Il mondo sportivo si appoggia maggiormente su due tipologie di atleti: i campioni di punta che vediamo comparire di tanto in tanto sulle copertine delle riviste e le grandi stelle del passato, che permangono nei ricordi e nella memoria collettiva degli appassionati come leggende sgranate dai vecchi schermi. A volte, però, anche le stelle scendono dal firmamento per ricamminare sulla Terra accanto ai tifosi, mostrando la loro semplice natura da esseri umani.
È questo quello che accade in Reggie, il nuovo docufilm di Prime Video disponibile dal 24 marzo sulla piattaforma di streaming. Come vedremo tra poco, la storia di Reggie – Reginald Jackson, battitore degli Yankees – è molto più di un racconto motivazionale per aspiranti sportivi. La storia che quest’uomo ha pronta per gli spettatori, mette in gioco – letteralmente e metaforicamente – questioni ancora oggi scottanti sia negli ambienti del baseball che in quelli di altri sport, e che è sempre bene riproporre per tenere fresca la memoria delle persone.
Di cosa tratta Reggie
Reggie è un documentario che vuole essere anche testamento e megafono, e ruota intorno alla figura del famoso battitore di colore Reginald Jackson, che ripercorre i momenti salienti della sua carriera e della sua vita accompagnato soprattutto da ex-compagni di squadra, conoscenti e nuove leve del campo a forma di diamante. Nel corso del documentario emerge non solo la verve pungente e fortemente decisa del suo protagonista, ma anche un importante problema, che riceve un risalto mediatico doveroso e nuovo per sfumature e punto di vista.
Vediamo quindi la lunga carriera di Mister Ottobre, dagli inizi con gli Athletics fino all’approdo presso i famosissimi Yankees, che lo hanno definitivamente consacrato agli occhi del pubblico (newyorkese e non) nonostante il suo carattere focoso. Ma la sua storia non finisce qui: al tramonto della sua carriera da giocatore ne inizia un’altra – paradossalmente molto più faticosa – che lo porterà alla scalata verso i piani alti della dirigenza sportiva americana e alla creazione di nuove possibilità per i giocatori che sono arrivati (e arriveranno) dopo di lui.
Un diario-testamento pieno di emozioni
Diretto da Alex Stapleton (The Assassination) Reggie gode di un montaggio chiaro e ben cadenzato. Il documentario si compone di riprese effettuate ai giorni nostri e di vecchie fonti video che si amalgamano benissimo insieme, restituendo l’impressione di sfogliare un massiccio diario dell’uomo al centro di tutto, nel quale vediamo i suoi pensieri, il suo mondo e le sue imprese sportive. Per quanto riguarda il materiale ripreso ai giorni nostri, anche questo mette in evidenza il tema centrale del prodotto.
Il film si apre infatti con Reggie che si accomoda sulla sedia, pronto per iniziare la lunga intervista che fa da voce narrante all’intera pellicola. Più volte torniamo in quella sala e di fronte a Jackson, che racconta con fermezza e decisione tutto quello che gli è capitato. Dall’altra parte, invece, abbiamo modo di vederlo insieme agli altri in interviste collettive realizzate ai suoi ex-compagni di squadra o a ex-giocatori che lo hanno seguito come esempio. Ciò che emerge da questa scelta stilistica è l’emotività profonda incarnata sia dall’uomo che dai suoi sostenitori, rinforzata dalle testimonianze del passato e dalle voci di altri atleti di colore.
Il battitore e il fuoricampo
Un fuoriclasse del baseball, Reggie Jackson si fa strada nell’ambiente sportivo a colpi di mazzate, applausi e ovazioni da parte del suo pubblico, ché pure non gli risparmia qualche critica di tanto in tanto. Questo perché il nostro giocatore ha un carattere deciso, determinato e profondamente indipendente. Mal si piega di fronte ai desideri degli altri, così come pure di fronte ai rifiuti. No, Reggie Jackson ha sempre affrontato a testa alta le sfide, anche quando era palese che tutti i pronostici fossero contro di lui.
Il suo carattere forte emerge prepotentemente nel corso del documentario, quando è lui stesso a dire: “Io sono la verità. E la verità fa male”. La sua caparbietà gli serve anche per scomodare le poltrone delle dirigenze e le menti delle persone, quando si ritrova ad affrontare discriminazioni. È per questo motivo che nel film sono presenti anche atleti lontani persino da lui, di colore, che hanno dovuto affrontare nel corso della loro carriera paragoni impropri con atleti bianchi e accuse molto velate di emulazione. Una situazione, questa, che Jackson non ha mai accettato, anche a costo di non farsi sopportare.
Una partita lunga decenni
Il razzismo non è cosa nuova, ma, per quanto il problema sia ormai riconosciuto a livello globale, le vecchie concezioni sono dure a morire. Reggie, da questo punto di vista, pone il riflettore della denuncia sull’ambiente sportivo, andando molto nello specifico. Attraverso gli occhi di Mister Ottobre vediamo sì come le cose sono cambiate in meglio per gli atleti di colore, ma anche quanto ci sia ancora da fare per assicurare la più completa parità e per demolire le discriminazioni (anche quelle subdole e intrinseche nei bias cognitivi).
Reginald Jackson ha messo corpo, anima e faccia in questa partita silenziosa, sfidando apertamente il sistema a più riprese, sia in campo che dopo, esponendo la lacunare presenza delle persone di colore negli apparati dirigenziali sportivi. Un’assenza piuttosto rumorosa, testimoniata da importanti aneddoti e sulla via del cambiamento. Osservare Reggie dare importanti lezioni sul campo agli atleti di oggi (in cui le persone di colore non sono più mosche bianche) è un segnale positivo che dà una spinta ottimistica verso l’avvenire.
Le nostre conclusioni su Reggie
Reggie non è un semplice documentario: è un lascito e un invito a continuare, a perseverare nel rendere ogni singolo aspetto della società accessibile a tutti. È, inoltre, un prodotto autocelebrativo (ma senza essere pacchiano o trash) del suo protagonista, che si guarda indietro e tira le somme sul proprio operato, ponendosi molte domande e sollevando molti dubbi sulle sue scelte di vita. Infine, Reggie mostra agli spettatori la coesione profonda che dovrebbe essere presente in ogni ambiente sportivo e funge quindi da esempio su molteplici fronti.
Noi speriamo che questa recensione vi spinga a dare un’occhiata al documentario, perché il carisma magnetico di Reginald Jackson ben si accosta ai temi che gli stanno a cuore, dunque è probabile che la sua lotta diventi anche la vostra. Noi di Kaleidoverse vi aspettiamo, in ogni caso, sul nostro sito, sulle nostre pagine social e sui nostri gruppi community (Facebook e Telegram) per parlare di questo e di tanti altri prodotti cinematografici, seriali, videoludici e animati.
Reggie è un documentario sportivo che ripercorre la vita e le imprese sul diamante di Reginald Jackson, stella del baseball e leggenda degli Yankees. Il film - montato magistralmente - ci racconta molto più che qualche impresa sportiva. Usando Jackson stesso come narratore, Reggie ci porta indietro nel tempo e ci presenta un uomo con un sogno che ha infuso tutto il proprio impegno per coronarlo. Arrivato fino a qui, Reggie ci mostra sia quanto sia importante continuare a lottare per un equo trattamento, in tutti i campi della vita.