Partendo dal presupposto che l’età della maggior parte degli “Internet users” vada dai 35 anni, circa, in giù, vorrei iniziare questa recensione facendo fare un viaggio nel passato a ciascun lettore. Chiudete gli occhi, immaginate di essere tornati alle elementari e che stiate per uscire da scuola, in tutta fretta e volenterosi di correre a casa. Portando nel cuore la speranza che dopo mesi e mesi di titoli scam, Goku possa finalmente abbattere Freezer per porre fine alla minaccia su Namecc. Pensate ora a ciò che seguiva la classica puntata di Dragon Ball Z, quindi alle due possibilità presenti in quegli anni su Italia 1: Futurama e i Simpson. Prendete in esame la seconda, sfogliando l’infinito album dei ricordi su tutti gli episodi che i vostri occhi avranno visto passare, a quei tempi. Vi chiederete, dunque, cosa c’entrino i Simpson con una recensione del gioco Honey, I Joined a Cult. Lasciatemi spiegare.
Una delle mie puntate preferite, se non quella che reputo più riuscito a livello di trama, vede Marge, Homer, Lisa, Bart e Maggie alle prese con un’avventura insolita. Giunge a Springfield questa setta di fanatici religiosi, chiamata i Movimentariani, che tramite il suo Leader e due soli adepti cercano di compiere il lavaggio del cervello su tutti gli abitanti con una serie di proseliti. Promettono una vita migliore, più giusta e felice, con la possibilità di usufruire di un “prendere o lasciare“. In sunto, nessuno è costretto a rimanervi a vita una volta entrativi, ma si potrà sempre abbandonarla in qualunque momento. O almeno questa è l’apparente slogan della setta. Ebbene, Honey, I Joined a Cult tratta proprio di questo: sarete posti a capo del culto da voi ideato fin dalle fondamenta. Sarà compito vostro sceglierne tutti i dettagli, dalla forma dell’essere adorato, ai vestiti dei seguaci. Insomma, non avete sempre sognato di creare un movimento da fanatici nel quale il vostro animale domestico viene venerato come un Dio?
Padri, padroni ma sottoposti
L’opera di Team17 parte da un principio molto semplice: lasciar libera immaginazione al giocatore, sfruttando gli strumenti che gli vengono messi a disposizione. Si potrebbe quasi definire Honey, I Joined a Cult come “la sandbox della quale non sapevamo di avere il bisogno, fino a quando non l’abbiamo avuta tra le mani“. È una di quelle sensazioni che si possono provare giocando per la prima volta a opere eccentriche e fuori dal mondo come Goat Simulator. Quando, cercando di essere concreti, non si riesce a spiegare il motivo per il quale ci si trova tra le mani un prodotto del genere, eppure staccarsi risulta impensabile. Comunque, diversamente da Minecraft o qualsiasi altro titolo che fanno di questa libertà d’azione il loro punto di forza, stavolta avremo a disposizione degli spazi più ristretti.
Di fatto, per quanto Honey, I Joined a Cult possieda delle affinità con una sandbox, è bene sottolineare come la varietà di decisioni è circoscritta a quelle proposte dagli sviluppatori. A primo impatto infatti ci troveremo di fronte a un’opera che nella fase di creazione iniziale della nostra personalissima setta sembrerà quasi lasciarci carta bianca. Avremo modo di deciderne il nome, il titolo che da Leader ci porremo, come chiamare i nostri seguaci, la stanza dedicata all’adorazione del Dio e il Dio stesso. Non vi nascondo che le prime tre ore passate su Honey, I Joined a Cult mi hanno visto alle prese con l’ideazione dei culti più svariati e ai limiti del sensato. Addirittura, il gioco ci offre la chance di disegnare il nostro Venerato, rendendo la fase iniziale tra le più goliardiche ma anche intuitive e funzionali mai realizzate. Il problema è che, una volta messo piede nell’opera effettiva, le cose assumono un sapore diverso. È qui che entra in gioco il nostro secondo termine di paragone: The Sims.
Il mancato assolutismo di Honey, I Joined a Cult
Quando mi sono approcciato per la prima volta al trailer di Honey, I Joined a Cult, nonostante lo stupore e l’intrigo che ne è conseguito, sentivo un certo sapore di già visto. E no, non mi riferisco alla puntata dei Simpson della quale abbiamo parlato all’inizio, quella era più una sensazione di rimando. Vedendo la presenza di un numero contingente di personaggi da gestire, col bisogno fondamentale di mantenerli tutti sulla stessa lunghezza d’onda per evitarne il malcontento, l’idea di trovarmi di fronte a un gioco simil The Sims si è fatta sempre più forte. E di fatto, una volta superata la fase di creazione e un tutorial meravigliosamente esplicativo nella sua semplicità, quella che era solo un’ipotesi ha trovato un’amara conferma. Honey, I Joined a Cult è un’opera che non riesce a trovare un suo posto nel mondo poiché cerca di farlo attingendo a piene mani da simulatori di vita affini. Non che sia un dramma, ma un progetto con un’idea così peculiare e imprevedibile, forse, meritava di poter raggiungere quello stato di assolutismo nel genere di appartenenza.
E invece, ci troviamo di fronte a quella che sarebbe potuta essere tranquillamente la prossima espansione di The Sims 4. Team 17 non è riuscita nell’impresa di rendere Honey, I Joined a Cult l’unicum che avrebbe meritato di essere. La gestione della setta, partendo dalla creazione delle varie stanze fino al sistema di gestione dei personaggi è pressoché identica a quella dell’opera di Electronic Arts. Ogni seguace possiede le proprie caratteristiche, l’umore che sale e scende in base alle circostanze, la necessità di svolgere una mansione giornaliera e, visto il tema del gioco, di dedicare del tempo a pregare per il Dio. Per quanto riguarda voi, da guida del culto, avrete il compito di gestire la setta sotto tutti i punti di vista. Dovrete, in sintesi:
- Espandere il culto, partendo dal reclutamento di nuovi adepti, facendo in modo che le finanze aumentino esponenzialmente giorno per giorno.
- Costruire un luogo contraddistinto da camere da letto, ipnotiche, templi e monoliti.
- Inviare seguaci per diffondere il verbo del vostro Dio, o semplicemente per recuperare certi materiali.
- Resistere alle minacce di Governo, polizia e alle proteste dei manifestanti che si accalcheranno alle porte della vostra casa.
- Scegliere il destino del vostro culto, che si tratti di un’apocalisse a base di fiamme e devastazione, o della discesa tra gli umani del Comandante dei Calamari (o qualunque sia il nome che avrete deciso di affibbiare al Venerato).
Un’occasione inaspettata
Doveste riuscire a superare la sensazione di essere di fronte a qualcosa di già visto, vorrei porvi un cruccio che mi è balzato nella testa dal momento in cui ho visto la schermata di creazione della setta di Honey, I Joined a Cult. Non credo, in tutta la mia vita, di aver mai potuto essere partecipe della nascita di quello che, se sfruttato e diffuso nel giusto modo, potrebbe diventare un possibile fenomeno di massa su Twitch. Pensate al vostro streamer preferito, quello che magari riesce sempre a strapparvi una risata, qualsiasi cosa stia facendo. Ora focalizzatevi sui vari tormentoni che si sono creati inevitabilmente durante le sue live, in questi anni. E adesso, immaginate di creare una setta per ciascuno, o un mix tra i migliori, in Honey, I Joined a Cult. Sarebbe probabilmente uno dei modi più goliardici mai visti sulla piattaforma viola, per donare una nota ancor più ironica ai momenti più divertenti ed esilaranti passati in stream.
A supporto di quest’idea, abbiamo un elemento di gioco talmente banale quanto di enorme impatto, per quanto riguarderebbe l’utilizzo di Honey, I Joined a Cult su Twitch: la possibilità di dare un nome specifico a ogni seguace della setta. Insomma, prendete un gruppo di amici che si divertono magari abitualmente assieme, scegliete il capo, e vi si aprirà un mondo di storie da creare gigantesco e potenzialmente infinito. Questo perché, se mediante le pure caratteristiche di gameplay questo gioco non riesce a emergere, è la possibilità di personalizzarne interamente la narrativa che lo rendono attrattivo per lo streaming. Non c’è limite alla fantasia, non ci sono paletti alla lore che si potrebbe pensare di creare da zero con Honey, I Joined a Cult.
Le nostre conclusioni su Honey, I Joined a Cult
In sunto, possiamo dirvi che l’opera si destreggia molto bene, riuscendo a fornire soddisfazioni notevoli per quanto riguarda il suo aspetto personalizzabile. Il fatto che non ci vengano posti limiti all’inizio, lasciandoci addirittura modo di scegliere i vestiti che noi e gli adepti della setta dovranno indossare, donano all’opera un grado di profondità unico e difficilmente ritrovabile altrove. La goliardia e la sensazione di costante ironia che Honey, I Joined a Cult trasmette, non risultando mai banale o cadendo in cliché che potrebbero risultare anche fastidiosi, riesce a rendere la varie run sempre fresche e originali. Purtroppo, il gioco pecca di una mancanza di inventiva totale nelle sue meccaniche base di gameplay, che attingono a pieno da opere già conosciute e famose del genere life simulator. Le sue peculiarità, comunque, potrebbero concedergli delle inaspettate soddisfazioni a livello di connessione con gli utenti di un qualsiasi streamer, i quali avrebbero la possibilità di interagire con la chat sfruttando un’idea mai vista in precedenza. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rimandandovi a Kaleidoverse e al nostro canale Telegram per rimanere sempre aggiornati, ricordandovi che Honey, I Joined a Cult sarà disponibile da martedì 14 settembre su Steam, in early access.
L'ultima fatica di un team promettente come Team17, con alle spalle Sole Survivor Games, riesce nelle aspettative che erano state poste dal trailer. Honey, I Joined a Cult partiva con l'idea di essere un gioco goliardico, finalizzato al far passare ai giocatori il tempo gestendo una setta composta da seguaci, convinti a entrarvi per seguire i dettami di un Venerato da voi scelto. Per quanto riguarda il gameplay, purtroppo non troviamo nulla di innovativo, dato che il gioco attinge a piene mani da opere già conosciute e famose del genere simulatore di vita. Ciò che stupisce, e riesce a renderlo un'opportunità imprevista per lo streaming, è la possibilità infinita di storie che si possono raccontare grazie alla libertà di scelta concessa dagli sviluppatori. Potremmo essere di fronte a un nuovo fenomeno di Twitch, se sfruttato a dovere, ma lasciamo ai posteri l'ardua sentenza.