È rimasto l’ultimo baluardo del God Save The Queen britannico, The Crown. Una serie TV campionessa d’incassi che, sorda alle polemiche e alle continue smentite di Buckingham Palace (che ormai a ogni stagione si sporge subito a rimbeccare) ha continuato per la propria strada, svelando finalmente la tanto attesa quinta stagione. In due anni, infatti, i rumor sugli eventi che ci avrebbero propinato sono esponenzialmente aumentati, per poi diminuire d’intensità con la morte di Elisabetta II e tutto ciò che ne è conseguito. Il lutto di una nazione si è quindi tramutato in un gigante punto interrogativo sulle sorti della serie: quando sarebbe uscita The Crown 5 (seguita dalla nostra recensione)?
I fan, in fondo, non hanno dovuto attendere molto: il 9 novembre i nuovi dieci episodi sono stati rilasciati, con tutte le novità e le sorprese che ci si aspettava. In primis il cambio di cast, precedentemente annunciato, sintomo dell’inesorabile avanzare del tempo e l’avvicinamento degli eventi ai giorni nostri; poi il dipanarsi di intrighi di palazzo che oggi sono parte integrante dell’immaginario collettivo, quando si pensa a determinate personalità all’ombra della Corona. Il vociare incessante dei media intorno a vecchi avvicendamenti, fuso con quello più serio legato alla dipartita (reale) della sovrana hanno contribuito quindi a mantenere alta anche la serie.
Non un anus, ma un decennium horribilis
Fin dal rilascio del trailer sapevamo che i nuovi episodi si sarebbero concentrati sugli aspetti scottanti e velenosi degli anni ’90. Oltre a vedere per la prima volta Imelda Staunton (la Dolores Umbridge della saga di Harry Potter) nei panni di Elisabetta, infatti, a colpire è stato sicuramente l’attributo di annus horribilis che proprio la regina decide di affibbiare al 1992, anticipando quello che però si tramuterà in un vero e proprio decennio di declino per la monarchia britannica. Matrimoni in rotta di collisione, scandali di natura privata e pubblica, la sfiducia della popolazione stessa e un mondo sempre più in evoluzione mettono a dura prova il pesante copricapo regale.
Le situazioni spiacevoli che abbiamo visto accumularsi nel corso delle precedenti quattro stagioni, infatti, sembrano raggiungere tutte il proprio punto di rottura, e sembrano farlo tutte insieme, creando un’esplosione non indifferente che muta profondamente gli assetti più intimi della vita della Regina, ponendola di fronte a un bilancio silenzioso del suo operato sia come semplice Elisabetta sia come Elisabetta II. Questo bilancio poi va allargandosi, comprendendo sia altri personaggi che ci accompagnano fin dall’inizio, come Filippo (Jonathan Pryce) e Margaret (Lesley Manville), sia altri, ritornati per dirci addio, come fa il personaggio interpretato da Timothy Dalton.
Il ferro diventa ruggine
Potremmo dire che il filo conduttore di questa quinta stagione di The Crown è la rottura e il superamento del vecchio, del passato, in favore del nuovo e del moderno. Tale linea narrativa viene declinata in ogni aspetto della trama: a partire da Elisabetta e dal suo rapporto con Filippo, passando per le ormai obsolete condizioni dello yacht reale (il Britannia) e soffermandosi su Margaret e su alcune delle cose che non è mai riuscita a superare. Questo, perlomeno, per quanto riguarda la vecchia guardia. Anche la generazione successiva si fa portavoce di tale cesura, soprattutto nelle figure di Carlo e Diana, ma anche in quella della principessa Anna (la sorella di Carlo).
Se, infatti, Elisabetta deve sempre più fare i conti con l’ineluttabilità del suo ruolo di monarca, un ruolo che deve essere granitico e dunque immutabile, la Elisabetta donna si rende sempre più conto di come il mondo vada avanti senza di lei. Il suo stesso marito, Filippo, diventa quasi un estraneo, mentre sua sorella ritorna, rancorosa, portandole il conto di decisioni prese in tempi più felici. Anche le sorti del Britannia non le giovano: lo yacht simboleggia non solo la corona, bensì una corposa compagine di ricordi e di momenti per lei importanti. Ed è a malincuore che decide di separarsene. C’è una profonda saggezza in questo, così come in altre azioni e decisioni da lei compiute.
Un voto infrangibile (solo nei libri?)
Il Britannia non simboleggia solo il passare degli anni. Per usare una metafora marittima, incarna la rotta di collisione di un’altra istituzione: quella del matrimonio. Un’altra concessione della sovrana, dopo averci rimuginato sopra a lungo e con evidente rammarico, è riconoscere la necessità e la libertà di poter porre fine a un matrimonio, se questo non funziona. Una scelta che lei trova inappropriata e sbagliata, perché contravviene alle leggi divine e incarna un punto di vista profondamente tradizionalista, che però deve forzatamente cambiare per non soccombere alla nuova mentalità della fine del XX secolo.
E, anche se il divorzio di Carlo e di Diana è quello ricordato più vividamente dai posteri (anche a causa dello scandalo scaturito, il quale espose la verità sulle frequentazioni del principe di Galles), in quegli anni furono praticamente quasi tutti i figli della regina a dire addio ai propri coniugi per dedicarsi a nuovi amori. Inizia a tramontare così l’aura fiabesca intorno alla famiglia reale, che si infrangerà definitivamente quando Diana deciderà di rilasciare la famosa e citata intervista trasmessa sui canali della BBC. Questa successione di scivoloni contribuì ad avvicinare la famiglia reale alla società britannica, nonostante la regina si fosse sempre dimostrata restia nei confronti di questo avvicinamento alla gente.
Sguardo d’angelo, spada affilata
Se la regina ha sempre tenuto molto a mantenere il distacco nei confronti dell’emotività e della gente (almeno in pubblico), stessa cosa non è possibile dire di Diana Spencer. Non diciamo niente di nuovo: i giornali andarono a nozze con l’evidente contrapposizione caratteriale delle due donne, definendo la più giovane la “principessa triste”. Qualunque fosse la verità, è vero che Diana era acclamata dalla gente, in lei vedeva una donna empatica e sensibile. La sua popolarità in più di un’occasione finì per oscurare la presenza del consorte, che avrebbe dovuto invece essere la predominante agli occhi della società, in quanto futuro re.
Eppure, Carlo viene rappresentato in The Crown come un uomo con un potenziale inespresso e con le ali tarpate, costretto in un ruolo che in fondo non desidera e ribelle nei confronti delle regole. Probabilmente la volontà di oltrepassare il protocollo regale è l’unico vero punto in comune che i due coniugi abbiano mai davvero avuto. E quando il principe cerca di riprendersi quanto gli spetta in quanto figlio della regina ed erede al trono, non solo scatena le ire dei genitori, ma anche la vendetta fiammeggiante e sottile di Diana, che si concede alle videocamere e ai giornalisti, scoprendo gli altarini e togliendosi qualche sassolino dalla scarpa.
Poco prima del precipizio
Nonostante il focus sia proprio sulla parte più succulenta della storia dei Windsor, la quinta stagione si ferma poco prima della grande tragedia che ha – purtroppo – affidato Diana alla memoria popolare. Questa scelta potrebbe essere frutto di pura e semplice strategia: ci si aspettava il climax della tensione, e nel corso degli episodi vediamo inserirsi gli Al-Fayed, il quale ha consolidato l’attesa per l’epilogo del volo di Icaro della principessa di Galles. Nonostante questo, però, la stagione finisce con un implicito cliffhanger: la promessa di un’altra storia d’amore dai risvolti drammatici, che terrà sulle spine gli spettatori fino alla sesta stagione, che sarà anche l’ultima della serie.
Se c’è un freno nei confronti del futuro, lo stesso non può essere detto del passato. The Crown 5 è la prima stagione a presentare un ritorno di cast nei flashback. Badate bene: i ritorni al passato non sono la novità in sé, bensì il ritorno di alcuni attori nei loro vecchi panni per girare delle scene inedite (un esempio su tutti è Claire Foy). Inoltre, le nuove passioni del principe Filippo, unite ai cambiamenti dell’assetto politico mondiale, ci catapultano all’inizio del ‘900, dandoci modo di riscoprire antichi legami familiari e culturali con un passato ormai lontano ma ugualmente doloroso.
Uno sgambetto alla monarchia
Le cronache recenti hanno esposto una scomoda verità, che la serie riprende e affronta con spietatezza: a essere obsoleti non sono soltanto i nostri protagonisti in quanto persone; a essere obsoleta, vecchia e decadente è la monarchia stessa. I sovrani britannici sono visti un po’ come una sorta di ultimo baluardo di questa forma di governo, dunque oggi come ieri venti troppo progressisti non sono accolti con entusiasmo. Se a ciò aggiungiamo che effettivamente l’inizio del capovolgimento politico risiede proprio nell’erede al trono – serpe in seno in questo frangente – capiamo quanto fragili siano in realtà gli equilibri che reggono il sistema.
Episodio dopo episodio gli spettatori hanno infatti imparato regole e protocolli di un meccanismo pressoché autosufficiente il quale deve affidarsi costantemente a quanto gli accade intorno, e discriminare di conseguenza. Quali cambiamenti sono opportuni, e quali invece diminuirebbero l’incisività della voce sovrana? Per certi versi, il cammino della monarchia di Elisabetta ricorda vagamente quello del rompicapo riguardante la nave di Teseo. Se si sostituiscono infatti tutti i pezzi con dei nuovi componenti, avremo di fronte a noi la stessa imbarcazione, alla fine? La recente ascesa al trono di Carlo (nella vita reale) ce lo dirà.
Versioni nebbiose dei fatti
La possibilità che dà The Crown non è poi così scontata: quella di poter vedere oltre lo spioncino e di impicciarsi negli affari privati di incarnazioni di rigore e perfezione. Se i vari gossip di palazzo sono veri, infatti, tutto quello che è stato somministrato alla stampa nel corso di questi anni è incompleto, e guardare The Crown è un ottimo modo per mettere a posto i pezzi mancanti. Non solo abbiamo avuto la possibilità di assumere nuovi punti di vista – quello di William è particolarmente significativo, inedito e sconvolgente – ma anche di osservare nel complesso l’agire dei personaggi.
Il colpo d’occhio d’insieme non pregiudica il giudizio – sempre spietato – di chi si ritrova a guardare la serie. Ed essendo The Crown prima di ogni cosa una serie TV storica, l’imparzialità della narrazione è fondamentale. Probabilmente in questo caso specifico non sapremo mai effettivamente se sia stata raggiunta – in molti sostengono come tutto quello che abbiamo visto sia una versione romanzata degli eventi – ma gli sceneggiatori si sono certamente sforzati per regalarci scene che normalmente non avremmo mai immaginato. Non è tutto oro quel che luccica: anche Diana ha le sue ombre, di cui Elisabetta sembra rendersi conto quando è ormai tardi.
Le nostre conclusioni The Crown 5
L’anno prossimo vedremo la definitiva conclusione del regno di Elisabetta anche nella realtà televisiva. E possiamo attendere con serenità l’arrivo delle ultime battute di The Crown, perché nonostante la serie corra sempre sul filo del rasoio, riesce comunque a restituire al pubblico una storia fresca, coinvolgente e più torbida di quanto appaia guardando il trailer. Crea dipendenza, e bere il tè caldo durante queste giornate fredde assumerà tutto un altro significato, se lo farete guardando la regina affermare la propria influenza e riconoscere le proprie colpe, come accade durante questi ultimi dieci episodi di The Crown 5.
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The Crown 5 profuma di nuovo inizio, anche se è la prosecuzione naturale degli eventi già trascorsi. C'è una bellissima e profonda naturalezza nel modo in cui il nuovo cast affronta il decennio degli scandali di palazzo e le sbandate di una monarchia che sembra giunta quasi al suo capolinea. In un'atmosfera pregna di tensioni, di delusione e di tardi ripensamenti, alcuni personaggi ci salutano e altri arrivano per reclamare il loro nuovo posto nella serie. Imperturbabile e imperitura resta solo la corona, la quale si rivela essere un pesante fardello non solo per la sovrana, ma anche per tutti quelli che si riposano sotto la sua sfaccettata ombra.