua squadra improvvisata. Ironia della sorte, è proprio nella terra dei Looney Tunes che precipita il nostro eroe. La loro casa non è però rigogliosa come un tempo. In molti si sono dimenticati di loro e il team dei lunatici si è poi lasciato annegare nell’abiura. Tutti sono scappati negli altri mondi Warner Bros tranne Bugs Bunny. Il coniglio vuole disperatamente rimettere insieme la sua vita, così convince LeBron a dare una possibilità alla ciurma. Rubata una navicella, l’improbabile duo salta per il Serververso: un luogo in cui dimorano tutte le creazioni forgiate Warner, come Game of Thrones, Harry Potter, Matrix ecc.
L’atrofizzazione del Serververso
Nel cercare tutti i nostri lunatici preferiti, Space Jam New Legends propone dei cameo di buona qualità. Ognuno di loro è in un mondo unico e sarà un piacere vederli tutti su schermo, anche se per pochi secondi. Sebbene siano tutte ostentazioni dello strapotere di marketing messe in moto dalla casa di produzione, purtroppo l’idea si perde in un montaggio posticcio e poco avvolgente, se non per alcuni esempi esilaranti, come l’ordalia di Lola Bunny per diventare una guerriera. L’addestratrice è nientedimeno che Wonder Woman. Si abbandona dunque il concept sbiadito e caricaturale della vecchia Lola, in favore di un personaggio ben caratterizzato e di spessore. Il suo episodio scenico non è sufficiente però a salvare ciò che avrebbe dovuto regalare il Serververso, tra scene memorabili e la promessa di un multiverso ben più coeso.
Manca qualcosa all’equazione, e si tratta di alchimia. Da sottolineare, invece, lo squisito lavoro mostrato a schermo nelle sessioni 2D e 3D, in cui i Looney Tunes ne escono pienamente rinvigoriti. Lo stesso cambio di stile è inanellato con un pizzico di stupore e una discreta presa magnetica sullo spettatore. L’estetica non salva però i beniamini di casa Warner Bros dal mancato obiettivo: ritagliarsi il proprio spazio nella mente dei giovanissimi e uscirne migliorati. Ci dispiace osservare l’inesorabile caduta nell’ombra mediatica dei personaggi, ma sarebbe stato meglio proporre una formula diversa, che potesse tener conto del valore aggiunto che avrebbero potuto dare in sequenze meno sbottonate.
Space Jam New Legends doveva rilanciarli, ma si è perso nella sola trasposizione artistica, dissipando la costruzione psicologica costruita nel primo capitolo. Si percepiva un’intensità maggiore tra umani e Looney Tunes in passato, ora sembra quasi che quest’ultimi siano caduti in un’amnesia generale. Il carisma di LeBron non riesce a far sentire il team davvero unito e si ripropongono le stesse identiche formule per generare emozioni. Il problema è che l’andamento della partita usato oltre venti anni fa, oggi risulta anti-climatico. Il motivo risiede nella scarsa attenzione ai legami tra i vari personaggi e nell’adeguatezza di saperli tenere tutti a schermo.
Nel miasma di errori che si trascina dietro l’opera, bisogna comunque rassicurare i timorosi: la creazione rimane divertente e goliardica allo stato puro, quindi non vi pentirete della visione se cercate un momento di serenità. Se ricercate le emozioni di molti anni fa o vi aspettate un prodotto maturato, forse resterete delusi.
Nel complesso Space Jam New Legends soffre da subito dell’inevitabile confronto con il passato. Non solo non riesce a garantire un incipit degno di nota, ma si perde nei fondamentali di costruzione della trama. LeBron non buca lo schermo per carisma e la sua figura appare sfocata e fuori luogo durante il film. Le dinamiche emotive che reggono la trama hanno una base interessante, ma non sono state coltivate con intelligenza e non si mescolano mai con le esigenze del Serververso. Quest’ultimo, che sarebbe dovuto essere il banco di prova perfetto per evidenziare il potere commerciale della casa produttrice, si è rivelato un buco nell’acqua. Tante promesse non mantenute e decine di cameo posticci, oltre che poco sentiti. Tantissimo materiale sprecato nel tentativo di rincorrere il concetto di multiverso che va di moda oggigiorno. Nell’affannoso viaggio verso il successo, il film perde la sua identità, non riuscendo nel delicato lavoro di rendere i Looney Tunes ancora memorabili. Il voto, e la visione stessa del film, sono faticosamente sorretti da un’iniezione di goliardia e resa artistica a schermo, che da sole offrono allo spettatore un’esperienza piacevole, ma senza impegno. Si avverte troppo, ahimè, il taglio netto tra la qualità degli scorci animati e quella raffazzonata cinematografica.