Quanti di voi sono fan del professore americano più famoso degli ultimi anni, tra libri e film? Sì, sono passati quasi vent’anni dal primissimo romanzo di Dan Brown dove si raccontavano le avventure di Robert Langdon, il protagonista di diversi suoi romanzi, e per quanto siano già state messe su schermo in diversi lungomettaggi omonimi tratti proprio dalle sue opere, è ora il turno di un altro libro trasposto in serie TV. Si tratta delle prime avventure di Robert Langdon raccolte in una serie in onda dall’8 novembre ogni lunedì su Sky Serie e disponibile in streaming su NOW. Di cosa stiamo parlando? De Il simbolo perduto, vicenda che segue i notevoli successi da Il Codice da Vinci a Angeli e Demoni e Inferno. La serie è prodotta da CBS Studios, Imagine Television Studios e Universal Television, divisione di Universal Studio Group mentre Dan Dworkin e Jay Beattie sono gli sceneggiatori e produttori esecutivi, così come Dan Brown, Brian Grazer, Ron Howard, Samie Kim Falvey, Anna Culp, John Weber e Frank Siracusa sono produttori esecutivi, insieme a Dan Trachtenberg che ha anche diretto il primo episodio della serie. Cosa è accaduto questa volta a un giovane Langdon, come anticipavamo, l’iconico professore di simbologia religiosa dell’Università di Harvard qui interpretato da Ashley Zukerman che prende il posto di Tom Hanks, precedentemente colui che vestiva i panni di questo personaggio negli adattamenti cinematografici precedenti? Scopriamolo insieme nella nostra recensione su Kaleidoverse dei primi due episodi.
Il simbolo perduto, l’inizio della carriera di Langdon
In questa serie vediamo il giovane professore alle prese con la prima, agghiacciante avventura della sua promettente carriera. Servirà tutto il suo talento e il suo sangue freddo nella ricerca dello sfuggente Simbolo Perduto. Ma di cosa si tratta? Composta da 10 episodi, due a settimana, la serie già in questi due primi episodi ci mette di fronte a parecchi enigmi e situazioni difficili da comprendere. Langdon infatti si trova improvvisamente a dover affrontare enigmi mortali che solo lui può risolvere per salvare Peter Solomon, il suo mentore, ora misteriosamente scomparso. La CIA, infatti, è sicura che questo rapimento nasconda una cospirazione molto più grande, e coinvolge il professore in una operazione indispensabile a ricomporre i pezzi di questo puzzle complesso e pericoloso. La sua conoscenza della Storia, dei simboli e delle lingue morte diventa qui fondamentale e imprescindibile, così come un aiuto prezioso giunge dalla figlia di Solomon, Katherine, ma anche da un’agente della CIA che si occupa di sicurezza, Inoue Sato, un agente della polizia del Campidoglio, e Alfonso Nuñez.
In tutto questo, sappiamo anche che c’è stata anche una relazione in passato tra il professore e Katherine, e insieme si mettono sulle sue tracce, non senza però l’aiuto anche di un certo Ordine segreto. Il tutto porta alla rivelazione di una cospirazione ad alto livello, come è d’uopo sia nei romanzi che, di conseguenza, nei film delle storie di Brown. Per salvare Solomon non resta che affrontare una vera e propria lotta contro il tempo, con l’obiettivo anche di svelare l’antico mistero che si cela dietro al simbolo perduto.
Un nuovo classico di Dan Brown
In buona sostanza, come si evince da questi primi elementi, di cui possiamo rivelarvi poco della narrazione per non incappare in eccessivi spoiler, la trama di questi primi passi della vicenda offre tutti i classici tratti e stilemi dei precedenti lavori dell’autore, seguendo un fil rouge che bene o male li lega in continuità. Anche qui troviamo un mistero la cui rivelazione potrebbe sconvolgere il mondo, un antagonista pronto a tutto per raggiungere il suo scopo e il professor Langdon, che non perde occasione di rivelare le sue conoscenze, con il suo atteggiamento mite e non privo di coraggio.
L’unica variante è proprio l’attore che impersona il protagonista, qui un giovane che viene messo alla prova e per quanto possa mostrarsi volenteroso e abbastanza coraggioso, non esita però a mostrare anche le sue debolezze quando si trova di fronte a insidie e pericoli, ricreando sin dall’inizio della serie diverse situazioni di tensione.
Guardando poi alla messa in scena e alla regia, già dai due episodi si nota come non vi sia coerenza visiva, manca l’aspetto estetico omogeneo che dovrebbe fare da collante in una serie. Manca la suspense, la ricerca di attenzione al dettaglio negli interni, qui preponderanti, una serie di occhiate date dall’obiettivo della telecamera che si unisce anche a una incoerenza della regia: la trasposizione ai giorni nostri della storia.
Una libera interpretazione registica che non inficia in maniera considerevole il prodotto finale, almeno da quanto abbiamo visionato finora, ma che contribuisce a dare l’idea di incoerenza e di mancanza di mordente, come la pacata caratterizzazione dei personaggi, tra cui Beau Knapp, ma forse siamo ancora troppo indietro nella storia per poter dare una valutazione completa e coerente. Non ci resta che rimanere in attesa dei prossimi episodi e valutare se, oltre al simbolo, sia stato perduto anche il carisma e il potenziale di questa serie o se sia ancora recuperabile. Se questa recensione vi è piaciuta, vi invitiamo a iscrivervi al nostro canale Telegram e a seguirci su Kaleidoverse per rimanere aggiornati sul mondo del cinema e molto altro.