Sony, Nintendo e Microsoft hanno il predominio sull’industria videoludica, è un dato di fatto. Eppure, nonostante continuino a uscire nuovi giochi per nuove console – la PlayStation 5 è l’esempio più lampante di questi tempi – sarebbe sbagliato non considerare anche la presenza delle piattaforme mobili nel campo dei videogiochi. Da un lato, perché gli emulatori delle vecchie console portatili sono sempre più diffusi, dall’altro, molto semplicemente, perché i giochi per smartphone ci sono, e sono pure tanti. Non parliamo solo e soltanto di passatempi come Candy Crush e simili, ma di una vera e propria ondata di giochi indie che stanno riscuotendo molto successo su Android e iOS.
I motivi sono molti – e alcuni li elencheremo sotto parlando di Pokémon Go. La maggior parte dei giochi per smartphone sono gratuiti – gli acquisti in-game sono opzionali – e, cosa più importante, sono alla costante portata degli utenti, che non devono fare altro che allungare la mano nella tasca per recuperare lo smartphone e giocare. In alcuni casi, inoltre, si tratta di opere multipiattaforma – come GWENT, il gioco tirato fuori direttamente dall’universo di The Witcher, disponibile per PC, console e per smartphone – che rendono gli utenti sempre connessi e in grado di giocare ovunque e in qualunque momento essi vogliano.
Pokémon GO: a passo coi tempi
Ne sono passati di anni da quando i bambini di tutto il mondo hanno potuto mettere le mani su Pokémon Rosso e Verde. La tecnologia ha macinato chilometri, diventando sempre più sofisticata e sorprendente, e i mostriciattoli giapponesi universalmente conosciuti – i Pokémon – si sono evoluti con essa, moltiplicandosi insieme agli allenatori e alle regioni esplorabili. Sicuramente uno dei punti di forza del franchise videoludico è sempre stato la possibilità di giocare ovunque e di connettersi con altri giocatori – Game Freak ha sempre prediletto console portatili come Gameboy e Nintendo.
Queste caratteristiche sono state mantenute e implementate quando, nel 2016, Niantic ha lanciato Pokémon GO, una versione molto più concreta e personale che trasforma il mondo reale in un enorme campo da gioco. Il gioco è disponibile su smartphone e ne abbiamo già parlato in questo articolo. Sicuramente tra i vantaggi che questa versione offre c’è la possibilità di avere i nostri Pokémon sempre con noi e il fatto che, tolti gli acquisti in-game, si tratta di un’app gratuita che conserva i pregi dei suoi predecessori unendoli però alla mentalità di oggi, che punta a una sempre maggiore personalizzazione e strizza l’occhio ai fan adulti dei videogiochi, che potrebbero avere poco tempo da passare davanti a una console. Ma non è solo Pokémon GO a seguire questa mentalità.
Genshin Impact: “vieni qui, avvicinati a me…”
Io e Genshin abbiamo da poco raggiunto il traguardo dei primi sei mesi di relazione. Un vero e proprio record per i miei standard, che passo più tempo a disinstallare giochi che non a giocarci. In realtà Genshin Impact aveva attirato la mia attenzione molto tempo prima. Tuttavia, la mia proverbiale pigrizia faceva a cazzotti con l’enorme quantità di testi in inglese. È quando venni a sapere che lo avrebbero tradotto in italiano che mi sono lasciata convincere dalla grafica… E dalla sigla della D’Avena.
Non sono una grande videogiocatrice e buildare i personaggi non è il mio forte – soprattutto quando ce n’è quasi un infinità a disposizione – ma la possibilità di esplorare l’enorme mondo di gioco e allo stesso tempo vivere un’avventura con una trama ben precisa mi affascinava, probabilmente perché mi ricorda The Legend of Zelda. Ogni regione esplorabile è ben distinta dalle altre e ricca di personaggi interessanti, con caratteristiche specifiche e una lore tutta da scoprire alle spalle. Finché Teyvat avrà delle nuove sorprese in serbo per me, la mia relazione con Genshin Impact è perfettamente al sicuro.
Fallout Shelter: l’odore dell’atomica al mattino
Me lo ricordo come fosse ieri: era una notte dell’ormai lontano 15 giugno 2015, e durante lo showcase di Bethesda dell’E3 dello stesso anno viene presentato in pompa magna Fallout 4. Con occhi assonnati e piangenti vedo di fronte a me l’annuncio finale di un seguito a cui mai pensavo sarei riuscito a mettere mano in vita mia (se non al massimo dopo altre tre generazioni di console). Todd Howard, per ingannare l’attesa e intrattenerci mentre ci prepariamo al paradiso post-atomico, rilascia proprio durante lo show Fallout Shelter, un gestionale di un vault a immagine e somiglianza del giocatore. Peccato che, essendo un possessore di un cellulare Android, dovetti aspettare altri due mesi.
Dopo averlo atteso con fatica e scaricato, ho abbracciato Fallout Shelter con tutte le caratteristiche che poteva avere ogni capitolo di Fallout che si rispetti: fantasie post atomiche, retrofuturismo, pip boy, tanti easter egg e bug come se piovesse; è stato subito amore. Sul gestionale mobile il “sovrintendente” (in questo caso il giocatore) può creare il vault a sua immagine e somiglianza, e tutto (sempre nei limiti del gioco stesso) è lecito. È possibile rendere il rifugio un centro di accoglienza e poi far perire gli abitanti all’esterno, così come è possibile accettare ogni abitante entro un tempo limite e non farli mai uscire; anche l’incesto è consentito senza incappare in eventuali spiacevoli ripercussioni.
Casa dolce casa
Arriva novembre e Fallout 4 viene finalmente rilasciato su console e PC. Il rifugio tascabile in quel momento era stato accantonato, ma mai abbandonato del tutto. In pochi mesi, però, la situazione si ribalta ulteriormente, e la community (me compreso) abbandona l’attesissimo titolo su console per le altissime aspettative non rispettate. La Boston postatomica del quarto capitolo della serie Bethesda viene accantonata dalla nostra ignota cittadina americana: non è cambiato nulla da giugno, a parte qualche rintocco ed easter egg in più, e continua a non risolvere i problemi che porta con sé.
Sono trascorsi ben 8 anni e mezzo da allora, e le cose sono ancora rimaste tali. Gli aggiornamenti avuti nel suo corso vitale son di contorno, come festività e occasioni dedicate, e la varietà di cose da fare (come esplorare all’improvviso un edificio nella zona contaminata) dimostra lacune. E ciononostante, dopo ben tre mie campagne improvvisamente cancellate per conflitti di dati, il gioco continua ad essere il mio passatempo personale preferito e non solo. Il gioco attualmente vanta oltre 50 milioni di download (solo su Android) e quasi 3 milioni di recensioni totali, dimostrando l’attaccamento della sua “piccola” (per così dire) ma attivissima fanbase.
Quindi perché è bene ricordarsi di Fallout Shelter, nonostante non sia stato chissà che fenomeno oltreoceano? Il gioco mobile Bethesda non ha contribuito a nulla: non ha fatto crescere di notorietà il genere su mobile, tantomeno evolverlo, e non ha nemmeno scritto una pagina indelebile del gaming su cellulare. Fallout Shelter va bensì apprezzato per quello che è: il ritratto di un fenomeno passeggero durato più del dovuto che, nel bene e nel male, convince ancora la sua fanbase per la sua elevata assuefazione. E soprattutto continua a convincere me, un piccolo sovrintendente con gravi e costanti problemi di accoglienza di abitanti da incastrare nel suo “stretto” vault.
E voi, cosa ne pensate? Conoscevate già questi giochi? Ci avete mai giocato? Se volete, fateci sapere la vostra opinione lasciando un commento qui su Kaleidoverse o sui nostri social (Instagram, Facebook e Telegram), dove potete anche seguirci per tenervi sempre aggiornati sulle prossime uscite. Ne approfitto per invitarvi, se vi è piaciuto questo articolo, di sostenere Kaleidoverse condividendolo sui social con i vostri amici. Alla prossima!