Cosa rende una serie qualcosa di più di ciò che è? Cosa elegge un prodotto audiovisivo a status di cult assoluto? Molti elementi concorrono a tale scopo e poche opere hanno le qualità e le caratteristiche per compiere una metamorfosi da semplici prodotti d’intrattenimento a vero e proprio fenomeno di costume. Boris ebbe e ha, nelle sue attuali 3 stagioni, tutte queste caratteristiche; un uragano di satira senza compromessi che ha traghettato tanto della, e nella, cultura prettamente italiana di fare comicità e che è riuscita a imprimersi nell’immaginario comune come non mai. Vediamo di sviscerare la cosa.
Un’entrata in scena silenziosa
La prima messa in onda della avvenne nell’ormai lontano 2007, ma non su un’emittente pubblico, il quale poteva dare maggiore visibilità, ma su un canale satellitare, precisamente su Fox (Sky), ormai non più disponibile. Questo rese di fatto la serie un prodotto di nicchia, molto più di quanto la sua popolarità attuale lasci pensare. Aiutata dal crescente passaparola, Boris scivola dalla stretta mano della TV a pagamento verso quella più lasciva della pirateria, che diede alla serie l’impulso finale e maggiore di popolarità. Boris nella sua genialità era nel panorama seriale italiano dell’epoca, e probabilmente attuale, una singolarità.
Il successo inaspettato porta subito la produzione a rinnovare la serie per un’altra stagione. Seguito che arrivò alle vette di popolarità della prima parte e diede lo slancio per la terza e ultima stagione. Portando poi la produzione di un film Spin-off che, in un linguaggio e un racconto prettamente meta-cinematografico, tratta del salto dal piccolo al grande schermo della troupe che tanto amiamo. In modo da ricreare e riproporre sempre uguali ma diversi i temi della serie. A questo punto la domanda sorge spontanea: di cosa parla Boris?
Una produzione troppo… italiana
La serie tratta delle (dis)avventure di una troupe televisiva impegnata nelle riprese della scadente soap opera Gli Occhi del Cuore 2. Troupe che trova al comando il regista René Ferretti, interpretato da un Francesco Pannofino molto in parte; come d’altronde il resto del cast, formato da volti conosciuti e meno conosciuti del panorama attoriale italiano. Con questo canovaccio narrativo, che appare nell’intreccio e nelle intenzioni molto semplice, i tre sceneggiatori della serie: Giacomo Ciarrapico, Luca Vendruscolo e il compianto Mattia Torre riescono a mettere in piedi quelli che sono ormai pilastri della serialità italiana. Perché di questo parla, Boris, della serialità italiana e, facendo un passo indietro in modo da vedere il quadro generale, dell’Italia stessa e degli italiani.
Ogni personaggio è rappresentazione del peggio che il nostro Paese può offrire. Tuttavia, un “peggio” che adoriamo, che lo spettatore adora. Perché quel “peggio” è sì rappresentato in modo schietto e cinico, ma con una intrinseca tragicomicità che permette di esorcizzarlo ogni volta che ci viene proposto, come se esso non fosse parte della nostra identità. Ed è proprio nella parte peggiore di ogni personaggio, con ogni sua sfaccettatura che la (fuori)serie dà il meglio di sé, perché ci butta in faccia ogni lato marcio esagerandolo, ma ancorando quell’esagerazione al reale. Ogni battuta, ogni assegno firmato e non incassato, ogni incazzatura, ogni abuso è la vivida rappresentazione di un vizio proprio del popolo italico. La forza di Boris era ed è questo: il perfetto mix di comicità dissacrante e profonda critica sociale. Una continua considerazione di chi siamo e come viviamo. Perché a volte basta la passione e non i contratti. Alla fine Boris è questo, siamo noi. È il contratto sociale tra la serie ed il pubblico, il quale per la prima volta si rese conto che un’altra qualità produttiva era possibile. Un’altra TV era possibile e Boris ne era il vessillo che, attraverso una narrazione quasi Fantozziana, apriva i cuori degli spettatori per farvi dimora fino ad oggi. A volte obliata ma, grazie ai suoi personaggi e alle sue tematiche, indimenticabile.
Il ritorno di fiamma…
Come si è arrivati a questo punto? La risposta è più semplice di quanto si creda ed è la rivendibilità. Non della serie come prodotto audiovisivo, che in altre lingue perderebbe molto, ma delle sue battute che si prestano a un citazionismo irrefrenabile e senza pari. Con una velocità impressionante è entrato a far parte della quotidianità di tutti noi, “così de botto, senza senso”. Ogni frase, ogni risposta e ogni monologo sono emanazione diretta della serie che dall’etere è arrivata dritta nelle nostre vite, prendendo sempre più spazio nel cuore degli appassionati e non. Oramai è un prodotto così radicato nella cultura popolare che chiunque può riconoscerne una citazione, anche senza aver mai visto una singola puntata, anche a 10 anni dalla sua messa in onda.
All’ improvviso, un fulmine a ciel sereno pronto a interrompere il silenzio mediatico che ammantava la fuoriserie italiana. Un fulmine di proprietà di Netflix, perché con una mossa inattesa il colosso dello streaming inserisce tutt’e tre le stagioni (e successivamente il film) sulla sua piattaforma. Con grande sorpresa, e una buona campagna di marketing da parte della grande N, la serie riacquista popolarità e fa breccia, di nuovo, nel pubblico, ma questa volta c’è qualcosa di diverso. Il pubblico in cui fa breccia non è la vecchia guardia, ormai abituata a Boris, ma una nuova platea più dinamica, più interconnessa e, in parte, più abituata alla serialità televisiva. È proprio questa recente platea che dona nuova linfa vitale a Boris perché, anche se conclusa da 10 anni (nel momento dell’immissione nel catalogo Netflix), i suoi temi e la sua struttura rimangono incredibilmente attuali, rendendo il messaggio veicolato interpretabile anche al di fuori del periodo storico in cui la serie è stata pensata e creata.
… con un occhio al futuro
Con una nuova platea e con idee e battute attuali allora come adesso, il (ri)successo di Boris era inevitabile. Netflix ha di certo agevolato la fruizione per un nuovo pubblico dedito allo streaming, rendendo il tutto, ancora una volta, un fenomeno di costume e rivitalizzando quella che è una pietra miliare della serialità italiana. Tutto questo ha portato, ovviamente, alla richiesta del pubblico, vecchio e nuovo, di una nuova stagione, la quarta. Dalle mani di Netflix è passata in quelle di Disney+ (detentrice dei diritti Fox) per la produzione dell’attesissimo seguito, in uscita il 26 ottobre proprio sulla piattaforma disneyana. Uscita a cui presteremo molta attenzione. Per altri approfondimenti come questo, recensioni, notizie e tanto altro ancora vi invito a seguirci anche su Instagram, TikTok e sui nostri canali Telegram e Youtube e qui su Kaleidoverse.