Globalizzazione, ultima frontiera (o forse no, non proprio). Lo scambio e le influenze tra culture e società diverse hanno infatti radici molto più antiche di quel che si è disposti ad ammettere. Storicamente solo una nazione ha tardato rispetto alle altre nell’aprirsi all’altro: il Giappone. Così lontano e misterioso, nel corso degli anni ha scatenato la fantasia degli occidentali sia per i costumi così diversi dai nostri che per le sue bellezze incontaminate e dall’aura magica. D’altro canto, il Sol Levante non si è risparmiato, assimilando prontamente le innovazioni tecnologiche di cui era privo.
Questa premessa – singolare in questa sede, che non è una rivista scientifica, né storica, né antropologica – è un po’ necessaria, perché il tema di questo articolo riguarda lo sguardo dell’altro, le assimilazioni di culture lontanissime tra loro, quasi agli antipodi del globo: quella italiana e quella giapponese. L’Oriente porta con sé infatti non solo magia e mistero ma anche una profonda spiritualità e uno spiccato ingegno, che trova sbocco sia in artefatti futuristici che impensabili. Ma cosa accade quando il punto di vista si capovolge? Detto meglio: cosa accade quando a essere osservato non è il Giappone, ma l’Italia?
Gli anime: il punto di vista privilegiato
Le “interfacce” principali con le quali oggi gli occidentali entrano in contatto con la cultura e la società giapponese sono principalmente due: gli anime e i videogiochi (si stanno diffondendo anche i romanzi di autori nipponici come Haruki Murakami e Banana Yoshimoto, ma l’impennata della loro popolarità è più recente). Come se non bastasse, molto spesso l’animazione e il mondo videoludico entrano in contatto, collaborando attivamente alla prosperità reciproca (un esempio: i videogiochi di Devil May Cry e l’omonimo anime).
Saranno però prettamente gli anime (e i manga, naturalmente) a dare la risposta alla domanda scritta sopra: se per giocare ai videogiochi è necessaria molto spesso una console, gli anime e i manga possono essere recuperati molto più facilmente, sia in rete che ai mercatini dell’usato. Inoltre, soprattutto negli ultimi 30-40 anni l’Italia ha assorbito come una grandissima spugna vagonate di anime e questa tendenza non è passata inosservata in Giappone: fumettisti e animatori di entrambi i Paesi hanno stretto amicizia e dato il via a sodalizi artistici notevoli (il più famoso di questi è Hayao Miyazaki, che ritornerà in fondo a questa pagina).
Un’eccellenza riconosciuta e amata
Dando un’occhiata ai titoli che sono stati ambientati in Italia, che comprendono almeno un personaggio di ispirazione italiana o adattano storie che in qualche modo coinvolgono l’Italia emergono due archetipi narrativi: quello del cuoco e quello del mafioso (o gangster). Il primo archetipo esprime contemporaneamente l’amore incondizionato per la cucina e il cibo italiano e l’ossessività degli italiani stessi per i propri prodotti culinari: Takumi Aldini in Food Wars!! non perde occasione per sottolineare le proprie origini e la sua bravura (stendardo – secondo lui – proprio di quell’eredità), mentre Tonio Trasaldi in Le Bizzarre Avventure di JoJo spiega ai protagonisti la centralità della cucina italiana nel mondo.
Per quanto riguarda il primo punto è innegabile quanto i giapponesi amino la cucina italiana: per le strade delle loro città sono infatti sempre più presenti pasticcerie e gelaterie italiane (qualche tempo fa ha fatto scalpore la produzione di maritozzi). Ma quali sono le pietanze più evocative della cucina italiana per i giapponesi? In primis la pasta, declinata in tutte le sue versioni (in La Storia dell’Arcana Famiglia il piatto preferito di Pace sono le lasagne), e poi pane, carne, vino (come accade in Ristorante Paradiso, dove fanno la loro figura anche gli spaghetti alle vongole) e la bellissima insalata caprese (di chef Tonio, sempre in JoJo).
Il secondo archetipo: il gangster
Per quanto riguarda il secondo archetipo, quello del mafioso, bisogna citare prima di ogni cosa la massiccia influenza culturale che gli Stati Uniti hanno esercitato sul Giappone a partire dal secondo dopoguerra. Un’influenza che tutto sommato anche l’Italia ha subito e osservato in prodotti come Il padrino e Quei bravi ragazzi. I giapponesi, in questo frangente, hanno attinto maggiormente da tale immaginario – un po’ retrò e fumoso – che vede i mafiosi essere tutti siciliani, indossare completi grigi e fumare il sigaro, e lo hanno progressivamente abbandonato in seguito, fondendolo quasi con la loro mafia – la yakuza.
Questa distinzione è lampante negli anime: partendo dal personaggio di Capone Bege (in One Piece) e passando per i protagonisti di Gallery Fake (che è ambientato proprio a New York) gli altri prodotti in cui emerge la mafia sono molto più svecchiati (come in Gunslinger Girl), sono più leggeri e hanno caratteristiche fantastiche. In La Storia dell’Arcana Famiglia i membri della famiglia stipulano contratti con gli arcani maggiori dei tarocchi, mentre in Katekyou Hitman Reborn! (dove compare la famiglia mafiosa Vongola) sono proprio dei proiettili a scatenare le abilità superiori del protagonista (piccola citazione merita poi la camorra, rinominata in JoJo come Passione).
Italia negli anime: immaginario fiabesco
L’Italia per il Giappone non si ferma certamente ai due archetipi descritti sopra, ma diventa anzi terreno fertile per la creazione di storie più vaghe, dalle atmosfere nostalgiche o addirittura fiabesche e completamente fantastiche. In questi frangenti il Bel Paese assume quasi connotati esotici, prestando semplicemente parole e luoghi che sono poi riadattati ad altri usi. Aria: The Animation, Campione! e Romeo x Juliet sono tre esempi perfetti della creatività nipponica applicata all’Italia, dal momento che entrano in ballo città nuove, scenari fantasy e sovrannaturali (come le città di neo-Venezia e di neo-Verona).
Altre volte, invece, gli anime rappresentano le bellezze architettoniche italiane, riprodotte finemente (come la Firenze di Arte e la Napoli di JoJo). Inoltre molto spesso compaiono come personaggi figure realmente esistite. In Galilei Donna per esempio appare Galileo Galilei, che assume una rilevanza non indifferente per la trama – come suggerisce il titolo dell’anime; in Romeo x Juliet riprende vita la tragedia shakespeariana e il drammaturgo è presente come personaggio a sé stante e spalla comica. In Arte, inoltre, il personaggio di Leo è molto probabilmente un chiaro riferimento a Leonardo da Vinci per infanzia e professione.
Italia negli anime: cosa sarebbe senza un po’ di trash?
C’è posto per il trash negli anime? Ovviamente sì. Il concetto di trash spazia molto e non ha una definizione standard (non ancora, almeno). Ma trash potrebbe essere qualcosa di esagerato, grottesco, comico e – perché no – un po’ cringe. In questo Italia e Giappone si somigliano molto, dunque quando capita di trovare negli anime riferimenti all’italia accompagnati dal trash tipicamente giapponese non può che nascere una commistione simile a una bomba atomica di bizzarria (che conquista di converso moltissimi fan).
Prendendo di nuovo come esempio JoJo – che già di per sé è un prodotto sopra le righe – in Vento Aureo (la quinta stagione dell’anime) si toccano vette di trash raramente osservabili (così come le pose, le parole italiane sentitamente pronunciate dai personaggi e l’evidente contrasto tra i personaggi stessi e lo scenario circostante). Anche altri anime trasmettono questa sensazione, ma in misura minore: Vatican Miracle Examiner trasforma gli esorcismi in attacchi offensivi veri e propri che ricordano vagamente quelli di Mew Zakuro in Tokyo Mew Mew; mentre in Katekyou Hitman Reborn! abbiamo un sicario della mafia di un anno e mezzo a fare da insegnante a un adolescente imbranato.
Prima di andare, una perla
Prima di concludere questa dissertazione su come il Giappone vede l’Italia negli anime, è tappa obbligatoria dare spazio a un prodotto nipponico che non solo rappresenta genuinamente gli italiani, ma lo fa anche con estremo rispetto. Si tratta ovviamente di Porco Rosso, il famoso film d’animazione di Hayao Miyazaki del 1992. Sulla storia di Marco Pagot e dei pirati del cielo sono stati realizzati moltissimi contributi, sia visivi che scritti, che discutono i vari significati del film, del suo finale, dei sottintesi. Qui non si parla di filosofia (materia interessante e imprescindibile), ma solo di come appare l’Italia se osservata dall’alto di tutti quegli idrovolanti.
Ci troviamo a cavallo tra le due guerre mondiali e la maggior parte dei personaggi – e dei luoghi – sono italiani. Il regista si concentra infatti sull’Italia che affaccia sul Mar Adriatico, evocando scenari veneti e giuliani incantevoli e molto suggestivi. In questo ambiente paradisiaco in cui il cielo e il mare si rincorrono a ripetizione, spiccano personaggi che incarnano lo spirito italiano in chiave estremamente positiva, genuina e semplicemente bella, mostrando un Paese che può puntare a essere molto più di ciò che era effettivamente in quegli anni. Dal punto di vista di Porco, poi, è una sensazione che si rafforza quanto più la sua solitudine viene rimpiazzata dallo stare con gli altri e dal fraternizzare con loro, perché in cielo e in mare la libertà prevale su interessi economici e totalitarismi.
Italia negli anime: rappresentazioni che fanno pensare
Planando sulle acque limpide dell’Adriatico si arriva alla fine di questo articolo sperando di aver fatto chiarezza e di aver suscitato nuove domande (e, ovviamente, l’aggiunta dei titoli citati alle liste infinite di anime da recuperare). Il punto di vista del Giappone sul mondo e, in particolare, sull’Italia è singolare e denota molte più somiglianze di quante si sarebbe portati a pensare normalmente, nonostante la sua visione sia comunque parzialmente influenzata dagli Stati Uniti, che hanno plasmato un po’ globalmente l’immaginario collettivo.
Conoscete altri anime o manga in cui sono presenti personaggi italiani o in cui l’intera storia è effettivamente ambientata in Italia? Ditecelo commentando questo articolo (qui su Kaleidoverse o sulle nostre pagine social) e raccontateci quali tra gli anime che abbiamo citato sopra avete visto e apprezzato (e quali no) sui nostri gruppi community (Facebook e Telegram). Noi vi aspettiamo per parlarne insieme con una bella pizza, del buon vino rosso e una voglia matta di pronunciare “ciao” con un forte accento orientale.