Wes Anderson è sicuramente tra i registi più peculiari di tutto il panorama cinematografico moderno. Non è difficile riconoscere il suo stile anche solo da uno sguardo, dalla composizione delle scene al come racconta la storia. Tutti questi elementi sono sempre molto curati dal regista, e la passione con cui fa il suo lavoro è percepibile istantaneamente. The French Dispatch non fa altro che mostrare l’amore di Anderson per il giornalismo, attraverso il suo amore per il cinema. La raccolta di vignette che vanno a comporre gli articoli del giornale è fortemente stilizzata, con un cast d’eccezione, e uno stile deliziosamente inconfondibile. Noi abbiamo avuto modo di vedere il lungometraggio in uscita nelle sale italiane l’11 novembre in anteprima, e in questa recensione senza spoiler vi riporteremo le nostre opinioni.
Un reporter in bicicletta
La prima delle vignette citate poc’anzi è forse la più semplice e diretta. Owen Wilson, nei panni del reporter Herbsaint Sazerac, ci racconta di una piccola cittadina, Ennui, a bordo della sua bicicletta. Il tour della località va a mostrarci come questa sia cambiata nel tempo, ma come, nonostante ciò, non sia cambiata affatto. Le sue parole vanno a mostrare la città sotto un riflettore per niente edulcorato, che nonostante la quasi poesia del suo racconto non si risparmia di mostrare anche le numerose imperfezioni del posto; rimane però impossibile non essere affascinati da tutto ciò, rendendo il breve racconto perfettamente efficace nella sua semplicità.
Forse il modo migliore di iniziare questo film antologico. Un pezzo breve, che ci mostra la maniacale cura nei dettagli di Wes Anderson, andando a riprendere praticamente tutte le sue abitudini alla regia. La composizione delle scene è quasi impeccabile, con un controllo da parte del regista che è impossibile non notare in ogni movimento di camera. Tutti gli attori e movimenti in scena fanno parte di una grande coreografia che decisamente lascia senza fiato, mostrando alla perfezione lo stile dell’autore in tutte le sue molteplici sfaccettature. Breve, d’effetto, perfetto per dare il via al film e le scene che la seguiranno.
Un artista folle
Segue una vignetta dedicata al mondo dell’arte. L’articolo è scritto da J.K.L. Berensen, interpretata da Tilda Swinton, e parla di Moses Rosenthaler, interpretato da Benicio del Toro, un uomo chiuso in carcere per un duplice omicidio. All’interno di quelle mura, grazie alla sua musa, la secondina Léa Seydoux, l’uomo produce delle opere d’arte che attraggono l’attenzione di Julien Cadazio, Adrien Brody, un mercante d’arte che si pone come obiettivo rendere Moses famoso in tutto il mondo dell’arte. Decisamente non il piano più semplice possibile, tenendo in considerazione l’instabilità dell’uomo dietro le sbarre.
Dopo la breve introduzione, la vignetta dedicata al mondo dell’arte è decisamente interessante. Si inizia già a notare grazie ai diversi interpreti la scelta stellare di cast fatta dal regista. Moses è un artista per cui è impossibile non mostrare interesse, e la passione di Julien per le sue opere, spesso forse esagerata per poterle appunto vendere, non fa che aumentare l’interesse per le sue creazioni. Il tutto è perfettamente stilizzato, alternando i colori al bianco e nero, e il racconto della scrittrice ci permette di seguire la storia del tormentato artista senza distrarci troppo dalle composizioni immacolate di Anderson.
Un manifesto per degli studenti
A seguire, la sezione dedicata alla politica. Lucinda Krementz, Frances McDormand, segue il giovane Zeffirelli, uno studente a capo di una rivolta interpretato da Timothée Chalamet. Nonostante la giornalista mantenga un minimo di distanza dalla rivolta per rimanere imparziale il più possibile, notiamo subito l’interesse della donna per i giovani e la loro lotta. Zeffirelli è un leader interessante da seguire, e seppur non sia la guida più carismatica possibile per il giovane movimento, è decisamente accattivante seguirlo attraverso il racconto di Lucinda, cronista di questa piccola rivolta per le strade di Ennui.
A metà tra cinema e teatro, questa vignetta è un ottimo intermezzo che ci porta in mezzo a un gruppo di giovani studenti nel pieno del loro sviluppo. Il modo in cui le scene si animano, i racconti dei protagonisti, è quasi impossibile non pensare ad una rappresentazione teatrale. Ma nonostante tutto è perfettamente chiaro che si stia vedendo un film. L’impronta del regista permea tutte le scene, facendo sì che questa composizione, incredibilmente artificiale ma comunque genuina, risulti perfettamente godibile, come le due vignette che l’hanno preceduta.
Un pasto con il commissario di polizia
L’ultima delle tre vignette principali che compongono The French Dispatch è un pezzo che apparentemente dovrebbe parlare di cibo. Jeffrey Wright interpreta Roebuck Wright, un giornalista che per l’appunto è specializzato nel parlare di cibo. Il racconto è fatto attraverso un set televisivo, in cui Roebuck parla della sua esperienza avuta durante una cena privata con il commissario di polizia di Ennui, e il suo famoso chef, Nescaffier, interpretato da Stephen Park. Ci è chiaro sin da subito che il tutto non si fermerà solo a una normale cena, portandoci a seguire il giornalista in una ben più grande sequela di avvenimenti sempre più incredibili. Un contorno perfetto per il pasto.
Le vignette si chiudono con questa, forse tra le tre la più particolare. Oltre alla solita composizione immacolata di Anderson, vediamo anche una sequenza animata. Il regista non è decisamente nuovo all’animazione, ma questa non è in stop motion, come i suoi precedenti Fantastic Mr. Fox e L’isola dei cani. L’animazione in tecnica tradizionale serve a chiudere le vicende della serata, e lo fa in una maniera che non può che rimanere impressa, esasperando lo stile tipico del regista grazie al controllo possibile solo tramite l’animazione.
The French Dispatch e la conclusione
The French Dispatch è un film che racchiude alla perfezione tutte gli stili e le passioni di Wes Anderson. Un lavoro fantastico, che non può che stregare gli amanti del lavoro del regista, e gli amanti del cinema in generale. Il grande cast scelto per interpretare i personaggi, anche nei ruoli minori lascia delle performance ottime, che accompagnano alla perfezione tutta la visione. Nella cura maniacale del regista per le sue composizioni è praticamente impossibile trovare delle pecche, rendendo le due ore di visione un fantastico viaggio attraverso diverse facce del giornalismo. Sicuramente consigliato per chiunque ami i lavori di Anderson, e per chiunque ami la Settima Arte a tutto tondo.
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The French Dispatch è la perfetta sintesi di tutto ciò che Wes Anderson ama. Un viaggio tra arte, politica e cibo, attraverso le lenti del giornalismo, cinema e teatro, toccando anche l'animazione. Una raccolta perfetta che è l'ottima somma del lavoro del regista. Decisamente consigliato per tutti gli amanti del cinema, e per chi è appassionato del lavoro di Anderson.