Un dramma in costume interpretato da un cast giovane ed eterogeneo, uno sforzo produttivo di quattro Paesi diversi (USA, Francia, Germania e Inghilterra), un’atmosfera che ricorda l’immortale Casablanca e una storia che ha compiuto 80 anni, ma è più attuale che mai. Transatlantic, la nuova miniserie in 7 episodi di Netflix, uscita il 7 aprile, ha tutte le carte in regola per essere un prodotto di successo. Non è così chiaro, tuttavia, se effettivamente riesca nel suo intento. In questa recensione (chiaramente priva di spoiler) vi parleremo della trama di Transatlantic, del suo cast e dell’incredibile storia vera alla base di questo racconto corale. Se la serie sia davvero un prodotto memorabile, però, lo lasceremo decidere a voi.
Per la sceneggiatura di Transatlantic i due creatori Anna Winger e Daniel Hendler (i quali avevano già lavorato in coppia su un’altra miniserie gioiello, Unorthodox) hanno attinto dal romanzo The Flight Portfolio di Julie Orringer, nonché dalla storia (vera) dell’Emergency Rescue Committee: un’organizzazione internazionale che durante la Seconda guerra mondiale aiutò circa duemila tra i più illustri intellettuali e artisti europei a fuggire dall’oppressione nazista. Menti brillanti del calibro di Marc Chagall, Hannah Arendt, Max Ernst, Marcel Duchamp e André Breton furono salvati grazie all’eroico operato dell’ERC.
Transatlantic: la trama
La trama di Transatlantic inizia a dipanarsi nella Marsiglia dei primi anni ‘40, quando la Francia si trova sotto il giogo nazista. Varian Fry, un giornalista statunitense impegnato nella lotta agli abusi perpetrati dai Nazisti, decide di fondare (con il supporto degli USA e della First Lady Eleanor Roosevelt) un’organizzazione chiamata Emergency Rescue Committee, grazie alla quale intellettuali e artisti ebrei potranno fuggire dall’Europa e trovare rifugio oltreoceano. A supportare economicamente l’operazione è l’ereditiera originaria di Chicago Mary Jayne Gold, che paga di persona i biglietti per le traversate oceaniche dei fuggiaschi.
Insieme a un eterogeneo gruppo di ribelli, artisti e intellettuali, i protagonisti trovano un rifugio sicuro nel quale i ricercati potranno nascondersi in attesa di ricevere il visto per gli Stati Uniti: nasce così villa Air-Bel. La sgangherata villetta baciata dal sole diventa un’oasi nel clima di terrore instaurato dai Nazisti, una fucina di idee rivoluzionarie e un porto sicuro in cui è ancora possibile ballare, creare e innamorarsi. Le linee narrative di Transatlantic seguono non solo la logistica e le vicissitudini burocratiche delle rocambolesche fughe dei rifugiati, ma anche le loro storie familiari e travolgenti intrecci amorosi. La gang di illustri ribelli si abbandona ad atti di romanticismo ed eroismo, e mentre i ricercati trovano vie di fuga attraversando i Pirenei o salpando su una nave, lo spettatore può godersi una piacevole lezione di storia contemporanea.
Personaggi e interpreti di una storia corale
Nel variegato e talentuoso gruppo di attori che compone il cast di Transatlantic spiccano senza ombra di dubbio i due protagonisti. Nei panni di Mary Jayne Gold troviamo Gillian Jacobs, attrice che ha saputo dimostrare il suo talento comico nella celebre sitcom Community e nella serie Love, ideata da Judd Apatow. Il personaggio di Varian Fry è interpretato da Corey Michael Smith, conosciuto per aver vestito i panni di Ed Nygma nella serie Gotham. Abbiamo poi Lucas Englander, attore e regista austriaco già visto in Caterina la Grande e The Witcher, che interpreta l’ebreo tedesco Albert; altro volto conosciuto è quello di Corey Stall, l’interprete del console americano Patterson: i fan di House of Cards lo ricorderanno sicuramente per aver vestito i panni di Peter Russo.
È innegabile che gli attori abbiano lavorato duramente per dare vita alla storia dell’ERC: le interpretazioni dei protagonisti sono convincenti, sebbene la struttura narrativa presenti delle notevoli falle, le quali impediscono al loro talento di esprimersi appieno, e allo spettatore di penetrare lo strato superficiale del racconto. Tuttavia, episodio dopo episodio, il mirabolante via-vai di personalità e artisti che hanno plasmato il pensiero contemporaneo porteranno inevitabilmente lo spettatore a passare del tempo su Wikipedia, alla ricerca delle storie vere alla base del racconto.
Una racconto che oscilla tra buio e luce
Sebbene Transatlantic presenti svariate problematiche (che approfondiremo a breve), la miniserie è indubbiamente un gioiello dal punto di vista visivo. L’atmosfera evocata dal girato è quella della vecchia Hollywood dei tempi d’oro, e guardando gli episodi si arriva addirittura a scomodare un mostro sacro del cinema come Casablanca. I colori saturi delle ambientazioni (nelle scene girate nella natura baciata dal sole di villa Air-Bel, così come in quelle cittadine a Marsiglia) si accompagnano agli stupendi costumi di Justine Seymour, conferendo alla serie una presentazione a effetto. Degne di nota sono anche le sequenze in bianco e nero di introduzione e chiusura degli episodi, che rimandano all’Espressionismo tedesco.
La stessa Winger ha dichiarato che la sua intenzione era quella di distinguere Transatlantic da altri drammi in costume conferendo alla miniserie, oltre a una confezione impeccabile e sofisticata, una certa solarità e leggerezza: è vero infatti che la drammaticità della storia dell’ERC e delle vite umane perseguitate dal Nazismo viene notevolmente alleggerita dalla vitalità e dalla brillantezza dei protagonisti, nonché dagli insospettabili picchi di comicità sullo stile delle vecchie screwball comedy hollywoodiane. Sono sicuramente tempi bui quelli descritti da Transatlantic, ma i personaggi di cui seguiamo le vicissitudini sono tutt’altro che cupi: sono idealisti, alimentati dal fuoco dell’arte, dell’amore e della resistenza, che combattono per quei valori che elevano e edificano l’essere umano.
Le nostre conclusioni su Transatlantic
Come in Unorthodox, la Winger si concentra sui dilemmi morali, etici e politici e sulle difficili scelte che i personaggi si trovano ad affrontare. Nonostante i suoi sforzi volti al dipingere la complessità della natura umana, la miniserie si focalizza talmente tanto sulla burocrazia e sulle vicende familiari e amorose dei personaggi che finisce per trascurare i caratteri più interessanti e profondi delle loro storie, e fallisce nel veicolare l’importanza delle idee rivoluzionarie per le quali l’ERC ha rischiato tutto. Le frettolose linee narrative dei personaggi si fermano alla superficie, non seguono la loro evoluzione, pertanto risulta difficile per lo spettatore empatizzare ed entrare in sintonia. Insomma, Transatlantic è complessivamente un bel prodotto, ma pecca di ambizione e profondità: una sceneggiatura più solida e strutturata avrebbe probabilmente reso questa serie indimenticabile.
Come sempre, però, l’ultima parola spetta allo spettatore: avete già visto Transatlantic? Pensate che sia una serie memorabile? Fateci sapere cosa ne pensate qui su Kaleidoverse o sui nostri canali social, dove pubblichiamo le ultime notizie in campo televisivo, cinematografico o videoludico. Se avete voglia di discutere più nel dettaglio dei prodotti e dei contenuti che vi appassionano, troverete ulteriore spazio per il confronto nelle nostre community Facebook o Telegram. Aspettiamo solo voi!
Transatlantic è una miniserie Netflix creata da Anna Winger e Daniel Hendler, incentrata sulla storia vera dell’Emergency Rescue Committee, organizzazione internazionale che all’inizio degli anni ‘40 aiutò quasi duemila artisti ed intellettuali a fuggire dall’oppressione nazista. La cura nella scelta delle ambientazioni e dei costumi rendono questo dramma storico un sofisticato gioiello il cui contenuto, però, presenta svariate problematiche. Una sceneggiatura poco ambiziosa e mal strutturata impedisce allo spettatore di stabilire un contatto con i personaggi e al prodotto finale di risultare memorabile.