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Home»Film/Serie TV»Sconfort Zone: recensione della nuova serie del Maccioverse
Film/Serie TV

Sconfort Zone: recensione della nuova serie del Maccioverse

Francesca RubinoBy Francesca Rubino21 Marzo 2025Nessun commento7 Mins Read
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Sconfort Zone Recensione
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Si tratta di una delle rivelazioni comiche italiane degli ultimi anni: stiamo parlando di Maccio Capatonda che, emerso dalle nebbie dell’Internet grazie ai suoi trailer ha toccato l’apice della fama con LOL, il game show di Prime Video che vede al centro appunto Il fior fiore della comicità italiana sfidarsi a colpi di gag. Ed è proprio sulla piattaforma azzurra che, a partire dal 20 marzo, Maccio ritorna con una serie TV tutta sua dal titolo profetico: Sconfort Zone. Kaleidoverse ve ne parla in questa recensione spoiler free dopo avervi introdotto i nomi che hanno portato sullo schermo questa serie irriverente.

Alla regia di Sconfort Zone abbiamo Alessio Dogana (Il migliore dei mondi) e Marcello Macchia (Mario), vero nome di Capatonda, che firma anche la sceneggiatura insieme a Alessandro Bosi (Anni da cane) e Mary Stella Brugiati (Ari-cassamortari). La serie è composta da 6 episodi e nel cast figurano Maccio Capatonda, Francesca Inaudi (Kostas), Giorgio Montanini (Nemico pubblico), Valerio Desirò (Hooked), Camilla Filippi (Il processo), Luca Confortini (Omicidio all’italiana), Edoardo Ferrario (Flaminia), Gianluca Fru (Pesci piccoli) e Valerio Lundini (Il più bel secolo della mia vita).

 Maccio è tornato con una nuova aggiunta al suo Maccioverse.

Sconfort Zone: la trama

In questa serie TV Maccio Capatonda interpreta se stesso in veste tragicomica: arrivato all’apice del successo, amato e ricercato da tutti Maccio si rende conto di aver perso l’ispirazione e di non riuscire più a creare, attività fondamentale nella sua carriera di attore, comico, regista e sceneggiatore. L’uomo si interroga a lungo sul motivo che lo ha portato a non avere più la scintilla della creatività e a riconoscere che tutto sommato la sua vita è soddisfacente: oltre ad essere diventato benestante grazie alla sua arte ha degli amici a cui vuole bene, un manager che farebbe di tutto per lui e una compagna fedele con la quale condivide la vita da sette anni.

Non riuscendo a trovare l’origine del suo blocco creativo Maccio si rivolge dunque a uno psicologo di fama mondiale e che lo sfiderà a seguire una terapia anticonformista per smuovere ciò che secondo lui è l’origine della creatività del comico ovvero il disagio. In questo modo prende il via una trama che si snoda per prove bizzarre e stravaganti e al limite dell’impossibile, che stravolgeranno completamente la vita di Maccio e delle persone che lo circondano alla ricerca della creatività perduta ma forse anche di qualcosa di più profondo.

Il comico è in pieno blocco creativo, e solo una cosa potrebbe smuoverlo: il disagio.

La semplicità delle piccole cose

Dal punto di vista registico Sconfort Zone riprende l’impronta dei famosi trailer di Maccio Capatonda e la cosa non deve stupire dal momento che la serie è diretta, scritta e interpretata dallo stesso Maccio Capatonda, nome d’arte di Marcello Macchia e il risultato visivo è semplice ma efficace, con un montaggio senza fronzoli, fluido e anche abbastanza rapido in certi punti e riprese che enfatizzano determinati momenti narrativi, rafforzando l’atmosfera e l’impronta del suo creatore.

Dal punto di vista attoriale e della scrittura invece troviamo un cast di tutto rispetto, che vede al suo interno non solo comici di una nuova determinata linea comica italiana – che parla meno alla pancia e più alla mente – che ricorda un po’ lo humor inglese a parere di chi scrive ma troviamo anche volti noti del panorama cinematografico e seriale italiano come nel caso di Francesa Inaudi e Camilla Filippi. Dal punto di vista della scrittura invece troviamo una storia che conferma quanto usare una struttura semplice come quella del viaggio dell’eroe riesca a rendere al massimo. Insomma, less is more, come direbbe qualcuno.

Sconfort Zone vince perché resta semplice.

Alla ricerca della creatività perduta

Sconfort Zone, oltrepassando la componente comica, quasi effetto collaterale della storia narrata, è un viaggio dell’eroe piuttosto semplice ma non per questo meno d’impatto, in cui l’eroe è ovviamente Maccio che si ritrova a dover affrontare delle prove alla ricerca del suo elisir personale, ovvero l’ispirazione perduta nei meandri della sua vita apparentemente perfetta. Il confronto con la figura dello psicologo e con le persone che lo circondano – amici, familiari e fan – lo aiuta a ritrovare il baricentro e a riallacciare i rapporti con un sé stesso che forse era stato un po’ dimenticato e messo da parte.

Questa ricerca introspettiva porta a chiedersi da dove provenga la necessità di far ridere, da cosa scaturisca la necessità della risata. Nel suo caso la risposta è una: dal disagio. Il disagio che muove le file della comicità di Capatonda e che veicola le sfide che l’attore intraprende nel corso dei 6 episodi, spingendosi sempre più in là, verso la rottura totale di ogni qualsivoglia schema e mostrando la natura degli ingranaggi che muovono le vite di chiunque viva una vita da creativo.

Maccio è un singolare eroe che romperà tutti gli equilibri della sua vita apparentemente perfetta.

Di soddisfazione e disagio

Il disagio gioca una parte fondamentale nella serie TV, un po’ perché a parer mio costituisce le fondamenta della comicità: la necessità di far ridere partendo da situazioni disagevoli o piuttosto stressanti e tristi che creano pesantezza, ma dall’altro lato c’è anche una sorta di metacomicità. La comicità interroga sé stessa in relazione alla creatività e alla vita reale, quotidiana, prima fonte d’ispirazione per chiunque e vero tallone d’Achille per il protagonista.

Maccio, immerso nella sua vita apparentemente perfetta e incartata quasi come un prodotto pubblicitario non trova più lo stimolo alla risata, ed è per questo che deve compiere questo viaggio solitario verso le origini della sua arte, tornando indietro e ripercorrendo involontariamente la sua carriera da comico, per arrivare a trovare le risposte che cercava nella casa paterna, aiutato da uno psicologo sui generis. Il risultato è una risata seguita da qualcosa di più profondo, che però non appesantisce lo spettatore e, anzi, lo fa riflettere col sorriso in volto.

Dietro la storia c’è un’indagine nel cuore della risata.

Le nostre conclusioni su Sconfort Zone

Sconfort Zone racchiude in 6 episodi l’effervescente e spiazzante comicità di Maccio Capatonda e soci. Il comico, che firma regia e sceneggiatura, oltre ad essere il protagonista compie un singolare viaggio dell’eroe alla ricerca dell’ispirazione perduta. Per farlo, dovrà disfare tutto quello che ha creato fino a quel momento, guidato da un maestro Yoda piuttosto singolare e con un segreto alle spalle. A brillare particolarmente in questa serie TV è in ogni caso il cast, che dà voce a una sceneggiatura brillante che incarna completamente il senso dell’umorismo di Capatonda – bizzarro, quasi british, pieno di ironia e sarcasmo. E che fa ridere, ovviamente. Fan di Maccio, siete stati serviti, buona visione!

E ora, come sempre, vi ricordo di lasciare un commento qui su Kaleidoverse o sulla nostra pagina Instagram, che potete seguire per restare aggiornati sia sui nostri ultimi articoli pubblicati che sulle ultime novità in campo cinematografico, seriale, videoludico e d’animazione – a maggior ragione ora che abbiamo attraversato una bella fase di restyiling. Vi lascio, prima di salutarvi, i rimandi ad alcuni dei nostri ultimi lavori: la recensione del tanto atteso live action di Biancaneve, che abbiamo visto in anteprima, un approfondimento su Monster Hunter e la recensione del film Prophecy. Alla prossima!

Sconfort Zone: i pro
  • La narrazione è semplice e d’impatto;
  • La scrittura è profondamente ironica;
  • Il cast è abile nel portare in vita una singolare storia di vita vissuta.
Sconfort Zone: i contro
  • La conclusione della serie si è salvata in un calcio un po’ troppo d’angolo.

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Scrivo. In pratica non so fare altro: sono goffa, timida e secondo qualcuno amo dormire a testa in giù come un vampiro (tranqui però, non sono un criptide).

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