Spesso esistono film che celano quel qualcosa che li rendono importanti. Anche riguardando più volte la pellicola, difficilmente riusciamo a trovare quei valori, rimanendo piuttosto ammaliati dalla bellezza tecnica delle immagini, dalla regia dinamica o dalla difficile comprensione degli intrecci narrativi. Oppure, più legati da un nostro istinto primordiale, sa che qualcosa non va in quella pellicola, sa che c’è un anello mancante che morbosamente non riusciamo a trovare, quasi come un logorante fastidio sottopelle. Questo perché non riusciamo a cogliere quell’importante particolare di quel film che abbiamo visto così tante volte. Paradossalmente, poi, nel caso volessimo addentrarci troppo in quel mistero, rischieremmo di andare alla deriva solo per lo scopo di dargli un senso. RE-Watch è anche questo: un modo per trovare una risposta a un enorme punto di domanda come quello presente in Akira.
Oltre a rivoluzionare l’animazione giapponese, permettendo anche a quest’ultima di affacciarsi verso l’Occidente, Akira riesce a portare temi che sono difficilmente compresi al di fuori dell’Oriente dove, giustamente, ci si aggrappa a una realtà e a un contesto culturale opposti a quelli del Paese del Sol Levante. Quindi, in occasione dei 35 anni dal suo primo rilascio nelle sale, in questo articolo cercheremo di esplorarne i temi (provando a non cadere nell’analisi prolissa), per capire perché sia diventato il simbolo della cultura underground, del cyberpunk e quanto sia tremendamente attuale.
Tokyo: caduta e prosperità
Prima di procedere nell’approfondimento, ci vuole un po’ di contesto. La società nipponica intorno agli anni ’80 vive di un’economia fiorente toccando il suo massimo storico, al punto da riuscire a superare persino i colossi internazionali del periodo. Politicamente è relativamente stabile: certo, continuano a risaltare all’occhio le sommosse e i movimenti studenteschi (come i Bosozoku, presenti anche nell’opera in questione), ma in questo periodo hanno abbandonato la violenza per via dell’assuefazione provocata dalla crescita socioeconomica del Paese, compreso anche l’arricchimento gargantuesco del settore dell’animazione. Come è già ben noto, l’animazione in una nazione come il Giappone presenta una filosofia completamente opposta a quella dell’Occidente. Seppur non mancando di temi spinosi, quest’ultimo punta sostanzialmente a vendere un prodotto per famiglie (o al massimo per bambini/ragazzi).
Il Giappone struttura l’animazione (e di conseguenza molto spesso il manga) verso ogni tipo di età, proprio perché ogni cosa è possibile grazie all’animazione. Qui i giapponesi molto spesso hanno rivolto le loro riflessioni sull’identità, i valori e le loro paure verso un pubblico adulto. La paura più nota in questo Paese è caratterizzata da un certo “uomo grasso” e un “ragazzino” piombati all’improvviso sul Giappone rispettivamente a Nagasaki e a Hiroshima: questo evento cambierà drasticamente la società Giapponese anche nel loro lato umano, e riverserà gli orrori dell’atomo, così come la morte in pochi attimi provocati da quest’ultimo, nelle loro opere più importanti. Anche Akira tratta l’argomento in maniera profonda, facendo cominciare le vicende della pellicola proprio da un evento scatenante molto simile.
Neo-Tokyo
1988: il Giappone si è affacciato alla terza guerra mondiale e Tokyo, così come le altre nazioni coinvolte, rimane devastata dagli effetti delle bombe. Dopo il cataclisma, il Giappone risorge in una nuova veste, e in trent’anni è riuscita nuovamente a diventare una potenza mondiale. Da qui partono le vicende di Kaneda, una sorta di “capofamiglia” di una famiglia di motociclisti orfani, intenti a lottare contro altre bande gareggiando tra le strade della capitale. Tra questi, spicca la personalità di Tetsuo, il più giovane (nonché ingenuo) membro del clan, che vede in Kaneda un frattello maggiore, oltre che fonte di ispirazione nel migliorarsi. Dopodiché, durante un inseguimento con una banda rivale, Tetsuo rimane coinvolto in un incidente che lo porta a scoprirsi in possesso di inspiegabili poteri psichici molto simili al suo predecessore, Akira.
Senza addentrarci troppo nella trama di Akira, già dalle prime scene si intravedono le principali caratteristiche di ciò che rappresenta il trionfo del capitalismo cyberpunk (come già analizzato nell’approfondimento di qualche mese fa): la Tokyo postbellica del 2019 è un’avanguardia tecnologica e di design, con palazzi che toccano le nuvole, luci al neon che inondano la capitale e ologrammi di pubblicità in ogni dove. Fedeli ai canoni del cyberpunk sono anche i bassifondi della stessa capitale, luogo malfamato pullulante di “scarti” della società, un posto che sente ancora gli effetti della guerra appena conclusasi e che non ha subìto una reale evoluzione. Questo perché Katsuhiro Ōtomo, autore del manga (nonché regista del film in questione su RE-Watch) è conscio degli effetti, e di conseguenza dei rischi, che il capitalismo riesce a portare con sé.La società della Neo-Tokyo di Akira soffre di uno squilibrio che arriva al suo punto cruciale: riguardo le istituzioni pubbliche, per esempio, si osserva un sistema scolastico allo sbando, rispetto a un sistema militare rivoluzionato e con i migliori equipaggiamenti. Ōtomo così lancia una critica feroce al sistema organizzativo nazionale che, nonostante la florida crescita economica, investe nel riarmo delle forze militari giapponesi (anche se ancora “proibita” grazie all’articolo 9), ignorando un rigido sistema scolastico ancora fatiscente al giorno d’oggi. Non a caso, infatti, il manga viene rilasciato proprio durante il momento di massimo splendore della nazione.
A proposito di governo, anche quello presente in Neo-Tokyo rispetta i canoni del cyberpunk, con uomini al potere che, per mantenere “l’ordine” costituito, son pronti a macchiarsi le mani grazie a relazioni con enti criminali (tema che in Giappone sarà poi centrale in altre opere come Sanctuary, manga scritto da Buronson, autore di Ken il Guerriero). Potere che infatti viene condiviso tra Ryu, un membro della Resistenza, e Nezu, uomo disegnato con vaghe fattezze di un ratto (il suo nome deriva da “nezumi”, ossia “topo”) parlamentare e leader della Resistenza. Perché Akira parla di potere, di come ottenerlo e cosa l’uomo può fare con esso.
Giochi di potere
Il potere è il fulcro centrale dell’opera. Nezu è alla ricerca di più potere possibile per i propri scopi; il colonnello Shikishima prova a usare il suo potere militare per (a sua veduta) il bene del Paese; un ragazzino spaventato e con complessi di inferiorità come Tetsuo, al contrario, si ritrova improvvisamente i poteri di una divinità che non sa come gestire, proprio come il Giappone. In breve, Tetsuo rappresenta il Giappone durante la sua improvvisa crescita economica: improvvisi poteri illimitati donati a un ragazzino rabbioso e infantile. Neo-Tokyo è ben conscia del potere distruttivo di Tetsuo e, a sua volta, il popolo nipponico è ben conscio ancora oggi dei rischi che portano superbia, immaturità e potere immensurabile.
L’unico a cui non importa nulla del potere è Kaneda: quest’ultimo si contraddistingue come un cretino catapultato in una realtà più grande di lui. Egli ignora completamente le questioni come la Resistenza, il potere o di Akira stesso, per focalizzarsi esclusivamente sul salvataggio di Tetsuo, fungendo così da corto circuito in tutto l’equilibrio che vige a Neo-Tokyo. Nonostante sia un teppista, Kaneda è pur sempre il “capofamiglia” della banda dei giovani motociclisti, e farebbe di tutto per il bene dei suoi cari. L’autore, grazie al protagonista, riesce nell’intento di mostrare gli aspetti più maturi dell’opera attraverso un occhio meno attento, così da non lasciare lo spettatore alienato dalla moltitudine di temi che affliggono la distopica capitale.
Tetsuo
L’uomo è di fatto costantemente accecato dal potere: Akira narra l’inevitabilità della distruzione e ricostruzione nel ciclo di vita dell’uomo. In passato le bombe hanno distrutto la nazione per farla risorgere dalle proprie ceneri con una veste migliore, così come le bombe nella distopica Neo-Tokyo a inizio film hanno distrutto la capitale per farla rinascere come una delle potenze mondiali. Il ciclo di distruzione continuerà poi con un Tetsuo ormai accecato dal potere, dando però vita a un nuovo periodo di ricostruzione. Da lì il ciclo continuerà all’infinito.
In tutto questo, però, l’unica cosa che l’uomo può fare, nonostante le perdite, i sacrifici e la desolazione, è usare il proprio “potere” per andare avanti. A prescindere dal sacrificio, o dal nostro dolore, tutti noi dobbiamo essere consapevoli di essere più potenti di quanto crediamo. Dopo la tempesta, dopo le piogge intense, il sole continuerà a splendere. Certo, la tempesta prima o poi incomberà nuovamente, ma è soddisfacente dimostrare che alla fine, ancora una volta, ce l’abbiamo fatta.Vi ringrazio per aver letto questo primo episodio di RE-Watch, rubrica in concomitanza con RE-Play (che ha visto come primo episodio King’s Field). Se volete leggere altri approfondimenti deep dive di film e serie tv, vi invitiamo caldamente a seguirci sui nostri vari canali e su Kaleidoverse.it.