A dispetto di quello che molti pensano, Netflix sa scegliere su cosa puntare, ed è ciò a cui ho pensato quando ho visto il trailer del film in stop-motion The House, prodotto da Nexus Studios. È decisamente un titolo originale, che viene inserito nel genere della commedia dark, anche se di comico ha ben poco, a mio avviso. Ma fidatevi di me, è un’opera che stupisce, specialmente se siete amanti della tecnica di realizzazione a Passo Uno e delle storie raccapriccianti.
Tutto ciò che riguarda questo film gira intorno a una casa, come avrete intuito dal titolo, nella quale si sviluppano tre storie diverse: quella di una famiglia povera, quella di un costruttore ansioso e quella di una proprietaria stanca, tutte ambientate in epoche diverse. Leggendo i titoli di testa, ciò che salta subito all’occhio è l’affollamento che c’è tra i direttori. Ce ne sono ben quattro, ma trattandosi di un lungometraggio antologico, la cosa non dovrebbe stupire: Emma De Swaef dirige la prima storia insieme a Marc James Roels, Niki Lindroth von Bahr si occupa della seconda e Paloma Baeza della terza.
Una casa può essere inquietante
Nella prima storia di The House ci ritroviamo in quella che sembra essere una campagna inglese di fine ‘800. Qui Emma De Swaef e Marc James Roels utilizzano una tecnica già vista nel corto d’animazione “Oh Willy…”, dove i due hanno collaborato in precedenza. Andando a ripescare questo corto del 2012, si nota che i pupazzi usati hanno esattamente le stesse fattezze di quelli della famiglia che abita la casa: testone enorme e volto molto piccolo e centrale. E questo aspetto funziona, perché riesce a rendere i personaggi, dove serve, veramente molto inquietanti e raccapriccianti, con dovizia di particolari anche nell’ambiente circostante.
Ciò che i due registi ci raccontano è la storia di una casa che non è esattamente quello che sembra e che ossessiona gli adulti della famiglia, a tal punto che finiscono con il dimenticarsi di tutto il resto. Solo le figlie riescono a rendersi conto di ciò che succede e a salvarsi. Devo dire che la storia è stata raccontata molto bene e mi ha inquietato non poco. Ogni accadimento, da quando la famiglia si trasferisce nella casa, fino alla conclusione delle vicende, è veramente raccapricciante. Però devo essere onesto, sebbene la storia sia carina, non è nulla di particolarmente elaborato, ma le fattezze dei personaggi e dell’edificio riescono a convincerti a continuare la visione.
I topi sono brave persone
Per il secondo atto abbiamo Niki Lindroth von Bahr. Anche lei utilizza una tecnica già vista in altri suoi corti, fatti di topi antropomorfi e oggetti estremamente realistici. In questa storia abbiamo il costruttore, un topo antropomorfo per l’appunto, alle prese con il restauro della casa della primo racconto. Questa inizia come una vicenda qualunque di un personaggio qualunque che cerca di sbarcare il lunario, ma finisce in maniera decisamente inquietante.
Scegliere i topi come personaggi principali aiuta con la narrazione, in un certo qual modo, visto dove si va a parare nel finale, nonostante a essere raccapricciante non sia il protagonista, quanto due personaggi che si presentano più avanti e che danno del filo da torcere al costruttore. Anche qui non si può non notare quanta cura nel dettaglio ci sia nella realizzazione sia dei protagonisti, che sembrano topi veri, sia della casa, il che, come prima, aiuta a seguire la storia, benché non sia nulla di speciale, a eccezione del finale.
Una casa Puurrfetta
E arriviamo a Paloma Baeza, ultima regista di The House. Di nuovo ci troviamo nella stessa casa, ma in quello che sembra essere un futuro distopico in cui il mondo sembra aver conosciuto gli effetti del cambiamento climatico a causa di un’inondazione che ha sommerso tutto, a eccezione del solito edificio. Se prima abbiamo avuto degli umani e poi dei topi, adesso è il momento dei gatti. La protagonista principale è la proprietaria, una gatta che cerca di ristrutturare la casa, che al momento usa come Motel.
Ciò che esce fuori da questa storia è il discostamento dalle precedenti. Infatti, anche se inserito in una trilogia dark, questo racconto non ha nulla di raccapricciante. Anzi, se vogliamo è qui che si sente l’unico elemento comico, anche se molto flebile. Infatti sarà un gatto molto eccentrico a portare un po’ di ilarità nell’abitazione, sebbene non venga accolto nel migliore dei modi. Però, anche se diversa, questa vicenda si inserisce bene perché riesce a dare una specie di finale a tutte e tre le vicende e alla casa stessa.
The House: cosa c’è dietro le storie?
Come già detto, ogni storia in The House è ambientata in epoche diverse, con protagonisti diversi, tutti legati a questa casa. Sin da subito ho pensato che potesse essere una storia alla Cloud Atlas (qui il trailer) delle sorelle Wachowski, dove ci vengono raccontate sei vicende in cui i protagonisti sono legati dal destino e dalla reincarnazione. Benché il tipo di vicende e un unico riferimento (il nome di una bambina della prima storia che si ripresenta anche nella seconda) potrebbero inizialmente farci pensare che ci sia un legame che vada oltre l’edificio, così non è. O, almeno, così parrebbe. Le diverse vicende in sé non sono per niente legate, si tratta veramente di un film antologico, ma qualcosa durante la visione ritorna sempre, qualcosa che dà da pensare. Ciò che ho percepito è stato un voler raccontare qualcosa che andasse oltre le singole storie. Quando sono arrivato alla terza è diventato tutto chiaro e ho capito che il tema di fondo dei racconti è sì legato alla casa, ma riguarda qualcosa che caratterizza il genere umano: le ossessioni e le paure.
Seguitemi e capirete: la famiglia della prima storia, in ristrettezze economiche, accetta questa casa in dono, ma gli adulti ne diventano talmente ossessionati da perdere sé stessi e le figlie; nella seconda storia c’è il costruttore che mette tutto le sue speranze e il suo tempo per rendere la casa perfetta agli occhi degli acquirenti, finché anche lui finisce col perdersi. È solo nella terza che abbiamo quello che secondo me chiude il cerchio delle tre vicende, con la proprietarie che, seppur inizialmente ossessionata dall’abitazione, riesce a capire di dover andare oltre.
Le nostre conclusioni su The House
The House è sicuramente un film particolare, anche un po’ fuori dai canoni, se vogliamo, ma indubbiamente è qualcosa che merita di essere visto, se non per lo stop-motion (chi è che non ama questa tecnica di ripresa, dai!), almeno per i racconti in stile dark che lasciano qualcosa su cui riflettere. Se questa recensione vi è piaciuta e vi ha convinti a guardare il film, continuate a seguirci sul sito Kaleidoverse.it. Restate sempre aggiornati su film, serie TV, anime e manga unendovi al canale Telegram e seguendoci sul canale YouTube.
Sebbene sia inserita nella categoria "commedia Dark" da Netflix, The House non ti fa mai ridere: se mai ti fa provare ribrezzo e inquietudine ma in maniera piacevole, se vogliamo, portandoti anche a fare alcune riflessioni sull'animo umano. Storie particolari e pupazzi realizzati con una tecnica impeccabile. Un'ora e mezza che passa piacevolmente. Da vedere!