È disponibile da poco su Netflix, Wendell & Wild. Il nuovo film di Henry Selick. Autore e regista di una certa caratura nel mondo dell’animazione in stop-motion che ha alle spalle la direzione di progetti come: Nightmare Before Christmas, James e la pesca gigante e Coraline e la porta magica. Con uno stacco di tredici anni dal suo, ottimo, ultimo progetto, Selick propone al pubblico questo Wendell & Wild con tutta l’esperienza maturata dai precedenti lavori. Sarà riuscito a ricreare la magia delle passate pellicole oppure ci si trova davanti ad una cocente delusione? Svisceriamo la cosa in questa recensione.
Plastilina diabolica
Come da consuetudine, nei prodotti di Selick le tematiche trattate nella pellicola sono di stampo maturo e Wendell & Wild non fa differenza. La protagonista della vicenda è Kat, giovane orfana che ha perso i genitori in uno sfortunato incidente d’auto. Dopo vario tempo passato tra case famiglia e riformatori, è costretta a tornare nella sua decadente e quasi abbandonata cittadina natale, Rust Bank. Qui frequenterà la scuola femminile RBC, diretta e gestita da preti e suore. In questo luogo la giovane Kat oltre a conoscere le altre, poche, studentesse scoprirà di essere una Fanciulla Infernale. Tale ruolo le permette di evocare dei demoni nel mondo dei mortali, ed è qui che fanno la loro apparizione Wendell & Wild i quali, dietro la promessa di far tornare in vita i genitori della ragazza, verranno evocati nel mondo dei mortali. I piani dei due demoni si amalgameranno a quelli della Klax Korp, società che vuole radere al suolo Rust Bank per costruire al suo posto una gigantesca prigione.
Anche se la pellicola ha una più che dignitosa durata di un’ora e quarantacinque minuti, la storia si svolge veramente di fretta. Ogni elemento di incipit viene buttato in faccia allo spettatore nei primi venti minuti. In modo così veloce da avere quasi l’impressione di aver perso qualche nozione durante la visione del primo quarto e che per il resto della durata della pellicola ci è stata preclusa qualche fondamentale informazione. Questa fretta nella narrazione non si dissipa neanche nella restante porzione di pellicola, di modo che si arrivi al finale con una velocità disarmante, rendendolo frettoloso e raffazzonato, lasciando la sensazione di trovarsi davanti un finale monco.
Animazione artigianale
Per quanto il film sia manchevole nel suo aspetto narrativo, ma non simbolico, l’animazione è di prim’ordine con una anima artistica che può apparire posticcia in alcuni momenti ma, se analizzata più nel dettaglio, restituisce delle vere e proprie gioie agli occhi dello spettatore. Con un animazione a passo uno, che purtroppo è sempre più assente nel panorama cinematografico odierno, Selick mette in mostra tutta la sua esperienza maturata nei precedenti lavori, soprattutto quella sviluppata con Coraline e la Porta Magica.
La pellicola è pervasa dall’estetica grottesca e “malata” che contraddistingue ogni lavoro di Selick. In questa pellicola si spinge ancora più in là, sia nell’atmosfera macabra, sia nei guizzi qualitativi e d’inventiva per dare vita ad animazioni, ambientazioni e situazioni estremamente complesse. Abbastanza complesse da far dubitare più di una volta, durante tutta la durata della pellicola che quanto si vede a schermo sia interamente creato attraverso un’animazione pratica e non tramite CGI. Messa in scena aiutata molto dalla fotografia estremamente acida e psichedelica e dalla sempre ottima regia di Selick. Questa messa in scena così particolare e fluida fa assumere alla pellicola uno spessore artistico estremamente alto, rendendolo de facto uno dei migliori prodotti di animazione usciti negli ultimi anni, capace di rivaleggiare a livello qualitativo con produzioni più ad alto budget come Spider-Man: Un Nuovo Universo. Rendendo la pellicola degna di visione, anche esclusivamente per il suo tenebrosamente splendido comparto tecnico.
Demoni della società
Anche se la pellicola si appoggia a uno svolgimento frettoloso dell’impianto narrativo, che per forza di cose permea l’intero prodotto, due elementi di certo non sono frettolosi né manchevoli: la critica sociale, che non risparmia nessuno, e il sentimento della perdita. La seconda è la più importante e presente tematica che l’opera cerca di trasmettere. Il peso della perdita pervade sia la protagonista Kat, la quale fa della perdita, ammantata dal senso di colpa, il suo carburante di vita e le motivazioni che mandano avanti la sua combutta con Wendell e Wild, sia i luoghi in cui si muove, pregni allo stesso modo di perdita. Rust Bank diventa subito specchio della condizione della giovane protagonista. Solo comprendendo i suoi demoni interiori (non troppo ben mascherati nelle vesti di Wendell e Wild) e battendoli, può liberare se stessa e Rust Bank dal gravoso peso della perdita mai elaborata.
La quasi totalità del caleidoscopio di personaggi che gravitano attorno a Kat sono rappresentazione di una critica sociale. Esempio lampante di tale critica sono i coniugi Klaxon e per estensione la loro azienda, Klax Korp. Rappresentanti di un capitalismo sfrenato dedito al continuo inseguimento del guadagno e del potere, a discapito di chiunque sia loro attorno, vivo o morto che sia, trovandosi disponibili a qualsiasi metodo per raggiungere il loro scopo. Facendosi vessilli anche dell’orribile politica della gestione privata delle prigioni. Si passa poi al “povero” prete Bests che in nome di un facile guadagno svende la sua morale e le sue buone intenzioni; incarnando quanto di sbagliato ci può essere in un’apologia estrema del buonismo religioso.
Le nostre conclusioni su Wendell & Wild
L’opera che ha fatto tornare sui nostri schermi Henry Selick ha un’anima estremamente ambivalente. Da una parte rappresenta il meglio che il medium cinematografico può offrire, con un’animazione incredibilmente riuscita: piacevole, fluida, senza sbavature, che fa strabuzzare gli occhi e chiedersi spesso come sia possibile dar vita a certe scene. Scene e animazione che trasmette tutto l’amore che gli addetti ai lavori e Selick hanno investito in quest’opera. Dall’altra parte ci si trova davanti a un prodotto con uno svolgimento troppo frettoloso, dove a soffrirne è soprattutto l’intreccio narrativo e tutti i substrati metanarrativi che gli autori hanno voluto far passare con le vicende trattate, le quali spesso non trovano il giusto spazio di manovra per imprimersi nello spettatore. Di conseguenza cadono nel vuoto, perduti nell’enorme groviglio narrativo di critica e satira, creando un enorme matassa di cui è difficile trovare il bandolo. In definitiva ci si ritrova davanti un prodotto che ha sì molte chiavi di lettura, ma risulta non riuscito e sa tanto di occasione mancata, non fosse per la sua incredibile tecnica di animazione che è in definitiva l’unico motivo per visionare il lungometraggio. Per altre recensioni, notizie e tanto altro ancora vi invito a seguirci anche su Instagram, TikTok e sui nostri canali Telegram e Youtube e qui su Kaleidoverse.
Estremamente curato dal lato tecnico e registico come non si vedeva da tempo nel mondo dell'animazione, quanto deludente dal lato narrativo. Mostra il fianco a una fretta che non si addice a un prodotto del genere, affiancato alle tante tematiche importanti ma non ben implementate nell'opera. In definitiva Wendell & Wild risulta essere una delusione, quasi doppia se si pensa che quest'opera segna il ritorno di un artista dello stop-motion come Henry Selick.