Oggi sulla piattaforma Netflix esce Photocopier, un film drammatico giallo del 2021 indonesiano, co-scritto e diretto da Wregas Bhanuteja al suo debutto alla regia. L’opera è stata presentata in anteprima mondiale al 26° Busan International Film Festival nell’ottobre 2021, nella competizione New Currents. Vengono trattati temi molto importanti in una società che ancora arranca in molti aspetti a tutelare tutte le violenze, in un mondo dove la supremazia, il potere e il denaro rendono le persone capaci di poter far tutto senza pagare le conseguenze in nessun modo possibile, e facendo passare chi si difende per pazzo o bugiardo con prove che vengono schiacciate da menzogne in una società che preferisce coprire queste cose, invece che andare infondo alla verità e di guardare in faccia la realtà.
Scopriamo il registra di Photocopier
Questo è il primo lungometraggio di Wregas Bhanuteja, nato a Jakarta, dopo una serie di cortometraggi ben accolti: Lembusura (2015) proiettato a Berlino; Prenjak/In The Year Of Monkey (2016), il quale ha vinto il premio per il miglior cortometraggio della Settimana della critica di Cannes, insieme a premi ai festival cinematografici internazionali di Melbourne e Singapore. Il suo cortometraggio più recente, No One Is Crazy In This Town (2019), è stato proiettato al Sundance, Busan e Locarno. Photocopier è un debutto giovanile e dinamico che, sebbene possa connettersi meglio con il pubblico del mercato interno, dovrebbe trovare ulteriore interesse nel circuito dei festival e sicuramente afferma Bhauteja come un regista da tenere d’occhio.
Durante l’epidemia di COVID-19, Photocopier è stata prodotto a Giacarta, per una durata di venti giorni, seguendo le misure di sicurezza locali per il COVID-19. Bhanuteja con questa storia vuole ritrarre una vittima di violenza sessuale e sensibilizzare sulla questione; il regista e i suoi colleghi avevano già trascorso un anno a ricercare la questione, compreso l’inizio di interazioni che coinvolgono vittime di aggressioni sessuali. Quindi hanno immediatamente iniziato a parlare con gli attivisti anti-stupro, inclusa l’attrice Hannah Al Rashid, che era impegnata nella sceneggiatura del film.
Una festa può rovinare una vita in un secondo
Sur, una matricola di una famiglia piuttosto severa e tradizionale che gestisce una piccola taverna, si offre volontaria come web designer per un gruppo teatrale universitario. All’inizio della storia, la prima del gruppo è un enorme successo e la facoltà promette di consentire loro di recarsi in Giappone per una competizione internazionale. Sur viene invitata a una festa a casa di Rama, un ragazzo piuttosto ricco che si occupa anche delle scenografie per il teatro, e decide di andarci, nonostante le proteste del padre. Qui si diverte, ma decide anche di bere per la prima volta. La mattina seguente, una volta che riprende conoscenza, si sveglia ed è in ritardo per un incontro importante per la sua borsa di studio; suo padre è infuriato per il suo comportamento, ma ancora peggio, dopo che una serie di selfie ubriachi della festa sono circolati online, perde la borsa di studio per aver portato in disgrazia la facoltà.
Sur chiede aiuto a un amico d’infanzia, Amin, che lavora e vive nel campus come fotocopiatore, e affronta il leader del gruppo teatrale nel suo tentativo di scoprire esattamente cosa è successo la notte prima. Suo padre, tuttavia, vuole che si scusi e implori di riavere la sua borsa di studio, mentre la polizia non è particolarmente d’aiuto. Alla fine, viene rivelato un caso molto più grande, mentre anche un’altra ragazza della sua classe, Lutesha, che ha lasciato il gruppo teatrale qualche tempo fa, gioca un ruolo significativo.
Un’ottima recitazione da parte degli attori
Singolarmente, tuttavia, la maggior parte dei personaggi citati fin’ora, assieme ad altri, sono piuttosto d’impatto. In particolare, la scena in cui la protagonista interpretata da Shenina Cinamon chiede perdono risulta piuttosto memorabile e ne evidenzia l’eccellente recitazione. Inoltre, il montaggio di Ahmad Yuniardi ha il suo momento migliore nel taglio che porta alla scena sopracitata a partire da un’altra sequenza, la quale trasuda di tensione e di sentimenti dei protagonisti, mettendo in luce anche la grande recitazione di Lukman Sardi nel ruolo del padre di Sur. Tra le migliori del film anche la scena in cui la protagonista cerca di rievocare la notte dell’incidente, l’incontro di tutta la troupe per guardare le accuse di Sur e quella in cui sua madre decide di aiutare la figlia; la donna è stata per tutto il tempo un’ombra, e abbiamo apprezzato che alla fine esca dal suo guscio, sebbene per pochissimo tempo, per far sentire la sua presenza di aiuto nei confronti della ragazza.
Per quanto riguarda la parte di thriller poliziesco di Photocopier, purtroppo sembra concentrarsi sull’impressione invece che sulla sostanza. La storia inizia in modo intrigante, con la ragazza che combatte contro ogni previsione, ma subito dopo la narrazione inizia a vacillare. Il modo in cui Sur e Amin riescono ad accedere agli account del gruppo è discutibile su più livelli; la reazione del leader del gruppo sembra alquanto illogica, l’intero concetto con le fotografie è inverosimile – come nel caso dei due i membri del gruppo che fungono da catalizzatori -, il colpevole e l’intero concetto di tassista. La scena con il raid sembra completamente fuori contesto, nonostante sia probabilmente la più impressionante dell’intero film, in una scelta che danneggia decisamente l’esito complessivo dell’opera.
Photocopier è un film che fa molto riflettere
La storia di Photocopier funge da base per una serie di commenti sociopolitici. In tal modo, l’aspetto dell’aggressione si estende ai commenti sulle disuguaglianze tra ricchi e poveri, sul rigore delle famiglie islamiche e sul patriarcato che le domina, e sulle lotte soffocanti che una giovane come Sur deve affrontare in questo contesto, trattandosi di una povera ragazza di famiglia musulmana che lotta contro il sistema. Allo stesso tempo, e con una nota positiva, il film mostra anche un raggio di speranza, mettendo in evidenza la presenza di attivisti anti-stupro e di centri che li gestiscono, così come i vantaggi di andare contro il patriarcato. La storia di Sur potrebbe essere la storia di ognuno di noi: si potrebbe andare a una festa qualsiasi, stringere amicizie che sembrano essere buone e senza pericolo e per una volta divertirsi, senza pensare a nulla e lasciarsi in quel momento tutto alle spalle. In fondo che male ci sarebbe?
Lo deve aver pensato anche Sur in Photocopier: divertirsi quella sera come tutti, essere per una notte una ragazza che va a una festa per un celebrare un risultato raggiunto insieme al gruppo di teatro, e perché no, anche a una opportunità lavorativa; eppure la vita le dà una lezione che non dimenticherà mai. Non è mai come sembra, ed è chiaro che un’enorme tela si sia annodata intorno a lei, pronta per essere divorata dal ragno che con fare silenzioso tesse il suo percorso, noncurante delle conseguenze, perché infondo ha sempre agito così ogni volta e continuerà a farlo.
Ma Sur non è una ragazza sprovveduta, non dobbiamo dimenticare che a differenza delle leggi che abbiamo nel nostro Paese che per delle denunce il nostro sistema si muoverebbe subito, nei territori islamici la politica è totalmente diversa, e il lungometraggio mostra in modo pulito che se hai il denaro e un nome nessuno ti può toccare, il miglior passaporto per poter fare tutto come un Dio è il potere. Il potere gioca sempre un ruolo importante in qualsiasi film venga inserito, e rappresenta un potente filo conduttore inserito per farsi sentire. Dall’altra parte, se non hai nulla di tutto ciò, qualsiasi cosa tu faccia, puoi solo provare a opporti a un società che copre inganni e soprusi e violenze, ma senza ottenere mai nulla. Photocopier dimostra molto bene questo aspetto, dando uno schiaffo ben assestato a questa realtà così brutta e triste, ovvero a come si possa distruggere la vita di una persona in una sola sera, come qualcuno si possa prendere la libertà di fare quello che vuole senza avere il consenso della persona interessata.
Le nostre conclusioni su Photocopier
Photocopier è un film potente, che tratta temi molto importanti in una società ancora restia nel tutelare ogni tipo di violenza. Noi abbiamo apprezzato e trovato molto significativo e utile il messaggio che viene scritto nei titoli di coda – per cui ovviamente non faremo spoiler -. Il lungometraggio riesce a trasmettere tutta la tensione e l’angoscia che la protagonista subisce, la vediamo come un amica da aiutare per trovare finalmente il colpevole e a provare la sua innocenza. Si parla al giorno d’oggi di privacy, ma in Paesi come questi, dove si è rimasti ancora indietro su molti aspetti, la privacy è una di quelli di cui coloro che hanno potere ne fanno quello che vogliono, per poi divulgarla. E se si prova a fare qualcosa che sia anche solo cercare di ottenere giustizia, i reparti che dovrebbero proteggere queste persone non adempiono i loro doveri. Ed è qui che Photocopier ci insegna qualcosa di importante: le parole non bastano per rendere giustizia, mentre una parola scritta su un foglio e poi fotocopiata più volte rappresenta il mezzo più potente per comunicare tale violenza.
Noi donne siamo soggette a ogni tipo di violenza, ma riusciamo sempre a trovare la forza e la volontà di rialzarci. In un certo modo o momento, ci sentiamo tutte Sur e le siamo vicine nel lungo percorso per scoprire una verità, ovvero che non siamo noi a essere sbagliate, ma chi si trova dietro a questo sistema prende le parti del più potente invece di schierarsi dalla parte chi si subisce. Photocopier è una finestra su questo tema molto importante che troppo spesso viene ignorato, ma che andrebbe invece ascoltato. Per altre recensioni su film e serie tv restate collegati sul nostro sito Kaleidovserse e iscrivetevi ai nostri canali YouTube e Telegram per non perdervi nessuna novità su questo interessante progetto, e non solo.
Photocopier è un film visivamente impressionante che riesce a comunicare i suoi commenti sociopolitici in modo abbastanza eloquente. Non ha tempi morti e scorre abbastanza bene, mostrando una società ancora retrograda sotto certi aspetti, soprattutto per quanto riguarda la tutela delle donne e della propria privacy. Il suo forte messaggio lascia presagire che alla fine in qualche modo giustizia sarà fatta.