Vi è mai capitato di guardare un film fino alla fine, magari anche rimanendo attaccati con gli occhi allo schermo per tutta la durata vista la curiosità che era in grado di suscitarvi, per poi arrivare alla conclusione di non averci capito un bel niente? Se sì, vi do il benvenuto solenne alla mia personalissima rubrica “Non ho capito il finale“, dedicata a tutte quelle opere ritenute meravigliose ma impossibili da comprendere. Lungo le pubblicazioni che ci attendono, l’obbiettivo consiste nel cercare di porre finalmente le basi per ottenere un riscontro positivo rispetto alle mille domande che ci siamo posti tutti durante le varie visioni. E, magari, imparare anche a comprendere meglio come approcciarci alla visione di pellicole caratterizzate da sceneggiature più o meno complesse. Da grande appassionato dei rompicapo assurdi di Cristopher Nolan, non potevo che iniziare analizzando il finale di Interstellar, no?
Di fatto, nonostante il celebre film Sci-fi sia ormai datato a quasi 7 anni fa (precisamente al 26 ottobre 2014), tutt’oggi continua a essere detentore di una fan base affezionata, invidiabile ma anche confusa. Non è infatti un mistero come il finale di Interstellar abbia generato milioni di discussioni sparse in tutto il mondo, con tutti gli interessati desiderosi di diventare i padroni della spiegazione più consona possibile. Insomma, è un’impresa paragonabile all’estrazione da parte di Artù della magica spada conficcata nella roccia nell’opera La Spada nella Roccia, perdonate il gioco di parole. Ho dunque deciso di prendere la palla al balzo a pochi giorni dal compleanno di Interstellar, cercando di addentrarmi nei meandri oscuri di questo finale dandovi la mia versione di come sono andate effettivamente le cose, sperando di essere l’eletto in grado di rimuovere questo peso, dal vostro petto. Ah e, attenzione agli spoiler.
Loro
Per analizzare il finale di Interstellar partiamo dal momento in cui Cooper si ritrova bloccato nella biblioteca, Nonostante il momento semplicemente folle, l’ingegnere si rende conto di dover passare le informazioni riguardanti i dati quantistici raccolti nel tempo passato all’interno del buco nero Gargantua a TARS. Lì per lì, l’eroico gesto del protagonista che appare ormai condannato a soccombere da un momento all’altro alla massiccia gravità del worm hole è fondamentale per dar modo a Murph di salvare l’umanità. Qui accade la scena forse più arguta del film, con Cooper che assume il ruolo di “messaggero interdimensionale“, scelto dalle stesse forze misteriose che hanno costruito sia la biblioteca che il buco nero vicino a Saturno. Una volta compreso il suo nuovo compito infatti, l’ingegnere si rende conto di come coloro che hanno aiutato l’umanità non sono affatto extraterrestri. Meravigliosa la citazione “Non sono esseri, siamo noi“.
Da tutto questo possiamo comprendere come a un certo punto della storia dell’umanità nel futuro, i posteri siano arrivati a una conoscenza tale dal riuscire a navigare attraverso tutte e cinque le dimensioni. Grazie a questa padronanza saranno dunque in grado di creare il buco nero che ha permesso alla NASA, nell’era di Cooper, di inviare degli scienziati per esplorare i 12 pianeti papabili, e stiamo solo graffiando la superficie. Gli umani sono anche i responsabili dell’apparente magica sopravvivenza del protagonista dagli effetti di Gargantua. Proprio come Cooper è in grado di sfruttare la biblioteca per influenzare eventi già accaduti nel suo passato, coloro che vengono dal futuro hanno usato la loro comprensione del tempo e della gravità allo scopo garantire la propria sopravvivenza, assistendo i personaggi cardine di questa storia nella loro missione. Ciò che è stato, è e sarà è legato indissolubilmente dal tempo, il quale essendo flessibile agisce da connettore, permettendo di unire presente, passato e futuro in un singolo istante, il finale di Interstellar.
La libreria
Sebbene la biblioteca dove Loro portano Cooper sembri andare avanti in eterno, ogni lato di questa stanza funge da finestra che affaccia sullo stesso luogo: la camera da letto di sua figlia Murph. A primo impatto, l’ingegnere pensa quasi egoisticamente di trovarsi in quel luogo a causa della sua decisione di abbandonarla in tenera età, ma fortunatamente non è lì solo. TARS riesce infatti a farlo ragionare, aiutandolo a comprendere come la realtà tridimensionale nella quale si trovano sia stata costruita appositamente per loro, in un modo tale dal permettergli una comprensione rapida delle cinque dimensioni, e di come potervi interagire.
La coppia collaborando arriva alla conclusione di come Cooper in questo finale di Interstellar sia in grado di influenzare fisicamente diversi punti posti nello spazio-tempo sfruttando la gravità per spostare le stringhe. Tempo e gravità rappresentano le due dimensioni mancanti nella comprensione dell’universo da parte degli uomini dell’epoca del protagonista, concetto che non vale per Loro. A questo punto l’ingegnere deduce come sia stato portato fino a lì per inviare un messaggio indietro nel tempo, con Murph che dev’essere dall’altra parte della cornetta a riceverlo. Decade dunque anche l’ultima mania di protagonismo che lo pervade fin dalle prime battute del film, comprendendo come Loro non fossero focalizzati su di lui per salvare l’umanità, ma su sua figlia. La biblioteca esiste solo per dar modo al messaggero, Cooper, di fornire alla sua bambina le informazioni di cui ha bisogno, al momento opportuno.
L’amore nel finale di Interstellar
A questo punto del finale di Interstellar rimane solo da stabilire come Cooper intende comunicare delle informazioni così complesse partendo addirittura da un’altra dimensione. Dopo una serie di considerazioni incomprensibili da parte di un povero TARS, arriviamo alla conclusione di come la chiave sia l’amore. L’ingegnere spiega al fedele compagno robotico di potersi fidare ciecamente dell’affetto che c’è tra lui e sua figlia, al punto tale dall’essere convinto di riuscire a guidarla esattamente verso il punto giusto, al momento giusto. Infondo, l’amore è l’unica entità in grado di trascendere qualunque dimensione, incluse tempo e spazio.
Cooper decide dunque di codificare i dati quantistici sfruttando la lancetta dei secondi dell’orologio che ha dato a Murph prima di partire, assicurando a TARS di come lei sarà di ritorno nello stesso luogo, per prenderli. A questo punto il robot viene preso dai leciti dubbi derivanti da un piano che non fa affidamento su numeri e calcoli scientifici, ai quali il nostro protagonista risponde con un dolcissimo “Perché gliel’ho dato“. Ciò dimostra quanto egli nutra fiducia nell’abilità dell’amore di condurre sua figlia lì dove dev’essere, proprio come il suo è stato in grado di riportarlo da lei.
Ed è proprio in quegli istanti che una Murph adulta fa la sua comparsa nella camera da letto d’infanzia, attratta da una forza invisibile. Qui, ella comprende come il suo fantasma, l’entità che cercava di contattarla tramite i modelli di polvere realizzati sul pavimento della sua camera, era in realtà suo padre. Ripercorrendo le mille storie su fisica e spazio che il pilota NASA gli ha raccontato mentre era ancora in tenera età riesce a ritrovare l’orologio e, seguendo i movimenti della lancetta dei secondi come se fossero codice Morse, riceve finalmente i dati quantistici rinvenuti all’interno di Gargantua, risolvendo di lì a poco l’equazione del Professor Brand e trovando il modo di salvare l’umanità dai giorni contati del pianeta Terra.
Tuttavia, potrebbe esserci una spiegazione ancora più semplice a tutto ciò che accade nel finale di Interstellar. Questa consiste nel variare la considerazione che abbiamo delle linee temporali all’interno del film, le quali non andrebbero viste più come lineari. Di fatto, più personaggi ci fanno presente come il modo in cui comprendiamo la natura del tempo potrebbe essere molto limitato rispetto a quella degli umani del futuro, i quali potrebbero viverlo in maniere anche diametralmente opposte rispetto alle nostre. A conferma di tale ipotesi, le nozioni di causa ed effetto da noi ritenute fondamentali per la comprensione del mondo verrebbero meno, con la nostra convinzione secondo la quale l’effetto debba sempre essere preceduto dalla causa che si rivelerebbe un buco nell’acqua gigantesco. Forse nel mondo di Interstellar il tempo non è affatto una linea, e la nostra fervente certezza che queste due entità possano muoversi solo in una direzione evidenzia, semplicemente, quanto poco siamo ancora in grado di capire. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rivelandovi come il prossimo appuntamento di Non ho capito il finale sarà su Donnie Darko, e rimandandovi al nostro canale Telegram e a Kaleidoverse, per rimanere sempre aggiornati.