Un film/serie tv crime può essere fatto bene o male, e non è difficile distinguere queste due categorie. Tutto comincia sempre con un criminale, il quale può essere un ladro, un killer, un piromane o quant’altro, di cui – solitamente – non conosciamo l’identità e che la polizia deve scoprire. Anche quest’ultima può variare: esiste la polizia scientifica (CSI), o i criminologi, più focalizzati sugli aspetti psicologici del malvivente (Criminal Minds o Sherlock Holmes), ma sta di fatto che quando gli spettatori capiscono quasi immediatamente chi è il delinquente dello show qualcosa non quadra. 42 Giorni nell’Oscurità, serie originale da poco approdata su Netflix, è un crime fatto male, ma ciò non vuol dire necessariamente che sia una serie fatta male. Scopriamo il perché di questa ambiguità addentrandoci in questo mondo in una recensione, come sempre, priva di spoiler.
Basata su eventi reali
42 Giorni nell’Oscurità segue la storia di Veronica Montes, una sorella, moglie, e madre di due ragazzine, svanita misteriosamente da casa sua. La serie si basa su una storia vera, trasposta nel libro You Know Who: Notes on the Homicide of Viviana Haeger del giornalista Rodrigo Fluxa e si focalizza sul personaggio di Cecilia, sorella della donna scomparsa la quale si dedicherà al caso irrisolto per far fronte all’incompetenza e agli errori della polizia. Tutto inizia quando la figlia maggiore di Veronica, tornata a casa da scuola, non ha trovato la madre e, per ben 42 giorni dall’inizio delle vicende, nessuno saprà cos’è accaduto alla donna. La polizia si metterà subito in moto per capire cos’è accaduto, concentrandosi in particolare sulla famiglia della scomparsa, quindi le figlie – sebbene non la più piccola -, la sorella e il marito. Va sottolineato che l’opera non riporta fedelmente i fatti accaduti alla famiglia Haeger, infatti le reali figlie della donna non sono state coinvolte nella produzione e la famiglia non ha approvato il progetto.
Perché la serie è un crime fatto male? Semplice, perché fin dalla prima puntata, se siete appassionati del genere, noterete i comportamenti della persona responsabile della scomparsa di Veronica e vi verrà spontaneo puntare il dito su tale individuo. Non c’è una vera ragione per cui la polizia non dovrebbe arrestare fin da subito questo soggetto ignoto, perché capiremo subito, e verrà detto esplicitamente, che mente alla polizia, intralcia le indagini non volendo fornire delle prove e, molto banalmente, non sembra affatto traumatizzato dalla vicenda. Arriverete a un punto della serie in cui darete per scontato un colpo di scena finale. Ci sarà? Lasciamo a voi scoprirlo.
Poliziotti incompetenti
Sebbene le competenze di questo criminale siano paragonabili a quelle di un ladro che, pur sapendo della presenza di telecamere in una banca, non indossa una maschera prima del colpo, è la polizia l’insieme di personaggi verso cui scaricheremo la nostra rabbia. Nonostante 42 Giorni nell’Oscurità proceda con una certa calma e gli investigatori scoprano pian piano nuovi fatti, persone coinvolte e quant’altro, è incredibile come praticamente non facciano nulla. Quando scoprono che un sospettato mente, la cosa sembra quasi non influenzare il caso irrisolto, se non aumentando i sospetti degli stessi poliziotti nei suoi confronti ma senza arresti o conseguenze per l’individuo. Quando, successivamente, viene affermato che anche degli psicologi collaboreranno, questi non vengono mai visti. Un’analisi psicologica di un possibile criminale è fondamentale, ma se non era intenzione della serie approfondire questo aspetto perché nominarla?
Un punto molto interessante di 42 Giorni nell’Oscurità sta nel fatto che la serie si svolge in una piccola cittadina dove non accade mai nulla di strano, quindi l’intera popolazione del posto sembrerà farsi coinvolgere dalla sparizione improvvisa di Veronica. La figlia maggiore della donna, infatti, subirà molti traumi psicologici a scuola, venendo adocchiata da tutti i compagni che sono costantemente aggiornati sui progressi del caso, sapranno chi sono i sospettati e, se sotto un certo punto di vista proveranno pena e compassione per lei, dall’altro le continue occhiate di pietà che le lanceranno faranno subire alla ragazzina il danno oltre la beffa. È lei, a mio avviso, il personaggio meglio costruito della serie.
Un finale esterno a tutto il resto
Quindi, ribadiamo nuovamente che 42 Giorni nell’Oscurità è un crime fatto male, ma la brevità della serie (appena sei puntate) fa in modo che il finale possa risollevarne le sorti. L’ultima puntata si svolge dopo la scoperta di ciò che è avvenuto a Veronica, nonostante il colpevole sia ancora da identificare. Da spettatori, a questo punto sappiamo chi è, quindi tale puntata sembrava assai superflua, e invece è quella in cui mi sono ritrovata incollata allo schermo. Cosa accadrà alla persona presumibilmente colpevole? Tale episodio si concentra su questo, sui ragionamenti della polizia ormai certa di chi sia il responsabile della sparizione ma che “non hanno prove” a sufficienza per una condanna – sempre a causa dei vari errori commessi durante lo show. È molto interessante vedere a questo punto le azioni legali, la difesa del presunto colpevole, le testimonianze, le prove… un riassunto di tutto ciò che abbiamo già visto associato a dei salti temporali che ci faranno capire il futuro della famiglia Haeger.
Il problema sta nel fatto che l’ultima puntata si distacca completamente dal resto di 42 Giorni nell’Oscurità e, sebbene sia molto piacevole da vedere, assume toni totalmente diversi dal crime che lo show dovrebbe essere, avvicinandosi molto di più al genere di Le Regole del Delitto Perfetto. Le indagini sono finite, il poliziotto protagonista continua a scavare per trovare la verità, la curiosità sale, ma la tensione che avremmo dovuto provare durante le indagini è completamente inesistente.
Le nostre conclusioni su 42 Giorni nell’Oscurità
Concludendo possiamo dire che 42 giorni nell’oscurità non è una brutta serie, ma non è definibile un crime se siete appassionati del genere. Le investigazioni ci fanno percepire l’incompetenza della polizia, non ci affezioniamo ai personaggi perché sono poco approfonditi e, sebbene questo sia normale considerando la breve durata della stagione, un minimo se ne sente la mancanza. In particolare ciò è vero per Veronica: essendo lei scomparsa non possiamo conoscere i suoi comportamenti e la sua personalità, quindi sarebbe stato bello mostrarla un po’ di più tramite flashback o con qualche altro sotterfugio. La conclusione della serie è davvero ben fatta, ma conferma ciò che è già stato detto sulla polizia e, allontanandosi dal tema principale dello show – la risoluzione di un caso – non è soddisfacente. Sperando che concordiate con quanto detto, vi ricordiamo che 42 giorni nell’oscurità è disponibile su Netflix e, per non perdere alcuna novità del mondo cinematografico, vi invitiamo a seguirci sul nostro sito ufficiale e a unirvi al nostro canale Telegram.
42 Giorni nell'Oscurità è un giallo che di giallo ha poco e nulla. La storia di Veronica, misteriosamente scomparsa, non ci coinvolge da un punto di vista emotivo e non riesce neppure a incuriosirci a causa degli errori più che palesi che commette la polizia: il principale sentimento che proverete guardando la serie è la rabbia verso quest'ultima. Un finale molto soddisfacente risolleva un minimo la serie, incuriosendo e - finalmente - coinvolgendo lo spettatore, ma distaccandosi troppo dalla trama presentataci fino a quel momento non la salva.