Il mese di ottobre sta per giungere al termin,e e con esso possiamo salutare anche tutto l’insieme di film dell’orrore usciti in questo periodo. Avete già deciso quale guardare ad Halloween? In caso di risposta negativa forse noi di Kaleidoverse possiamo aiutarvi. Siamo infatti qui oggi per parlare di Books of Blood, un lungometraggio uscito oggi stesso su Disney +, diretto da Brannon Braga, co-scritto da Braga e Adam Simon e basato sugli omonimi romanzi di Clive Barker. Dimenticate i cliché, dimenticate i personaggi stupidi a cui urliamo di non entrare nella casa isolata e abbandonata, dimenticate i finali prevedibili e addentriamoci nell’originalità che Books of Blood ci vuole regalare.
L’inizio di Books of Blood è un lungo sbadiglio
Voglio essere onesta: a me non piacciono i film sovrannaturali. Sono dell’idea che un horror debba spaventare e, non credendo nei fantasmi, mi fa molta più paura un serial killer in maschera piuttosto che l’idea di un entità che potrebbe tormentarmi o infestare casa mia. Ciò nonostante, Books of Blood mi ha stupita in senso più che positivo. L’inizio del film l’ho in realtà trovato particolarmente noioso. Nella scena iniziale c’è la classica morte d’apertura, i titoli di testa vorrebbero essere suggestivi ma mostrano fin troppo sangue inutilmente e la protagonista è a prima vista molto scialba. La ragazza infatti, Jenna, soffre di depressione a causa di un evento traumatico che ha vissuto al college, ma il modo in cui viene presentata a me è sembrato abbastanza ridicolo: chiede alla madre cosa intenda – in modo troppo serio – quando ella afferma che piuttosto che compiere una certa azione preferirebbe morire e, quando un ragazzo le chiede chi vorrebbe essere tra l’incudine e il martello, ella afferma “la formica che si trova sull’incudine” per essere schiacciata. Insomma, riuscivo solo a pensare “ma sei seria?”.
In tutto questo, di cosa parla Books of Blood? Tutto ciò che ci viene detto all’inizio su questi fatidici “libri di sangue” è che sono libri dove i morti raccontano le loro storie. Dopo aver saputo questo, la visione si sposta interamente su Jenna, la quale per una serie di motivi si trova a vivere in un Bed and Breakfast. La protagonista soffre di misofonia, il che vuol dire che non sopporta determinati suoni e sembra anche essere particolarmente sensibile a essi; sappiamo anche che Jenna, a causa del suo trauma, prende degli antidepressivi, il che ci porterà in una spirale di confusione: ha delle visioni? Sta sognando ciò che vede? Il Bed and Breakfast è maledetto o è tutto nella sua testa? E i suoi proprietari? Ciò perché naturalmente non potevamo aspettarci che la ragazza si ritrovasse in una semplice casa costruita su un prato verde e pieno di fiori, altrimenti non saremmo qui. Una nota di merito che va data alla pellicola è che, superate le scene iniziali alquanto lente, non fa che migliorare.
Più storie e più fantasmi in Books of Blood
La cosa che mi ha lasciato sconvolta di Books of Blood è stato il fatto che tutte le domande che mi stavo ponendo trovano risposta ad appena quaranta minuti dall’inizio della pellicola. Mi chiedevo quindi che cosa sarebbe successo nell’ora restante e la risposta mi è molto piaciuta: in Books of Blood non si racconta solo una storia. Dopo un grande colpo di scena in cui possiamo solo supporre cosa sia successo a Jenna, ci spostiamo completamente verso Mary e Miles. Egli è un bambino deceduto a causa della leucemia e la madre, Mary, si occupa di smascherare coloro che si spacciano per medium. Tutto cambierà quando incontrerà Simon, il quale sembra essere in grado di dimostrarle il suo potere; a voi scoprire l’evoluzione di questa sotto-trama. Simon è un medium veramente? Cosa ancora più importante: c’è effettivamente un fantasma con cui comunicare? A mio avviso è proprio questa la storyline migliore, con più colpi di scena assolutamente ben fatti e un finale sconvolgente e meraviglioso, nonché più terrificante.
Nell’ultima storia invece vedremo un paio di nuovi personaggi e il collegamento esistente tra tutto ciò che abbiamo osservato finora, scoprendo la storia di Jenna e dove si trovano, ma anche cosa effettivamente sono, questi Books of Blood. La bellezza della pellicola è evidente proprio in questa unione di tre storie, ciò per dei precisi motivi: prima di tutto la presenza di più trame fa sorgere una grande curiosità sui possibili intrecci e su esse singolarmente; in secondo luogo il fatto che in un’ora e quaranta minuti si raccontino più eventi fa in modo che queste procedano in modo relativamente veloce, senza esagerare ma andando dritte al punto.
Non è tutto oro quel che luccica
Sfortunatamente ciò ha anche il rovescio della medaglia. Siccome la storia viene raccontata in più momenti e sfruttando il punto di vista di personaggi diversi, nessuno viene davvero approfondito ed è difficile riuscire a empatizzare con loro. D’altro canto, si può comunque dire che questi vengono ben caratterizzati: abbiamo abbastanza informazioni per comprendere chi sia Jenna e perché, nella scena finale, agirà come vedrete; così come avviene per Mary, una donna che dopo la perdita del figlio si rifugerà nel sovrannaturale per, in un certo senso, ritrovarlo.
Per quanto riguarda la categoria in cui Books of Blood si inserisce, possiamo dire che non è proprio perfetta per la pellicola. La paura non c’è, anche perché sia nella prima storia che nell’ultima di elementi sovrannaturali ne vediamo ben pochi. Tuttavia la curiosità che sorge guardando il lungometraggio riesce perfettamente a compensare ciò e lo stesso vale per il finale ad effetto. Solamente una scena durante la seconda storia si potrebbe definire effettivamente “horror”, ed è solo per questo – oltre al finale – che possiamo salvare Books of Blood: se non fosse per essa l’intera pellicola sembrerebbe solamente un normale lungometraggio con qualche tono macabro, allo stesso livello di Run (pellicola con Sarah Paulson e recuperabile su Netflix se non l’avete vista).
A Cesare quel che è di Cesare
In conclusione possiamo dire che Books of Blood senza dubbio è promosso, ma non a pieni voti. La pellicola trasmette curiosità e trascina fino al finale, ma nel complesso c’è solamente un punto di forza nel film: il raccontare tramite un intreccio tre storie in una. Se guardiamo le trame singolarmente invece esse non sono tutte allo stesso livello e sono definibili più come inquietanti che effettivamente horror. Tuttavia se l’unico punto di forza di Books of Blood è l’intreccio, allora va valorizzata per questo, infatti il film non vuole affatto che ci focalizziamo su una sotto-trama in particolare, dobbiamo piuttosto guardare il tutto nel complesso e, in questo modo, sicuramente Books of Blood risulta curioso e affascinante. A mio avviso tuttavia sarebbe stata meglio una trasposizione in forma di serie televisiva, per approfondire ciò che andava approfondito. Sperando che concordiate con ciò che è stato detto, siete sempre invitati a non perdere le novità del mondo cinematografico, seguendoci sul nostro sito Kaleidoverse e unendovi al nostro canale Telegram.
Books of Blood è una pellicola che prova ad essere horror, ma non riesce perfettamente in questo campo. L'intreccio di più storie che viene preseentato è al contempo un punto di forza e di debolezza, quindi ciò che fa pendere la bilancia in senso positivo piuttosto che negativo è l'originalità. La trama infatti, sebbene banale guardando le storie singolarmente, quando si concentra effettivamente su questi libri di sangue è qualcosa di mai visto, ma poco valorizzato. Non ci sono cose "brutte" nel film, ma il punto di forza di Books of Blood nel complesso è solamente uno: l'intreccio.