Da animatore per la Walt Disney a regista, sceneggiatore e produttore cinematografico riconosciuto internazionalmente. Nei suoi 35, e oltre, anni di carriera Tim Burton, ha creato una propria nicchia grazie ai suoi film peculiari ed eccentrici. Sin dall’inizio il regista ha costruito un’estetica unica e iconica. Ci ha dato la chiave d’accesso per mondi mozzafiato che non si erano mai visti prima. Ogni sua opera si incanala in specifiche influenze visive con dei riferimenti anche alla sua infanzia. Tim Burton è uno dei registi più noti del cinema moderno soprattutto perché i suoi film sembrano tutti film di Tim Burton. È difficile trovare un regista recente la cui distinta estetica visiva è diventata così universalmente e immediatamente riconoscibile. Anche in film come Big Eyes o il live-action Dumbo, che si distaccano dagli altri, si possono facilmente definire ‘Burtoneschi‘.
All’inizio della sua carriera ai Walt Disney Studios, il suo stile stravagante e iconoclastico lo differenziava e per questo fu incaricato a produrre bozzetti per film come Red e Toby nemiciamici. E non ci siamo stupiti quando lo stesso Tim Burton, nel suo libro Burton racconta Burton, ha affermato che non riusciva nemmeno a fingere lo stile Disney. Durante questi anni, è riuscito a solidificare il suo stile artistico. Forme e persone stranamente allungate, quel tocco emotivo, il gotico e quella lieve imprevedibilità. Mettendo le basi che caratterizzeranno le sue opere più famose e non. In occasione dell’uscita di quella più recente, Mercoledì, abbiamo deciso di approfondire quelle che riteniamo essere le migliori opere di Tim Burton. Difficile? Assolutamente. Scontato? Per niente. Interessante? Leggete e fateci sapere.
Big Eyes (2014)
Come avevamo già accennato, probabilmente Big Eyes è l’opera più lontana dallo stile Burton, eppure, il regista è riuscito ad ammaliarci anche in questo caso. Da un’avversione verso gli occhi grandi da cerbiatto dovuto ai continui disegni per la Disney, ecco che gli occhioni fanno il loro ritorno. Questa volta con la rivisitazione della storia dell’artista Margaret Keane. Di solito un film di Tim Burton si riconosce a colpo d’occhio, in quanto il suo stile arriva con un pacchetto di impronte digitali che ne denotano l’autenticità. Big Eyes è un interessante cambiamento per Burton, più semplice che eccentrico, con la maggior parte del focus sugli attori invece che sulla direzione artistica. Il risultato è un coinvolgente grido di protesta femminista.
A differenza dell’altro suo lavoro biografico, Ed Wood, questo film non gode totalmente dalle solite tecniche di Burton. Il lungometraggio utilizza tecniche narrative tradizionali, una tavolozza di colori più brillanti e coerenti, attori con cui non ha mai lavorato prima, e con quasi nessun elemento di fantasia. La pellicola si concentra su temi importanti come l’autorialità delle opere, il concetto di arte “bella” o “brutta” e del ruolo del critico. L’attrazione malinconica verso l’outsider ritorna ancora una volta, ma Big Eyes trova un regista nel suo stato d’animo più maturo dal trascurato Big Fish (2003).
La Sposa Cadavere (2005)
Di sicuro una delle opere più conosciute e apprezzate del regist, che sottolinea la volontà di Burton di dichiarare a gran voce quale visione è stata messa nel film, nonostante i crediti siano stati equamente divisi con il co-regista e disegnatore, Mike Johnson. Da Beetlejuice (1988), Tim Burton ha abilmente sfruttato una certa immaginazione che gli permette di immergersi delicatamente nel lato oscuro ma allo stesso tempo di rimanere saldo sul lato soleggiato della strada. Non esiste la morale del bene o del male, né Paradiso o Inferno, nel suo lavoro ci sono solo i vivi e i morti, che occupano regni separati. La terra dei morti è un luogo spettrale ma fondamentalmente stravagante per Burton, e più che mai in questa pellicola.
Nei lavori di Tim Burton ci sono diversi riferimenti al Dios de Los Muertos (il giorno dei morti). Sporattutto ne La Sposa Cadavere ci sono diversi riferimenti a calacas (teschi e maschere a forma di teschio indossati durante i festeggiamenti) e calaveras (scheletri e teschi rianimati). Emily, la sposa cadavere, è una vera e propria calavera. Non solo lei, ma anche gli altri personaggi “dell’aldilà” sono un chiaro riferimento a questa festività. Come lavoro di animazione, questo è inventivo e geniale e ha scommesso sul fascino ormai, già nel 2005, vecchio stile dello stop motion con modelli, poi leggermente migliorato digitalmente.
Sweeney Todd: Il diabolico barbiere di Fleet Street (2007)
Il musical più sanguinoso della storia teatrale, con Tim Burton è diventato il più sanguinoso della storia del cinema, e non si tratta di un’allegra scorribanda, ma di una tragedia, di vendetta oscura con crepacuore, caos e torte di carne. Eppure questo film è entusiasmante in ogni suo punto, grazie anche alla sua grande forza vitale. I suoi eroi, o meglio anti-eroi, sono stati feriti profondamente e i cattivi sono totalmente vili e senza cuore intrecciandosi e interagendo su un palco che esclude misericordia e moralità. La recitazione è così buona che ci coinvolge completamente in questa sordida storia. Sweeney Todd ci offre anche una grande quantità di umorismo (macabro, giusto per precisare.)
Burton modella il suo musical in quello che può quasi essere descritto come uno stile intimo. Nessun plotone di ballerini nelle piazze di Londra. Questa è una Londra di vicoli stretti, strade ombreggiate, segreti reconditi. In modo insolito, Sweeney Todd lavora su un livello quasi realistico e non come una fantasia musicale. Questo non vuol dire che dobbiamo prenderlo come un dato di fatto, ma che possiamo accettarlo alle sue condizioni senza che il film ci faccia l’occhiolino. La pellicola è una combinazione di alcuni degli elementi preferiti di Tim Burton: il fantastico, il macabro, il bizzarro, l’indicibile, il romantico e Johnny Depp. In un’altra collaborazione con l’attore ha trovato uno strumento perfetto per comunicare la sua visione.
The Nightmare Before Christmas (1993)
Come ogni inizio del periodo natalizio, iniziamo a venire bombardati da film natalizi da ogni parte. Probabilmente anche Tim Burton a sua volta è stato influenzato da essi. Infatti, con Nitghtmare Before Christmas rende, a modo suo, omaggio a questa ormai tradizione. Questa storia di Burton, diretta da Henry Selick, è uno splendore visivo. Prodotto a buon mercato, questo fattore avrebbe potuto essere un espediente per un’ esperienza insoddisfacente. Eppure il risultato di un notevole tempo e sforzo, è un successo senza riserve. Tutte le figure si muovono senza intoppi e naturalmente, e l’attenzione ai dettagli è squisita.
Il film è pensato per tutti tranne che per i bambini più piccoli, alcuni dei quali potrebbero essere spaventati dai bizzarri abitanti di Halloween Town. In superficie la storia è relativamente semplice, consentendo agli spettatori più giovani di godersi il film senza perdersi o annoiarsi. Tuttavia, il film funziona anche su un secondo livello con un raffinato umorismo rivolto principalmente agli adulti. Anche coloro che non sono presi dal racconto o dai personaggi rimangono affascinati dal mondo che Tim Burton e il regista Henry Selick hanno creato. The Nightmare Before Christams è come il Grinch, ma al contrario (anche se chiaramente il racconto Dr. Seuss ha avuto una parte nel formulare alcune delle immagini di Christmas Town). Mentre il Grinch ha migliorato il Natale cercando di distruggerlo, Jack Skellington rovina la festività cercando di migliorarla.
Ed Wood (1994)
La dedizione di Tim Burton nel rappresentare gli emarginati trova sfogo anche in questa sua opera. In Ed Wood, il protagonista, che al suo tempo è stato nominato come “il peggior regista di tutti i tempi”, non solo è un escluso, ma ha anche un modo tutto suo di attirare ancora più casi disperati. Nella versione di Burton, Wood è un uomo che non solo accetta la realtà, ma la celebra. Lungi dall’essere riservato circa la sua passione per indossare vestiti da donne, la considera come la cosa più naturale nel mondo, mettendo su un maglione d’angora, una gonna ed i tacchi alti per aiutarsi a rilassarsi mentre dirige una scena.
La fotografia in bianco e nero del film riprende in modo convincente l’aspetto e la sensazione degli anni ’50, inclusi alcuni degli effetti speciali meno convincenti nella storia del cinema. Ci sono anche scene che coinvolgono la capacità di Wood di scrivere quasi qualsiasi pezzo di filmato in quasi ogni sceneggiatura. Burton crea un amorevole omaggio alla passione e all’entusiasmo di Wood, e al gruppo di disadattati che popolavano i suoi prodotti. Wood sarà stato anche un dilettante, ma almeno era un dilettante allegro. Oltre alla vittoria di Landau come miglior attore non protagonista, l’opera ha anche vinto un premio per il trucco.
Beetlejuice (1998)
Tra il suo amore per Vincent Price, Edgar Allan Poe, scheletri e cimiteri, Burton ha assorbito un sacco di ispirazione gotica da bambino. Ma è meglio ricordare che è anche cresciuto in una Burbank tranquilla. Come artista maturo, il lavoro di Tim Burton ha sposato il suo amore per il surreale con storie che volgono a togliere la banalità della vita quotidiana, educatamente civilizzata. Questa giustapposizione è probabilmente esemplificata al meglio in Beetlejuice, che è un intero film che ci mostra come un’inquietante sorpresa potrebbe essere in agguato nel tuo idilliaco quartiere suburbano. La distorsione quasi distopica della periferia di Burton assume una forma allegramente maniacale, quasi da circo, che discende dal cugino più sanguinario del gotico Grand Guignol.
Beetlejuice è una pellicola assolutamente stravagante che non si preclude nulla. Ogni scena diventa essenzialmente più estrosa della precedente, con molte scene che causano sgomento, ma in modo positivo. Ci sono un sacco di demoni strani e altri vari personaggi sparsi in tutto questo film che valorizzano questo mondo raccapricciante. Nel suo secondo lungometraggio, Burton stabilisce l’estetica bizzarra e goth-fantasy che poi definisce il suo lavoro. Ciò che rende questo lungometraggio così apprezzabile è il suo senso dell’umorismo, l’atmosfera, e, naturalmente, le prestazioni. In particolare quella di Michael Keaton che ritrae il protagonista. Assolutamente non si trattiene per questo ruolo. Il copione lo chiama ad essere assolutamente pazzo, stravagante, sciocco, divertente e un po’ inquietante, e Keaton ci da proprio questo.
Edward mani di forbice (1990)
Solo nel mondo di Tim Burton un tale scenario potrebbe iniziare un film: abbiamo un buio, castello dall’aspetto gotico nel bel mezzo della piccola città America. È diverso da qualsiasi altra casa in città, ed è chiaramente un luogo da evitare. Emana oscurità e isolamento. Eppure, nella visione di Tim Burton nulla è intoccabile e nessun posto è irraggiungibile. Come per quasi tutti i capolavori di Burton, Edward mani di forbice è bello da vedere con una splendida cinematografia, design artistico, costumi e valori di produzione. Burton ha sempre una visione sorprendente e ha la capacità di ricrearla nel contesto del film.
Edward mani di forbice è una delle opere più creative e sorprendentemente commuoventi di Tim Burton. L’estetica di Burton riflette l’espressionismo tedesco più di qualsiasi altro stile. Tra le caratteristiche più distintive ci sono paesaggi e sfondi fortemente esagerati con contrasti di colore elevati, in genere basandosi sull’uso di ombre e sagome per aumentare una sensazione di tensione o terrore. Questi sono tutti elementi chiave dell’estetica di base di un look “burtonesco” che si rispecchia più che mai in questo film. Qual è l’opera di Tim Burton che preferite? Ci sono delle opere che avreste aggiunto o tolto dalla lista? Per altri approfondimenti simili, recensioni, notizie e tanto altro ancora vi invito a seguirci anche su Instagram, TikTok e sui nostri canali Telegram e Youtube e qui su Kaleidoverse.