“Quello che succede a Las Vegas resta a Las Vegas” è una frase che si sente dire molto spesso quando si immagina la famosa città americana. Il cinema nel corso degli anni ha largamente rincarato la dose: la trilogia di Una notte da leoni parte proprio da lì, anche se poi si sposta altrove. I film con Bradley Cooper non sono però l’unica manifestazione di questo detto: Netflix ha pensato di aggiungere una nuova storia al corollario. Stiamo parlando di Obliterated – Una notte da panico, una nuova serie TV disponibile sulla piattaforma a partire dal 30 novembre, che vi presentiamo in questa recensione no spoiler.
Diretta da Joel Novoa (Day of Reckoning), Josh Heald (Cobra Kai), Jon Hurwitz (Harold & Kumar), Hayden Schlossberg (American Trip) e America Young (Barbie: Mermaid Power), Obliterated racconta in otto episodi una storia tanto adrenalinica quanto folle, esilarante e trash che mette in discussione i principali luoghi comuni presenti nei film d’azione americani capovolgendoli e trasformandoli in nuovi punti di vista che ampliano la narrazione del genere. E dimostrando che anche un film d’azione, per quanto tamarro e stereotipato possa essere, può comunicare molto più di quello che sembra. Se non ci credete continuate a leggere, perché adesso vi parliamo un po’ della trama.
Obliterated: la trama
La storia inizia sul tetto assolato di un grattacielo di Las Vegas, dove conosciamo il dream team protagonista alle prese con una seria missione sotto copertura. Il loro compito è della massima importanza: devono sventare la compravendita di un ordigno nucleare di ultima generazione che potrebbe spazzare via dalle mappe l’intera città. La missione riesce senza particolari problemi e a quel punto i nostri decidono di meritarsi una festa da urlo. Tra fiumi di alcol, musica a tutto volume, sesso e baldoria, la notte sembra aver preso una piega ben definita che viene però rovinata da una notizia scioccante.
A quanto pare la bomba che hanno preso e disinnescato non è l’originale, ancora in giro per Las Vegas e pronta a esplodere al termine del conto alla rovescia. La squadra deve quindi rimettersi immediatamente al lavoro gestendo l’effetto delle droghe e dell’alcol assunto. Il risultato è un’escalation di azioni completamente folli che causano disastri in giro per la città e provocano conflitti interni al gruppo stesso, ormai privo della professionalità che mostravano da sobri. Tra fraintendimenti, rivelazioni personali, monologhi interiori e flashback, la ricerca alla famigerata bomba riprende trascinandoli in una nottata apparentemente infinita che li metterà a dura prova e li cambierà per sempre.
Pugni e proiettili
Dal punto di vista tecnico Obliterated – Una notte da panico è una serie niente male, anche se non eccelle particolarmente nella resa degli effetti speciali. Escluse le allucinazioni che accompagnano Paul (Eugene Kim), infatti, la resa dei fori di proiettile e degli schizzi di sangue lascia molto a desiderare e appare evidentemente finta. Per quanto riguarda invece le scene d’azione – combattimenti e scazzottate – queste sono di eccellente fattura e mostrano il punto d’origine dei registi e degli sceneggiatori, provenienti da prodotti del calibro di Cobra Kai.
Anche la sceneggiatura risente del background degli autori e mette in mostra praticamente l’intera gamma dei personaggi stereotipati del genere action, declinati però in veste comica e sregolata. Abbiamo il capo determinato (Shelley Hennig), l’uomo dal grilletto facile (Nick Zano), la sua spalla (Terrence Terrell), l’esperto informatico (Kimi Rutledge), il cecchino (Paola Lázaro), il pilota (Eugene Kim) e l’artificiere (C. Thomas Howell). Cos’è che li rende imprevedibili e sorprendenti? Il pomo della discordia della serie: la festa.
Una notte da panico
Non è insolito vedere festeggiamenti di qualche tipo alla fine dei film d’azione. I nostri eroi alla fine della loro lunga ed estenuante missione possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Nel caso di Obliterated però la festa è la premessa: la squadra sventa un attentato a Las Vegas – la città del delirio e dei casino – e decide che è arrivato il momento di festeggiare e di rilassarsi. Il topos della festa è l’interruttore che dà la scossa alla trama e costituisce il fattore che darà più problemi ai nostri personaggi.
Usare la festa come giustificazione per lo sconvolgimento degli stereotipi è un’ottima idea che smorza i toni seri, drammatici e legati a risvolti governativi della trama e strappa più di qualche risata agli spettatori che si trovano davanti una serie di eccellenze che devono agire con i loro ruoli completamente oscurati e appannati dall’effetto di sostanze come l’alcol e le droghe e – cosa più importante – privi di qualunque professionalità; esposti in quanto esseri umani, completamente scoppiati e pieni di problemi e dubbi.
Aspetta, ma tu non eri…?
Mentre lo spettatore segue con impazienza la trama inneggiando i personaggi a proseguire nonostante sbornia, litigi e confessioni la sceneggiatura gioca con i ruoli. L’abbiamo già affermato in precedenza: se infatti nella prima metà del primo episodio i nostri protagonisti ci vengono presentati inquadrati nella griglia tipica del genere action. Abbiamo il capo freddo e strategico, il braccio destro di bell’aspetto tutto proiettili e niente cervello, la sua spalla che è lui però più divertente, il cecchino ovvero la persona fredda che porta sempre a termine il lavoro, l’artificiere ovvero l’elemento completamente fuso della squadra e il pilota, quello su cui fare sempre affidamento e l’esperto informatico, ovvero l’affidabile voce fuori campo.
Vediamo come in realtà nel corso della stagione questi ruoli si evolvano e si trasformino in tutt’altro. Errori, incomprensioni e figuracce fungono da via di fuga per la sceneggiatura e danno modo di ampliare il genere includendo al suo interno non solo aspetti davvero estremi che si fondono perfettamente con il contesto – la città di Las Vegas – ma smontando anche gli stereotipi legati ai singoli ruoli. Così il cecchino deve fare i conti con i propri sentimenti e il proprio io al di fuori del lavoro e il pilota deve imparare ad allentare la presa sulle proprie responsabilità – ma questi sono solo alcuni esempi. Emergono tutta una serie di temi che si fondono perfettamente con la storia alleggerendola e dandole un twist molto più divertente e tragicomico.
Le nostre conclusioni su Obliterated
Obliterated – Una notte da panico è la serie TV perfetta se state cercando qualcosa che vi intrattenga e vi diverta. La nuova serie dei produttori di Cobra Kai contiene tutta l’action che vi serve se siete amanti del genere, stemperata da comicità, frivolezza e trash – che non fa mai male. Percorrere le strade di Las Vegas e seguire i protagonisti inseguire una bomba atomica per paesaggi desertici e corridoi di hotel e casinò ridimensiona di molto temi attuali e più profondi che colpiscono dritti il cuore dello spettatore che non potrà non assorbirli, anche indirettamente.
Adesso però la rimettiamo a voi: avete già visto Obliterated o le darete una chance in questi giorni? Qualunque sia la vostra risposta non dimenticate di dircela su Kaleidoverse o sulle nostre pagine social, che potete seguire per essere sempre aggiornati su gli ultimi articoli pubblicati – come la nostra opinione sui giochi per mobile, un’ode a The Addiction e la nostra classifica degli antieroi più memorabili degli anime. Vi ricordiamo inoltre che abbiamo anche dei gruppi community su Facebook e Telegram dove possiamo parlare insieme delle ultime novità in campo cinematografico, seriale e videoludico. Vi aspettiamo!
Obliterated - Una notte da panico è una serie che va guardata senza prenderla troppo sul serio. Il contesto di fondo è una missione segreta governativa svolta da una squadra di talenti di vari reparti dell’intelligence che rientrano in ruoli stereotipati formando un A-Team di ultima generazione. Ma cosa accade quando la missione finisce? È questa domanda a dare il twist completamente folle e tamarro all’intera serie. È così che si sviluppa una storia in cui follia, alcol, sesso e droga guidano le danze e le azioni dei protagonisti, che cercano di tornare seri e professionali senza molti successi. Sarà forse l’aria di Las Vegas a trasformare il dream team in una gabbia di matti? Solo la visione della serie potrà darvi questa risposta. Noi possiamo solo dirvi che dal punto di vista della scrittura gli sceneggiatori si sono divertiti a ribaltare i topoi più comuni del genere action, contaminandoli e fondendo il risultato all’interno di un contesto nel quale Las Vegas appare il luogo più consono.