Gli ultimi anni sono stati una manna dal cielo per molte minoranze etniche. La rappresentazione di ognuna di esse all’interno delle varie serie è diventata sempre più scontata, al punto di essere diventata quasi obbligatoria. Purtroppo questo ha creato il mostro dei “token”, la rappresentazione casuale e spesso banale delle minoranze etniche, al punto da renderle quasi fastidiose allo spettatore. Come si colloca in tutto questo Reservation Dogs? Non possiamo non prendere l’argomento senza scavare nella produzione, in particolare nella figura di Sterlin Harjo, produttore della serie insieme a Taika Watiti. Harjo ha infatti, sin dalla sua prima pellicola, dedicato gran parte della sua arte alla rappresentazione dei nativi americani nella società odierna. Questa sua dedizione e maturità nel tema si riversa profondamente nella serie che non fa assolutamente mistero del voler rappresentare la sua comunità nella maniera più realistica e approfondita. Ovviamente, la ciliegina sulla torta è proprio Taika Watiti.
La storia di una generazione che cerca se stessa
Per parlare di questa serie, iniziamo con una breve introduzione alla storia. I nostri protagonisti sono quattro ragazzi, capitanati da Bear, tutti nativi americani: Bear (interpretato da D’Pharaoh Woon-A-Tai), Elora (Devery Jacobs), Willie Jack (Paulina Alexis) e Cheese (Lane Factor). I Banditi del Villaggio, nome affibbiatogli dalla criminalità di zona, commettono furti di macchine, furgoni, rame e altri piccoli crimini in cambio di soldi. Il loro obiettivo, però, è la fuga. Il gruppetto sta infatti mettendo da parte un gruzzolo per potersi trasferire in California e avere una vita migliore, dato che la piccola comunità nativo americana li soffoca. Un anno prima, il gruppo aveva perso un amico comune, Daniel, che è stato “portato via da quel posto” come viene spesso ripetuto da vari personaggi. L’ultimo loro furto è un furgone di patatine, che rivendono separatamente dal suo contenuto per poter guadagnare soldi più velocemente. Tutto cambia quando in città arriva NDN Mafia, una nuova banda che gli dichiara apertamente guerra.
Una comicità amara, macchiata dal peso della disperazione
Perché ho accennato a Taika Watiti? Il regista neozelandese è sicuramente diventato famoso per la sua comicità brillante, spudorata, spesso fanciullesca e sopra le righe ma sempre asservita ad una narrativa molto più profonda di quello che volesse dichiarare. Reservation Dogs sposa questa filosofia a braccia aperte, regalandoci momenti di sano divertimento con dialoghi e scene incredibilmente strane e satiriche, macchiate da una profonda e pesante realtà. Anche nelle scene che più ci faranno sorridere, la percezione che l’ambiente che circonda i quattro protagonisti sia “sbagliato” si fa sempre più pressante. I momenti tragici vengono spezzati da battute che non fanno altro che aumentare il peso dei dialoghi più che alleggerirlo. E qui entra in gioco quella che è la vera perla della serie: la sceneggiatura.
Reservation Dogs è la prova che le immagini possono parlare più delle parole
Spesso e volentieri, le serie vengono ricordate per i loro grandiosi dialoghi per descriverci qualcosa. Che sia la situazione della società o lo stato d’animo del personaggio di turno, le sceneggiature diventano fiumi di parole. Solo i migliori sono in grado di dire così tanto senza far pronunciare ai personaggi neanche una parola. La sceneggiatura della serie continua a sorprendere grazie ai piccoli dettagli e alle scene che donano vita e umanità alla comunità del villaggio e ai protagonisti, permettendoci di imparare tantissimo di loro. Un esempio che mi sento di fare è una scena del primo episodio. Bear, il personaggio di D’Pharaoh Woon-A-Tai, prende parte dei soldi della refurtiva e, di nascosto, li infila nel borsello della madre senza che lei se ne accorga, solo per litigare con lei qualche istante dopo. Il rapporto fra il ragazzo e sua madre ci viene svelato in maniera assolutamente naturale, nell’arco di una scena di pochi secondi, senza che nessuno abbia proferito parola. La sceneggiatura di Reservation Dogs è il trionfo dello Show Don’t Tell.
Una rappresentazione onesta e ironica dei nativi americani
Come già detto, Reservation Dogs vuole parlare principalmente della condizione in cui versa la comunità nativo americana. E lo fa anche, e soprattutto, deridendo pesantemente gli stereotipi tipici della rappresentazione di questa etnia, con la stessa allegria sopra le righe che pervade la serie. Basta soltanto un episodio per farci rendere conto dell’isolazionismo forzato della comunità dei protagonisti. Le radio che ascoltano passano cantanti locali dalle dubbie capacità ed i ragazzi idolatrano la California come fosse il giardino dell’Eden. La serie puntualizza, con una battuta lanciata sul momento, fenomeni come il crescente dramma della depressione che affligge le persone di quella etnia. In un’altra scena si permette di scherzare sull’identità di genere, in un’altra sul fenomeno delle morti delle gang. Ogni cosa all’interno della serie trasuda le condizioni della comunità, affrontandole con sprezzante e pungente ironia. Una nota particolare va alla figura di William Grossa Lama, lo stereotipato guerriero indiano che indica la via a Bear, ma che non è capace di stare sul suo cavallo.
Una commedia triste e matura
Arriviamo quindi alla conclusione. Cosa ne pensiamo di Reservation Dogs? La serie TV parte in maniera eccezionale grazie alla sua scoppiettante ironia e il suo tenersi sopra le righe, senza mai scadere nel no-sense. Ogni scena ha la sua funzione all’interno della storia e della narrativa, anche quella sequenza assurda che ci ha fatto ridere in maniera quasi stupida. I tempi comici sono sempre azzeccati anche quando intervengono nei momenti più seri, a volte lasciandoci un tremendo amaro in bocca a causa della loro natura cupa. I personaggi sono estremamente ben scritti, unici e amabili. Il primo episodio basterà per innamorarsi di questi quattro mascalzoni, principalmente per la loro straordinaria umanità e voglia di vita. La serie riesce ad evitare abilmente la pesantezza che un’opera del genere dovrebbe avere senza mai perdere di vista il suo obiettivo. Il compito di farci riflettere lo avrà sempre la risata. Lo show è disponibile nel catalogo Star di Disney+, inizialmente con le sue prime due puntate. Nel frattempo, siete come sempre invitati a non perdervi le novità del mondo delle serie TV, e non solo, unendovi al nostro canale Telegram e sul sito Kaleidoverse.
Reservation Dogs è una serie che porta lo stampino di Taika Watiti, con una comicità sopra le righe e frizzante, ma piena di significati e di amarezza. Vera star della serie è la sceneggiatura fluida e priva di momenti inutili, che lascia all'ottima regia ed alle azioni dei personaggi la descrizione degli eventi.