Le scuole private hanno un loro fascino che sembra perdurare negli anni. Saranno le uniformi, sarà l’esclusività delle loro classi, saranno i voli pindarici di molti che dietro le porte di quelle aule ci hanno visto segreti e intrighi, o forse solo la nostalgia – per quelli più grandi – o l’affinità – per gli adolescenti – di un mondo tanto simile, condiviso, ma mai completamente uguale. In ogni caso, metti una scuola nei media e otterrai un buon successo: dai libri alle serie TV, il tema degli istituti prestigiosi non finisce di stancare, nemmeno in Corea del Sud. È da lì che arriva Hierarchy, il nuovo k-drama di Netflix disponibile dal 7 giugno, di cui Kaleidoverse vi parlerà in questa recensione tenendo per sé gli spoiler.
Diretta da Bae Hyeong-jin (Alchemy of Souls: Light and Shadow), che ha contribuito anche alla scrittura con Hye Lim Chu (About Time), Hierarchy si compone di 7 episodi lunghi in media 45 minuti l’uno. Nel cast sono presenti, tra gli altri, Noh Jung-eui (The Phone), Lee Won-jung (My Perfect Stranger), Kim Jae-Won (Drama Special), Lee Chae-Min (Alchemy of Souls), Ji Hye-Won (The Sound of Magic), Kim Tae-Jeong (Corso accelerato sull’amore) e Byeon Seo-Yun (Bad Girlfriend). Vediamo adesso la trama.
Hierarchy: la trama
La Joonshin High School non è una scuola come tutte le altre: al suo interno si trovano i nobili e i ricchi di domani, figli di personalità celebri a livello internazionale. Accanto a questi giovani tremendamente in e con il futuro assicurato convivono i borsisti, ragazzi provenienti da famiglie più umili che hanno vinto una borsa di studio e quindi l’opportunità di diventare qualcuno… a patto che rispettino la gerarchia che li vede in posizione nettamente inferiore ai compagni benestanti. Ed è un borsista – l’ultimo arrivato – ad aprire le danze. Il suo nome è Kang Ha (Lee Chae-Min) e non ha alcuna intenzione di sottostare alle regole dello status quo scolastico.
Kang Ha, infatti, non è lì solo per studiare: vuole risolvere un mistero legato a una morte sospetta, che sembra puntare verso i 4 ragazzi più importanti della scuola, amici inseparabili dalle medie: Ri-an (Kim Jae-Won), He-ra (Ji Hye-Won), Woo-jin (Lee Won-jun) e Jae-i (Noh Jung eui), tornata dopo un periodo di assenza profondamente cambiata, a detta degli altri 3. È da queste premesse che prende piede la storia, trasformandosi in un lungo e tortuoso percorso costellato di segreti, ingiustizie e scontri, che porteranno alla luce scomode verità che cambieranno le sorti della scuola per sempre.
Hierarchy: un prodotto perfetto?
Hierarchy non è sicuramente il primo k-drama a ruotare attorno a una scuola e a un gruppo di ragazzi. Tuttavia, arriva nella libreria del suo genere confermando per l’ennesima volta un fatto: le serie TV coreane sono belle, non c’è niente da fare. Chi scrive non lo dice con malizia o disincanto, ma con la semplice voglia di riconoscerlo e affermarlo. Sia dal punto di vista registico che autoriale, infatti, Hierarchy emerge come un bouquet ben assortito, in grado di accontentare i gusti di una vasta gamma di spettatori. La regia si limita a seguire e ad assecondare una storia densa di svolte, rivelazioni e personaggi che hanno tutti qualcosa da dire, mantenendo un ritmo costante che crea anche una certa tensione.
Questo è sicuramente dovuto alle interpretazioni del cast, formato da star affermate nel campo che donano intensità alla storia, ma non solo. La bellezza di Hierarchy si può trovare anche nella capacità di equilibrare le parti più drammatiche, serie e tese – che toccano in un certo senso anche dei tabù televisivi per l’Asia, come il sesso e la droga – a quelle più quotidiane, sciolte e tranquille, che ridimensionano la trama al suo essere uno school drama coi fiocchi, in cui gite in bicicletta si alternano a gare su auto da corsa scintillanti e feste tanto esclusive quanto pericolose.
Un valzer di potere e gerarchia
Il centro pulsante di Hierarchy – come si evince dal titolo – è la separazione tra potenti e deboli, tra ricchezza e povertà, ma rivisitata e applicata al contesto scolastico. Certo, non è la prima volta che si mette in scena lo scontro tra il gruppetto dei popolari e quello degli sfigati – passatemi il termine – ma in questo caso la separazione appare assoluta e talmente incastrata nel tessuto stesso della vita scolastica da risultare quasi indiscutibile. Lo stesso spettatore, pur assistendo con un misto di disagio e dubbi, non può non riconoscere le dinamiche che vengono mostrate, perché in generale presenti nei media e nella vita reale da sempre.
Il potere puro e semplice getta bagliori inquietanti nel corso degli episodi, perché capace di far mettere in secondo piano qualunque cosa: amore, amicizia, fiducia. Persino la morte intorno alla quale ruota tutto perde di importanza a volte: se non fosse per la presenza del personaggio di Kang Ha, che lotta per la verità e la giustizia, lo spettatore arriverebbe quasi a soccombere alle logiche di personaggi come Jae-i e Ri-an; lo stesso Kang Ha ci arriva vicino, ma non solo: anche i rapporti genitoriali ne escono avvelenati e indeboliti, perché i figli perdono il loro valore affettivo per diventare pedine nella riconferma del potere.
Le nostre conclusioni su Hierarchy
Hierarchy piacerà molto agli amanti dei k-drama, ma anche a quelli delle serie cariche di tensioni, segreti e sentimenti forti, che non possono non rafforzarsi in un ambiente come la scuola. Tra lezioni, attività sportive, gite e riunioni di classe emerge una piccola perla che insegna quanto la gerarchia sociale sia frutto di adulti troppo assoggettati alle dinamiche del potere per rompere il cerchio e dare priorità a valori più genuini, lezione che spetterà ai giovani dare.
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Hierarchy è un k-drama che non annoia. La regia e la sceneggiatura assicurano una serie che colpisce da più punti di vista. In primis il montaggio che cura i dettagli senza tralasciare l’espressività degli attori, e in secundis una trama accattivante che riesce a racchiudere al suo interno tutto quello che può attirare uno spettatore come un ape con il miele. Grazie anche a un cast talentuoso che incarna bene lo spirito dell’opera, Hierarchy si conferma un teen drama coreano che mette sul piatto sia temi di formazione e di natura più leggera che questioni scottanti, mescolando tutto con sapienza e rendendo il prodotto finale una trovata originale che non risulta mai troppo artificiosa o banale - visto il tema trattato - e rientra nei canoni del genere.