Questo è uno step importante per la settima arte italiana, l’ennesimo: Bang Bang Baby è l’ulteriore esempio consecutivo dell’apertura all’alternativa nel panorama mainstream del nostro cinema. Se con la composizione delle nomination ai David di quest’anno si ha un chiaro riassunto della varietà che le nostre sale stanno portando, attraverso questa serie è ancor più possibile guardare a un orizzonte sempre più vasto e vivo di varietà. Che tutti guardino la serie creata da Andrea di Stefano e provino verso di lei ispirazione, adrenalina, divertimento e/o disapprovazione, rabbia, neutralità, perché il cinema italiano si rende vivo quando esce da un’ombra malinconica e si nutre d’innovazione, sia questa amata oppure odiata, piccola o grande. Solo fatta questa premessa si può entrare nell’analisi e nel giudizio, piuttosto variegato, delle prime cinque puntate dell’Amazon Original Bang Bang Baby.
Milano, anni ‘80. La regia di Michele Alhaique si apre oscura, luci al neon illuminano volti di personaggi che vedremo assumere innumerevoli tonalità diverse; la voce fuori campo della piccola Alice (Arianna Becheroni), unita alla pioggia di sfondo, introducono una sfumatura noir dalla gradualità incerta: sembra di varcare la soglia di un altro mondo, se pur familiare essendo criminale, ma dalle regole straordinariamente diverse e immediatamente comprensibili, con qualcosa di fondo che però si prospetta negativo. L’America è vicina, certamente, ma ricopre il ruolo d’ispirazione madre: Bang Bang Baby non imita, cerca affannosamente un proprio universo, un mondo scattoso e ludico fatto di contrasti a schermo, “racconto per immagini” lo chiamano. L’esperimento è, fin ora, riuscito?
Una chimera fallibile
La risposta mette in gioco così tante variabili e così tante interconnessioni tra esse che rendono questo lavoro abbastanza complicato: c’è la passione per la sperimentazione, un comparto registico da non sottovalutare, un sound design co-protagonista e Virgilio di ogni atto emotivo e concreto dei personaggi, un’identità italiana che si fa forte della sua musica, cultura, folklore, e in alcuni tratti anche della sua politica, in un territorio che ha spesso mangiato queste rappresentazioni in un’ottica di sottomissione al sogno estero, a una qualità che segue l’ipotesi auto-imposta dell’irraggiungibile. C’è d’altra parte la presenza di un demone che si fa grande tanto quanto tutti i pregi visibili in quest’opera, e che tormenta e stringe in un nodo strettissimo qualsiasi prodotto che voglia rivoluzionare.
In un’onda d’eccitazione collettiva è facile sottovalutare ciò che costruisce le fondamenta della fede verso l’opera, magari anche da parte dell’opera stessa. In altre parole, Bang Bang Baby zoppica in maniera vistosa (coerentemente con la propria estetica) in ciò che dovrebbe garantirle coerenza; cede nella sua sostanza, oltre il fumo estremamente stimolante che getta piacevolmente negli occhi allo spettatore: è nella scrittura che si trova il tallone d’Achille di una chimera di generi altresì intoccabile. Nello specifico, ciò che riguarda il corso degli eventi, il conflitto che li genera e i cambiamenti apportati. Per quanto ne concerne la definizione dei protagonisti, essi incarnano pochi valori, esplicitati in una forma identitaria dalla complessità equa per ognuno, dal più importante all’ultimo membro di questa famiglia criminale.
Bang Bang Baby – The Game
Bang Bang Baby è divertente, nel senso adrenalinico del termine, e partecipativo allo stesso momento. Uno dei pilastri che garantiscono quest’effetto è la gestione del sonoro. Per spiegare meglio questo concetto, possiamo servirci del mondo videoludico, non troppo distante dalla serie: uccidere e prendere un’anima su Dark Souls, utilizzare un Koopa in Super Mario per fare piazza pulita, sentire lo scudo ricaricarsi su Halo, Pac-man che mangia le sue monetine; si tratta dell’incredibile mondo del sound-design, e ancor di più, di quei effetti che garantiscono una soddisfazione edonistica al nostro udito. La serie fa percepire ogni singolo movimento come se qualcuno stesse spostando una levetta analogica a nostra insaputa e ciò si ripercuote anche nel piano visivo: i corpi non sono umani ma animati, la macchina da presa non insegue ma collabora con loro, sono semplicemente un tutt’uno, anche se, a volte, questo matrimonio risulta stranamente incongruo.
La frenesia, trattata con questa metodologia, deve rispettare due fattori fondamentali: dev’essere meccanica nelle azioni e fluida nei movimenti di macchina. Per questo motivo si intende un “tutt’uno”: pensate allo stile di ballo popping, da cui derivavano ad esempio i movimenti di Michael Jackson: i muscoli si rilassano e contraggono continuamente; la macchina da presa va fluida insieme al soggetto veloce, rapido e costantemente irriflesso. Capita che quest’ultimo fattore, la rapidità, vada a sopraffare la scorrevolezza della camera, facendo cadere in una luce negativa l’anormalità di quei passaggi, tra i tratti somatici maggiori dell’intera opera.
Le nostre conclusioni sui primi cinque episodi di Bang Bang Baby
Questo matrimonio, quando funzionante, è l’immersione pura, presa a schiaffi da sviluppi narrativi di cui si fa fatica a credere, e non solo nel senso basico di causa-effetto, ma nel senso di pertinenza con la sregolatezza di cui tanto ci si fa portabandiera. Perché mai per far andare avanti la trama di un contesto spacciato per imprevedibile e frenetico ci si dovrebbe fornire di formule stantie, da sempre mal digerite? Il citazionismo non riesce a coprire anche questo punto, possiamo escluderlo come risposta plausibile e continuare a godere di Felicità aspettando un intreccio più solido. D’altronde mancano ancora cinque puntate, in uscita il 19 Maggio.
In ultima istanza, si dovrebbero menzionare le prestazioni attoriali, differenti a livello d’essenza e costituzione nonché di ruolo a livello della narrazione, senza lasciare al caso una palese discontinuità nel grado qualitativo, ma lasciamo tutto questo per dopo. Questo momento è l’apice dell’arco narrativo di ognuno, abbiamo visto l’ambizione di Nonna Lina, la riscoperta di Alice, la rabbia di Nereu, il peccato di Santo, attendiamo quindi di vedere concluse le prime vicende della famiglia Barone al fine di analizzare un quadro interamente svelato e finire questo processo di critica. Bang Bang Baby è disponibile in 241 paesi dal 28 aprile su Prime Video. Per altre recensioni, news, approfondimenti e guide, continuate a seguire Kaleidoverse e i nostri canali social: Youtube per le videorecensioni del venerdì alle quindici, Instagram e Facebook per ulteriori contenuti, e Telegram per non perdervi alcun articolo.