Da 27 aprile, è disponibile su Netflix The Matchmaker. Film di produzione saudita che approda su schermi nostrani proprio grazie alla distribuzione Netflix. Un lungometraggio che si presenta con un mix di mistero, thriller e critica sociale. Con questa pellicola la “grande N” porta sugli schermi casalinghi un prodotto decisamente inconsueto e lontano dagli stilemi europei e occidentali del cinema. Con un incipit interessante e inconsueto The Matchmaker sarà riuscito a stupire? Svisceriamo il tutto nella recensione.
Il resort dei tuoi sogni
L’incipit della pellicola è semplice ma interessante, soprattutto alla luce degli sviluppi successivi. La vicenda segue Tarek, tecnico IT in una grande società e padre di famiglia, dove non riesce a coltivare un buon rapporto con la moglie e la piccola figlia, verso cui ha dei comportamenti freddi e burberi. In un giorno come un altro, nell’azienda in cui è impiegato, Tarek incontra una nuova stagista, rimanendo colpito all’istante dalla sua presenza. Ogni tentativo di avvicinarla fallisce miseramente e la ragazza lo tratta sempre in modo distaccato e freddo. Un giorno Tarek nota una piccola scatola, lasciata dalla stagista prima di dimettersi, sulla scrivania del suo capo.
Preso dalla curiosità Tarek la prende e la apre, scoprendo al suo interno un piccolo tablet con un filmato di presentazione di un resort che promette di far incontrare la propria anima gemella e poterla sposare in 24 ore. Tarek, anche se il regalo non era rivolto a lui, si presenta al resort. Spinto dalla curiosità e dalla voglia di rivedere la stagista si inoltrerà fin da subito nelle pratiche e nelle strane consuetudini del resort. Fino ad essere totalmente assorto dagli enigmi e dalle forze in azione. Per quanto interessante nelle premesse e nel mistero che la pellicola ci vuole presentare, risulta fin da subito estremamente confusionario e mal esposto; sensazione rafforzata dall’incredibile brevità del lungometraggio che si attesta a malapena sull’ora e venti.
Una grazia…
La produzione cinematografica mediorientale è stata, in molti casi, di alta qualità con vari lungometraggi presenti nei maggiori festival della settima arte in giro per il mondo. Era solo una questione di tempo prima che queste produzioni si muovessero verso generi più inconsueti per il Medioriente. Uno dei primi casi di questo movimento sperimentale è proprio The Matchmaker, essendo assimilabile a un thriller psicologico, con elementi soprannaturali. La pellicola sotto molti aspetti risulta di pregevole fattura.
Sono da elogiare le performance attoriali femminili in particolare di Reem AlHabib che interpreta la manager del resort. Gran parte del fascino del lungometraggio proviene anche dall’incredibile location in cui sono ambientate le vicende, la stupenda valle dell’Alula. Location che, grazie alle riprese estremamente lunghe e statiche, fa emergere un senso di teatralità, di narrazione scenica da palcoscenico che risulta lontana dalle esposizioni prettamente cinematografiche. Così, allo spettatore viene trasmesso un senso di classicità che non può non essere ricondotta alla narrazione e ai tempi di una pièce teatrale. In questo modo otteniamo una pellicola pregna di un’eleganza non facilmente riscontrabile, né riproducibile, in molte produzioni occidentali.
… non armonica
Purtroppo, le innumerevoli qualità della pellicola vengono inficiate da un eccessivo numero di problemi. Il primo che salta all’occhio anche allo spettatore più sbadato è l’incoerenza della narrazione. Se nel primo quarto di film ci si trova davanti a un’esposizione narrativa consueta e lineare, per tutta la restante durata del prodotto si è traghettati verso una serie sempre più inconcludente di eventi che non lasciano il passo a nessuna interpretazione, ma che, al contrario, generano un anormale senso di confusione nello spettatore. Questo disorientamento è accresciuto anche da un altro enorme problema della pellicola: il montaggio. Purtroppo, quest’ultimo risulta mal eseguito e più confusionario della narrazione stessa. Infatti, si trova molto spesso a interrompere eventi e scene che risultano, in questo modo, monche, mancanti di una parte finale o di un susseguo.
Tutto ciò porta a prendere coscienza durante la visione che The Matchmaker molto probabilmente non era stato pensato come un prodotto di così breve durata (ricordiamo attestarsi sull’ora e venti). Più di una volta durante la visione aleggia la sensazione che alcune tematiche, alcuni argomenti e certe scene siano state troncate, rendendo la narrazione, come detto, ancora più confusa. Ci viene restituito, quindi, un prodotto orfano di molte sue parti che avrebbero arricchito non di poco questa sperimentazione filmica. Infine, un ultimo appunto: è assolutamente manchevole la fotografia. Molto spesso risulta essere piatta, senza mordente e che si fa notare molto spesso solo per l’ovvia assenza o dal suo essere estremamente blanda. In alcune sezioni quasi riesce nell’arduo compito di smorzare la potenza visiva e scenica che restituiscono le monumentali location desertiche, facendo perdere una gran fetta della splendida imponenza silente che ha naturalmente la valle dell’Alula.
Le nostre conclusioni su The Matchmaker
The Matchmaker risulta un prodotto estremamente inconsueto. Inconsueto per le tematiche sociali che cerca di trattare e inconsueto per via del genere a cui è ascrivibile, nuovo alle produzioni saudite. Tuttavia, è anche un prodotto dall’anima estremamente duale, poiché, da una parte, permette di godere dell’estrema bellezza e calma solitudine delle location in cui si svolge la pellicola – bellezza amplificata anche dalla regia volutamente teatrale, estremamente statica e con tratti molto classici e riprese estremamente flemmatiche, lente, che permettono di dare spessore e plasticità alle scene e ai suoi interpreti; dall’altra parte invece fa da, grottescamente perfetto, contraltare qualitativo.
Ci ritrova davanti a una eccessiva confusione narrativa che solo nei primi minuti di pellicola è lineare e coerente, ma che nelle fasi successive risulta confusionaria e mal esposta. Sensazione rafforzata ancor di più dall’estrema imperizia del montaggio, che sembra quasi voler assecondare e amplificare la confusione che si crea nello spettatore, ma non assecondandola con un sapiente uso dell’editing, bensì tagliando con l’accetta ogni scena. Voi avete visto TheMatchmaker? Vi è piaciuto? Lo avete apprezzato? Fatecelo sapere nei commenti. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo sempre contenuti. Se volete condividere con noi suggerimenti, consigli su nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, ci trovate sui nostri gruppi community, su Facebook e Telegram.
The Matchmaker è una pellicola con due anime: una molto curata, classica con una messa in scena prettamente teatrale e plastica; l'altra, invece, dà sfoggio di una produzione poco curata, soprattutto nel montaggio e nella fotografia, che risultano carenti fin da subito. Inoltre viene spontaneo, durante la visione, chiedersi perché consegnare un prodotto cosi breve, dove una narrazione più lunga e stratificata avrebbe solo giovato.
In definitiva è una pellicola che merita una visione, anche se lontana dai capolavori come "La Bicicletta Verde" di Haifaa Al-Mansour o "Valzer con Bashir" di Ari Folman, la messa in scena, ottima in più di un'occasione e la breve durata, creano un'armonia che dà i presupposti allo spettatore per godere tranquillamente della visone.