Tore è una serie tv disponibile in streaming su Netflix uscita il 27 ottobre 2023 creata e interpretata da William Spetz di genere dramedy. L’autore di origine svedese era già famoso per i suoi sketch su YouTube. La serie è composta da 6 episodi da circa 30/36 minuti ciascuno. Il giovane protagonista di 27 anni viene ritenuto immaturo dal padre Bosse (Peter Haber) che lo vuole spingere ad andarsene di casa per vivere da solo. Un evento traumatico porterà però il giovane Tore a percorrere una strada diversa da quella che aveva previsto il padre per lui. Il percorso verso l’elaborazione del lutto avrà delle deviazioni tra droghe, sesso e alcool.
La trama di Tore
Tore lavora insieme al padre e ai suoi nonni nell’agenzia di pompe funebri di famiglia. Mentre si recano da una cliente per gli ultimi preparativi del funerale, un camion della spazzatura investe quella che scoprirà dopo essere la persona più importante della sua vita. Il nostro protagonista non sarà capace di riprendersi dal lutto con le sue stesse mani, finendo a provare i più svariati modi per uscirne. I suoi amici Lo e Shady Meat lo porteranno su una barca adibita a nightclub dove si incamminerà su una strada che lo dirigerà sulla soglia di un baratro. Per fortuna avremo Linn, la sua migliore amica, che farà di tutto per riportarlo sulla retta via.
Introspezione per curare un lutto
Quello che Tore non vuole accettare è la morte del proprio caro. Il primo passo nell’elaborazione di un lutto è, nella maggior parte dei casi, proprio la negazione dello stesso. Tore però fa di più, salta a piè pari la negazione in un primo momento arrivando direttamente al “è tutto passato”. Ciò con cui non fa i conti è l’effettivo risultato a cui lo porta tutto ciò: l’autodistruzione. Definirla tale è quasi una blasfemia perché Tore diventerà lui stesso la causa della sua distruzione con il suo comportamento fuori controllo. Il climax di eventi è un susseguirsi di conseguenze che prima o poi dovrà pagare nel bene e nel male.
Facendo un passo indietro insieme al nostro protagonista e facendoci trasportare dalle sue emozioni e comportamenti vedremo che tutto quello che fa ha un senso. Certo, drogarsi non è la soluzione a nessuno dei mali di questo mondo ma per Tore ha un senso. L’assunzione di stupefacenti lo aiuterà a incontrare il caro defunto come un fantasma, esattamente come Qui Gon appare ad Obi Wan Kenobi in Star Wars.
L’introversione come tratto del carattere
Quello che il padre ha sempre rimproverato a Tore era di essere troppo introverso e impacciato nel relazionarsi con le altre persone. L’introversione del nostro protagonista è però diversa da quella a cui siamo abituati. Di fatto lui non ha problemi a parlare con le persone ma parla troppo fino a stordirle di parole. Questo suo tratto del carattere lo rende sì simpatico e socievole ma anche inadatto ad una conversazione.
La sua difficoltà nelle relazioni e la soluzione che Tore troverà ad essa sarà la sua più totale rovina. La scelta di cedere alle droghe, all’alcool e al sesso lo faranno diventare facile vittima di persone che se ne vogliono approfittare. L’esperienza con Viggo (Victor Ivan) ne è la prova lampante perché cercherà prima di violentarlo e poi di fargli credere che quello tra loro due sia un rapporto sano e quindi che lui debba sciogliersi di più.
Tra finzione e realtà
Se analizzassimo ciò che succede nella serie e lo trasportassimo nella realtà possiamo affermare senza alcun dubbio che può essere una delle reazioni possibili al lutto. Ognuno di noi avrà sicuramente subito la perdita di una o più persone a noi care e magari in fasi diverse della nostra vita. Anche l’età in cui affrontiamo questa tragedia può influire parecchio sul come viverla e ognuno può avere un supporto diverso da parte di familiari o amici. In pratica in base a quando e a chi abbiamo intorno può cambiare il modo in cui viviamo e superiamo la perdita di un nostro caro. Nel caso, seppur raro, ci si trovasse da soli ad affrontare tutto ciò diventa certamente più difficile.
Quello che non riesce a capire il nostro Tore è che la sua migliore amica Linn sta cercando in tutti i modi di fargli elaborare ciò che è successo. Spesso, chi si trova in questa situazione, si chiude in sé stesso per trovare da solo la via di uscita e di “guarigione” senza accorgersi che intorno ci sono persone che stanno soffrendo esattamente come lui. Ognuno di noi ma anche il protagonista della serie ci proviamo in tutti i modi ad uscirne pensando che nessuno possa capire il nostro dolore. Ciò che però Tore ignora è la sua introversione che gli renderà sia più difficile metabolizzare il lutto sia il farsi aiutare dai suoi amici e parenti arrivando a compiere gesti, scelte e parole non frutto della lucidità.
Le nostre conclusioni su Tore
La serie è godibilissima da guardare, il tema trattato seppur delicato viene analizzato e curato nei minimi dettagli senza lasciare nulla al caso. All’interno potremo anche trovare una denuncia sociale per quanto riguarda sia l’utilizzo di stupefacenti che quello del sesso e dell’alcool. Il giovane protagonista ha sperimentato su sé stesso che l’uso smodato di droghe e alcool porta a conseguenze non solo fisiche ma anche psicologiche se si frequentano le persone sbagliate.
In conclusione posso affermare che la serie merita di essere vista anche solo per com’è stata creata da William Spetz perché si vede che c’è una certa attenzione al dettaglio. Il pattern dei colori utilizzati è stato studiato per rendere più emotive determinate scene come, ad esempio, quelle girate nel nightclub. La contrapposizione tra scene di luce, di quando Tore lavora, e scene buie risaltano la doppia vita del nostro protagonista come lo yin e lo yang. Anche questa scelta è una nota di merito da fare allo sceneggiatore che dunque conferma il suo lavoro come ben riuscito nel risultato finale secondo il mio parere.
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Ogni episodio scorre davanti gli occhi dello spettatore lasciandogli un piacevole senso di appagamento per ciò che sta guardando ma anche degli spunti per delle riflessioni da fare post visione. Quello che si trova di fronte lo spettatore è solo una variante nemmeno tanto distante dalla realtà ma che anzi ci si avvicina molto. Il giovane Tore, che vi ricordo avere 27 anni, potrebbe essere uno di noi che si ritrova a far fronte ad un lutto improvviso oltre a dover dar conto alla già presente pressione sia sociale che familiare sull'andare a vivere da solo data la sua età. Risulta quindi facile impersonarsi nel protagonista e cadere nel loop di pensieri che lo arrovellano a prescindere da che si abbia la sua età o poco più. Merito è dello sceneggiatore, nonché creatore della serie, William Spetz che avrà attinto dall'esperienza personale per dare le varie sfaccettature al carattere del proprio personaggio. Il giudizio complessivo è discreto perché si riesce facilmente a capire il punto in cui verte tutta la vicenda dandogli anche un valore di morale nella parte finale.