Speravamo tutti che l’unico remake di Pinocchio Disney rimanesse la canzoncina cantata da Ultron in Avengers: Age of Ultron del 2015, ma non siamo stati ascoltati. Disponibile su Disney+ dall’8 settembre 2022, Pinocchio con Tom Hanks non è che l’ultimo live action remake della casa del topo consegnato al pubblico decenni dopo l’uscita del film d’animazione originale. Da Alice nel paese delle meraviglie a Maleficent a Il Libro della Giungla ne abbiamo ormai visti moltissimi e, detta come va detta, non se ne era mai sentito il bisogno. Certo, comunque alcuni lati positivi ci sono. Ne La Bella e la Bestia (2017) e in Aladdin (2019) ad esempio abbiamo potuto ascoltare nuove bellissime canzoni composte da Alan Menken. Certo è che abbiamo dovuto anche sorbirci remake abbastanza bruttini o poco amati, come Mulan (2020) o Il re Leone (2020), che comunque è stato campione d’incassi al box office.
Insomma, i remake in live action dei film animati Disney sono al centro di una grande polemica e il pubblico continua a essere indeciso sulla loro utilità. Ed è qui che arriviamo alla nuova aggiunta al già lungo elenco: Pinocchio del 2022. Tra una CGI non molto piacevole, un protagonista snaturato, nuovi personaggi dalla dubbia utilità e un finale lasciato aperto per chissà quale motivo, diciamocelo… si salva giusto Tom Hanks. Tuttavia, se volete saperne di più su questo remake di Pinocchio non particolarmente degno di nota, noi di Kaleidoverse siamo qui a farne una recensione per voi senza spoiler (anche se è difficile definirli tali essendo il senso della storia molto simile a quella del 1940).
A Disney piace ignorare Collodi
Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini, scrisse tra il 1881 e il 1883 il romanzo episodico Le avventure di Pinocchio – storia di un burattino. Walt Disney lo adattò poco meno di 60 anni dopo nella sua versione animata cambiando… diverse cose (tra cui la balena che in originale era uno squalo). Disney adatta e cambia (oltre che censurare) quasi sempre i racconti da cui prende le trame dei suoi film d’animazione, purtroppo nel caso di Pinocchio la questione è molto più complicata. La visione positiva ed edulcorata disneyana mal si accorda con la versione molto più inquietante e formativa dell’autore toscano. Tuttavia, nel lungometraggio del 1940 ancora qualche elemento originale era presente. Ciò non è successo in questo nuovo remake del 2022 che, oltre a ignorare anche moltissime scene molto meglio costruite del suo predecessore animato, snatura ulteriormente l’intera storia.
Il personaggio di Pinocchio è diventato ciò che non è. Un ragazzino che non ha bisogno del Grillo, il quale prende decisioni peggiori del protagonista stesso, perché prende solo buone decisioni. Non va a scuola non perché decide di seguire il Gatto e la Volpe ma perché viene cacciato. Nel Paese dei Balocchi non beve alcolici come Lucignolo, non distrugge gli oggetti non si strafoga di dolci, ma rimane seduto buono e composto. Pinocchio non è questo. Il personaggio di Collodi, così come quello di Disney del 1940, anche se in modalità più tranquilla, è scalmanato, prende decisioni sbagliate. Impara dagli errori e cerca di risolverli. Pinocchio è un ragazzino che cresce e si forma. D’altronde Le avventure di Pinocchio – storia di un burattino non è che questo: un romanzo di formazione, e in questo remake del film d’animazione del 1940 di formazione ne è rimasta ben poca.
Personaggi snaturati
Non è il cambio etnico della fata turchina ciò a cui ci riferiamo, visto che non porta nulla di diverso alla trama. I cambiamenti veri riguardano stranamente proprio il protagonista. Non è una novità che i remake live action Disney cerchino di essere più contemporanei, soprattutto se di film d’animazione risalenti a diversi decenni fa. Cenerentola (2015) di Kenneth Branagh in primis cambiò molto la protagonista, che risulta più attiva della giovane ragazza del lungometraggio del 1950. Tuttavia, pur essendo la Cenerentola di Lily James più schietta e risolutrice della sua controparte animata, l’essenza della giovane ragazza sporca di cenere era rimasta inalterata. Cenerentola è rimasta gentile e coraggiosa come era nel film originale. Questo non è accaduto con Pinocchio. Un ragazzino che non ascolta gli adulti, in effetti, non è un ottimo esempio da seguire, ma Pinocchio non ha mai voluto essere un role model.
L’erroneamente chiamato burattino (da Collodi stesso) che in realtà non è che una marionetta senza fili, è un ragazzino disubbidiente che dice bugie. Migliora, cresce e alla fine prende la decisione giusta lavorando per salvare suo padre (o nel caso del film d’animazione del 1940, sacrificandosi), ma sicuramente non prende decisioni giuste, quasi mai. In questo nuovo remake, invece, Pinocchio è la dolcezza in persona. Si rende conto che le bugie gli fanno crescere il naso e le usa a suo vantaggio. Per non parlare di Geppetto, dal tragico passato inventato per far, probabilmente, empatizzare lo spettatore con l’anziano. E che dire del Grillo Parlante, così ponderato e giusto nel film d’animazione e così caotico e inutile in questa nuova pellicola. Di per se i remake live action sono “poco utili”, ma questo ce la mette tutta per essere non solo inutile ma proprio senza senso.
Le conclusioni sulla recensione di Pinocchio
A parte tutti i problemi già discussi, ovvero personaggi snaturati e una storia originale molto ignorata, il film pecca di CGI non troppo curata e di scene fini a loro stesse. Pinocchio stesso, protagonista della pellicola, è una versione in 3D del burattino animato. Se per Cenerentola, Belle, Aurora, Alice e persino Mowgli c’era stato un redesign dei costumi e del look, per il piccolo omino di legno non è cambiato assolutamente nulla. Il suo aspetto è identico a quello del 1940, semplicemente è stato inserito in un mondo non in 2D e affiancato da Figaro, Cleo, il Gatto, la Volpe e le Marionette… tutte in computer grafica non troppo curata. E poi c’è Geppetto, più disturbato che mai e che fa chiedere al pubblico se non sia impazzito del tutto e non si stia sognando tutto.
Sì, perché oltre i terribili e mal scelti cambi dei personaggi, anche il finale è differente. O meglio, è assente. Nel film d’animazione vediamo Pinocchio diventare un bimbo vero e Geppetto festeggiare con lui. In questo live action ci è stata tolta anche questa gioia. Diciamocelo quindi, se volete vedere Pinocchio Disney riguardatevi il classico del 1940. Se invece siete curiosi di conoscere la storia originale in versione cinematografica, la pellicola di Matteo Garrone del 2019 è decisamente più funzionante, in quanto rispetta il materiale originale e ha escamotage utili e interessanti per la storia in versione cinematografica. Si conclude qui la nostra recensione di Pinocchio. Se volete rimanere aggiornati sulle notizie dal mondo del cinema, degli anime, dei manga, dei videogiochi e molto altro, unitevi al nostro canale Telegram e continuate a seguirci sul sito Kaleidoverse.
Geppetto con un passato catastrofico proprio non ce lo aspettavamo. E nemmeno che Pinocchio diventasse la coscienza di se stesso. O che il grillo fosse uno scapestrato in cerca di un tetto sopra la testa. La fata Turchina funge da momentaneo deus ex machina e la vediamo in una scena sola, durante la quale si appropria della canzone When You Wish Upon a Star, notoriamente cantata dal Grillo. Ma vista la fine del personaggio in questo lungometraggio, meglio che l'abbiano fatta cantare a lei. Che dire, Tom Hanks è sempre Tom Hanks e sarebbe stato credibile anche nel ruolo della Fata, ma non rimane molto altro. La CGI è disastrosa, sia che si tratti del Gatto e la Volpe sia di Pinocchio stesso (che, pur protagonista, non ha nemmeno ricevuto un upgrade nel design). Questo remake è probabilmente il più pigramente fatto degli ultimi anni ma, come al solito, il pubblico lo guarderà, lo giudicherà e quasi sicuramente lo scorderà tra pochi mesi (tempo di far passare la rabbia per aver riproposto e cambiato un capolavoro dell'animazione di 80 anni fa). Guardate il film del 1940 o altre trasposizioni. Altrimenti guardatevi questo, ma solo per Tom Hanks.