Red Notice, Il nuovo blockbuster targato Netflix, si apre col tentativo di una rapina da parte di un ladro spiritoso noto come Nolan Booth (Ryan Reynolds). Le tracce sono seguite dall’agente dell’FBI Johnson Hartley (Dwayne Johnson), con i due che si ritroveranno all’interno del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, nella nostra capitale Roma. Booth ha intenzione di rubare un uovo egiziano da 18 carati, ma l’inestimabile artefatto è già stato portato via. Per dimostrarlo, Hartley versa una lattina di coca cola sulla versione contraffatta posta alla mercé di tutti gli spettatori della mostra. La lacca dell’oro finto si dissolve sotto il liquido corrosivo, lasciando in giro nient’altro che spazzatura arrugginita. Nessuna scena in questo goffo film d’azione esemplifica meglio quanto sia vuota questa nuova pellicola Netflix dello scrittore e regista Rawson Marshall Thurber. Con un trio di presunte star del cinema che mancano del brio o del carisma richiamato a gran voce dall’apparenza dei personaggi che interpretano, Red Notice è un’altra offerta visivamente orribile per costruire un franchise sul retro di sequenze d’azione incredibilmente noiose.
Prendendo spunto dai grandi classici di Indiana Jones, il plot di Red Notice è spinto dalla mitologia degli antichi manufatti e dall’avidità che attraggono. Secondo la tradizione di questo film, più di 2000 anni fa il generale romano Marco Antonio ha regalato al suo amore, la regina egiziana Cleopatra, tre uova d’oro. Dopo la loro morte congiunta per suicidio, i tre gettoni furono dispersi. Uno si stabilì nel Museo Nazionale, un altro è nelle avide mani di un collezionista privato e il terzo è andato perduto da innumerevoli secoli. Un miliardario egiziano vuole riunire le uova per il matrimonio di sua figlia ed è disposto a pagare un sacco di soldi pur di riuscirvi. Hartley rischia di sventare la trama, finché non viene incastrato come un ladro da un misterioso criminale di nome The Bishop (Gal Gadot) la quale, nella speranza di poter ristabilire finalmente il suo nome, dovrà trovare le tre uova e arrestare Booth. Chi avrà la meglio? Ve lo spieghiamo in questa recensione di Red Notice.
Fumo
Nonostante Red Notice parta col nobile scopo di fornire ai tre personaggi principali una storia d’origine congegnata, i loro sfondi risultano poco brillanti. Hartley e Booth si rivelano avere alle spalle un’infanzia altrettanto tragica, derivante da padri terribili. Ma i prolissi riassunti delle loro vite sono così banali che non forniscono alcun ramo emotivo a cui il pubblico possa aggrapparsi. Né sono divertenti. L’improbabile coppia finisce per essere legata da una causa comune, ma vi è l’assenza totale di legami empatici tra colui che guarda e ciò che avviene a schermo. Mentre affrontano la spietata Bishop, la loro improbabile collaborazione stride sotto una sceneggiatura piena di terribili dialoghi. Siamo di fronte all’ennesima opera che cerca di abbindolare gli spettatori col concetto del “Siamo opposti, ma in realtà non siamo così diversi“. E andrebbe anche bene, se funzionasse un minimo.
La sceneggiatura di Thurber prende spunto da un compendio di riferimenti cinematografici per assemblare gli eventi del film. Tutto ciò che riguarda i loro incontri e le interazioni con Bishop, evitando un agente dell’Interpol inseguitore, l’ispettore Das (Ritu Arya), deriva da un linguaggio visivo familiare. Una festa in maschera vede Hartley e Bishop impegnati in un tête-à-tête sulla pista da ballo. I loro corpi avvolti l’uno intorno all’altro, nei movimenti seducenti del tango, hanno lo scopo di evocare le dinamiche di potere sensuale al centro di True Lies. Tra la notevole struttura muscolare di The Rock e la faccia più rigida di Gadot, è reso come un’ombra asessuale di quel film. Ci sono altri riferimenti pesanti a opere come Il Gladiatore, Le Iene e chissà quanti altri. Alcune di queste odi ammiccano. Altre sono inclusioni blasfeme in una pellicola così cinematografica quanto in bancarotta. Ogni riferimento ricorda solo agli spettatori esperti cosa non è riuscito a essere Red Notice. Un film.
Prese in giro
A livello artigianale, siamo di fronte a delle mere prese in giro. Il direttore della fotografia Markus Förderer si affida al widescreen, un formato che in teoria dovrebbe far rendere al meglio un film d’azione sviluppato in più location attorno al mondo. Ma l’ampia tela di Red Notice è composta da vernice a basso costo: l’uso costante di fondali CGI si traduce in una volgare illuminazione marrone. Le località – Roma, Russia, Londra, Egitto, ecc. – sono indistinguibili l’una dall’altra. Le composizioni sono ugualmente prive di fantasia, portando a sconcertanti angolazioni della telecamera e nauseanti movimenti della stessa durante i combattimenti. Il formato widescreen è una presa in giro che non riesce mai a sbocciare nel fiore tanto atteso.
Con la star di Deadpool Ryan Reynolds nell’ovile, insieme al background comico di Thurber la verve ironica e divertente di Red Notice sarebbe dovuta essere cosa buona e giusta sin dal principio. Purtroppo, il personaggio interpretato dall’attore cade fin da subito nello stereotipo sarcastico e familiare, con Johnson e Gadot che gli girano attorno come dei poveri partner atti a sostenere le sue buffonate di improvvisazione. Insomma, non sono in alcun modo divertenti. Johnson non può respingere i riferimenti tesi di Reynolds a Instagram, iPhone e social, mentre Gadot sembra quasi non avere i tempi comici adatti all’opera. L’apice della risata di Red Notice viene toccato nel momento in cui The Rock viene speronato da un tristissimo toro in CGI nel bel mezzo di un Colosseo. Esilarante, certo, ma solo perché a quel punto vi ritroverete a tifare per il toro, e non per i protagonisti.
Le nostre conclusioni su Red Notice
Né il film, né la sceneggiatura, né gli attori forniscono alcun motivo per preoccuparsi di questi personaggi o di questa trama. Che importa se raggiungono tutte e tre le uova? Il mondo non è sull’orlo del baratro. Nessun governo viene danneggiato. La vita di nessuno è in pericolo. Invece, Red Notice è semplicemente un preambolo incoerente, un veicolo stellare in cui la qualità è secondaria rispetto alla produzione di un trampolino di lancio del franchise. L’opera alla fine si snoda verso una leggenda che coinvolge il mercante d’arte di Hitler, con un inseguimento in auto ambientato sottoterra, incrostato di orribili effetti visivi. Il gran finale è così improbabile che l’incomprensibile logica della sceneggiatura necessaria per venderlo fornisce un colpo di frusta che induce il coma.
Thurber vuole fare affidamento sul sex appeal del trio centrale di Red Notice, ma mettere attori così poco interessanti al centro della storia è un enorme bivio. Il film dovrebbe sembrare immenso, ma la colonna sonora scadente e l’eccessiva dipendenza dagli effetti visivi fanno sembrare l’intero progetto davvero minuscolo. I recenti Army of Thieves e, adesso, Red Notice sollevano entrambi la questione secondo la quale bisogna comprendere come i dirigenti abbiano potuto dare il via libera alla produzione di questi film Netflix. Più che altro, vien difficile constatare se abbiano qualche idea di cosa renda coinvolgente il cinema, o di cosa serve per creare storie che rimangono nel cuore degli spettatori in modo che tornino ancora e ancora. Invece, per l’ennesima volta, Red Notice ci dimostra come la piattaforma sia bravissima a spendere un sacco di soldi per l’oro dei pazzi, al solo scopo di raggiungere quello splendore a breve termine che si sfalda quando ogni nuovo progetto viene finalmente mostrato al pubblico. Magari sarebbe meglio prendersi una pausa per concentrarsi verso la speranza di portare contenuti migliori, e non solo grandi nomi? Ai posteri, l’ardua sentenza. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rimandandovi a Kaleidoverse e al nostro canale Telegram per rimanere sempre aggiornati.
Red Notice è un film che partiva sicuramente col favore del pubblico, vista la presenza di tre attori conosciuti in tutto il globo come Dwayne Johnson, Gal Gadot e Ryan Reynolds, ma ha finito col diventare schiavo dei suoi stessi protagonisti. La storia nella quale veniamo immersi non ha praticamente mordente, lasciando nello spettatore una sensazione di vuoto, arrivando quasi a farlo pensare di aver perso del tempo prezioso che avrebbe potuto spendere facendo altro. La massiccia presenza di CGI va poi a rovinare anche quelle scende di azione estrema che, se fossero state realizzate con la giusta dose di realismo, avrebbero aiutato sicuramente l'opera a migliorare almeno sotto questo punto di vista. Netflix perpetua nella sua speranza di produrre blockbuster in grado di arrivare nel cuore di chiunque richiedendo un mero sforzo monetario, ma i film vanno comunque girati e portati a schermo nel modo consono. Specialmente nel momento in cui ti prendi la responsabilità di ingaggiare degli attori così famosi. Insomma, non ci siamo per niente.