Negli Stati Uniti, tra gli anni Novanta e i Duemila, era impossibile fare zapping o guardare i cartelloni pubblicitari senza incontrare il volto di Anna Nicole Smith. In Italia la portata di questo fenomeno mediatico era certamente minore, tuttavia molti millennial europei hanno conosciuto la disinvolta sensualità della bombshell americana grazie al suo lavoro come testimonial dei jeans Guess. La bellezza esagerata della giovane texana era costantemente esposta ai riflettori di mezzo mondo, ma ciò che si celava sotto una superficie patinata era oggetto di speculazioni e pettegolezzi. Il documentario (prodotto e distribuito da Netflix) Anna Nicole Smith: You Don’t Know Me, di cui parleremo in questa recensione, ci vuole raccontare la vera storia della “Marylin degli anni Novanta”.
You Don’t Know Me narra l’ascesa e il declino di un’icona della cultura pop. Come altri documentari appartenenti a questo filone (Britney contro Spears, Pamela, a Love Story), si colloca a metà tra un racconto biografico e uno studio di sociologia e scienze della comunicazione. Decostruendo l’immagine pubblica della Smith, You Don’t Know Me intende denunciare l’insensato vilipendio subito dalla modella e attrice, e dimostrarci che c’era molto di più dietro la narrazione che i media facevano della sua vita. Ripercorrere la storia di una donna vittima della gogna mediatica vuol dire fornire più contesto e chiarezza al pubblico, e più spazio e voce alla protagonista. Non si tratta di un’impresa facile, e per quanto le intenzioni di You Don’t Know Me siano nobili, il documentario presenta delle criticità che lo allontanano dal suo intento iniziale.
La storia di Anna Nicole Smith: ascesa e declino di un’icona pop
La regista documentarista Ursula MacFarlane inizia a raccontare la vita della Smith (nata Vickie Lynn Hogan) dalla sua infanzia in una piccola città del Texas. L’ascesa alla fama di Vickie Lynn, adolescente avida di attenzioni, è un racconto tutto americano: ancora giovanissima, la ragazza lascia la cittadina natale con il suo amato figlio Daniel, sbarcando il lunario come ballerina in uno strip club. La fortuna non è cieca, e si accorge presto della bellezza della ribattezzata Anna Nicole Smith. Nel 1993 diventa Playmate dell’anno per la rivista Playboy, raggiungendo la tanto agognata celebrità. Da quel momento ottiene copertine, ingaggi per campagne di moda e ruoli cinematografici. Inutile dire che per la stampa sensazionalistica degli anni Novanta, la storia della ragazza di provincia catapultata a Hollywood grazie alla sua avvenenza, rappresentava un ghiotto boccone.
I media sono veloci a garantire visibilità a una bella donna quanto lo sono a giudicarla, e nel caso della Smith l’opinione pubblica non si è risparmiata. Nel 1994 sposa il miliardario J. Howard Marshall II. Lei ha 26 anni, lui 89: i tabloid impazziscono. Nel frattempo la Smith conduce una vita fuori dagli schemi, e i media non mancano di esporre ogni suo eccesso. La morte di Marshall segna l’inizio delle interminabili battaglie legali per l’eredità del magnate. La carriera di Anna è in fase discendente, e lei si ritrova a combattere con dipendenze e disturbi alimentari. Nel 2006 nasce la sua seconda figlia, Dannielynn Hope, la cui paternità verrà morbosamente dibattuta dai tribunali e dai media. Nello stesso anno, il primogenito Daniel muore improvvisamente a causa di un cocktail di farmaci. Anna sprofonda nella depressione. La sua caduta libera si arresta nel 2007, quando muore per un’overdose accidentale.
Un documentario che punta al riscatto sociale (e sfortunatamente fallisce)
La storia di Anna Nicole Smith è raccontata con un collage di interviste, immagini e filmati d’archivio. A parlare sono parenti, amici, la sua guardia del corpo e una sua intima amica, ma anche giornalisti e persone che hanno avuto l’opportunità di lavorare con lei. Ampio spazio è dato a interviste alla stessa Smith, registrate in diversi momenti della sua vita, in cui emergono il suo carisma e il suo fascino magnetico. Lo stile narrativo di You Don’t Know Me è paragonabile a quello di un documentario true crime. MacFarlane ha voluto evitare toni pietosi e sensazionalistici, mettendo nero su bianco che il successo della Smith non era dovuto a un mero colpo di fortuna. Era frutto della sua ambizione cieca, della sua fame di attenzioni, e della sua abilità nel capire cosa i media volessero da lei.
L’intenzione di MacFarlane è comunicare allo spettatore che la modella e attrice texana non è stata solo una tragica vittima dello showbiz. La sua indole ribelle e caparbia ha trasformato la giovane Vickie Lynn Hogan in Anna Nicole Smith, una professionista conscia delle sue potenzialità e del potere esercitato dal suo fascino. Nonostante gli ottimi presupposti della regia, la scelta di concentrarsi su determinati episodi della vita della Smith porta You Don’t Know Me a conclusioni ben diverse. Alcune vicissitudini della modella, che evidenziano la sua personalità vorace e talvolta problematica, non vengono propriamente contestualizzate ed approfondite, anzi, il loro posizionamento nella logica del racconto appare quasi randomico. Sfortunatamente, ciò produce l’effetto opposto a quello ricercato dalla MacFarlane, restituendo alla narrazione della vita della Smith quel sensazionalismo che l’ha perseguitata fin dopo la morte.
Le nostre conclusioni su Anna Nicole Smith: You Don’t Know Me
Esistono svariate motivazioni per cui abbiamo bisogno di ripercorrere, decostruire e contestualizzare storie come quella di Anna Nicole Smith. Se da un lato ci offrono uno spaccato sconcertante della cultura mediatica presente e passata, dall’altro ci porgono uno specchio nel quale guardarci. Quando Vickie Lynn Hogan ha deciso di diventare Anna Nicole Smith, si è presentata allo showbiz come una fantasia diventata realtà. Per un breve periodo, quella fantasia era condivisa dall’America intera. Poi il sogno si è fatto reale, fin troppo umano. Quando era l’umanità di Anna Nicole Smith a essere sotto i riflettori, il pubblico ha scoperto che la dea era una comune mortale. Per questo ha cercato una conclusione diversa al mito della semplice ragazza di campagna diventata celebrità: ha deciso di distruggerla.
Oggi sappiamo che Anna Nicole Smith meritava di meglio, e purtroppo You Don’t Know Me non riesce nell’intento di riscattare la vita dell’attrice. Privando alcune spinose vicende del loro contesto e concentrandosi sull’effetto spiazzante delle testimonianze fornite, il documentario cade trappola di quel sensazionalismo in cui è facile inciampare quando si ha a che fare con storie simili. E voi pensate che You Don’t Know Me abbia reso giustizia ad Anna Nicole Smith? Fateci sapere cosa ne pensate qui su Kaleidoverse o sui nostri canali social, dove pubblichiamo le ultime notizie in campo televisivo, cinematografico e videoludico. Se avete voglia di discutere più nel dettaglio dei prodotti e dei contenuti che vi appassionano, troverete ulteriore spazio per il confronto nelle nostre community Facebook o Telegram. Vi aspettiamo!
Anna Nicole Smith: You Don't Know Me è il nuovo documentario prodotto e distribuito da Netflix sulla vita dell'attrice e modella Anna Nicole Smith. La regista Ursula MacFarlane ripercorre la vita della Smith dalla sua infanzia in una piccola città del Texas, fino ai red carpet Hollywoodiani, utilizzando un collage di filmati di repertorio e interviste a persone vicine alla protagonista, e adottando uno stile vicino ai documentari true crime. L'autrice ci racconta che il successo della Smith non è stato solo un colpo di fortuna, ma un frutto della sua ambizione e della sua abilità nel capire cosa i media volessero da lei. Tuttavia si sofferma su alcune controverse vicende che hanno reso la vita della Smith particolarmente tragica agli occhi dell'opinione pubblica, e fallisce nel contestualizzarle ed approfondirle, scivolando in quel sensazionalismo che aveva perseguitato l'attrice fino alla sua morte prematura.