“Spider-Man: No Way Home Recensione” è sufficiente e non serve nessun titolo pretenzioso per convincervi a vedere il film. Permettetemi dunque di crogiolarmi nei ricordi. Da piccolo, l’idea che un supereroe potesse essere il mio vicino di casa, il padre gentile di un amichetto o semplicemente l’allegro gelataio di zona, mi confortava. Le icone dei film Marvel per alcuni si sono cristallizzate come semplici flussi creativi di Stan Lee, che dalle mente si sono tradotti su carta con l’inchiostro. La vera magia sta però nell’intravedere alcune loro sfaccettature nel quotidiano. Ci aveva già provato il maestro ad esternare il concetto nella serie TV “Superhumans”, ma è da piccoli che cercavamo quella silenziosa protezione.
Nel quotidiano di un bambino, il suo quartiere e la sua casa sono il microcosmo a cui sente di appartenere e forse la frase “Il tuo amichevole Spider-Man di quartiere” avrebbe avuto un altro significato tempo addietro. Il mio personale rapporto con l’Uomo Ragno è difatti intimo e non tendo neanche a classificarlo con epiteti del tipo “Il più forte” o “Il paladino risoluto”, perché io non l’ho mai vista così. Lui è in una categoria a parte ed è l’eroe più genuino e umile che si potesse contemplare sul grande schermo. Nella sua surreale ingenuità e nelle situazioni delicate che lo hanno travolto, è l’unico che ho sempre ammirato per spirito e reazione.
Oggi, dunque, sono onorato di dirvi la mia sul film Spider-Man No Way Home, senza farvi spoiler, ma raccontandovi ciò che ho provato durante la visione. C’è davvero tutto quello che un appassionato vorrebbe vedere sul grande schermo? L’attesa e l’hype sono giustificabili? Andiamo con ordine.
Te lo giuro, mi sa che conosco un altro Peter!
La sinossi del film la conoscete se siete appassionati Marvel e se non lo siete vi sarete già assuefatti alla centesima visione del trailer. Ciò che mi preme evidenziare è che già da solo il cast vale largamente il prezzo del biglietto. Se qualche anno fa mi avessero detto che avrei visto attori del calibro Alfred Molina, William Dafoe e Jamie Foxx danzare insieme, come solo la loro maestria permette su schermo, avrei riso di tale follia. Eppure eccoci a discutere solo di quanto sia succulenta quella punta di iceberg che vi posso raccontare in questa recensione dettata dal cuore.
Il cast non solo armonizza elegantemente le pietre miliari del passato franchise con gli emblemi del futuro di casa Marvel, ma ne esce rinvigorito da tale connubio. Si scherza, si riflette sulla morale e ci si lascia trasportare da ricordi sfuggenti, che dondolano negli occhi verdi del Goblin o sul ghigno di Octo. Perché lo spettatore medio che sarà presente in sala non andrà solo lì per nostalgia, poiché ora è un adulto cresciuto tra altri eroi che ci hanno lasciato cicatrice emotive più profonde.
Non si tratta solo di glorificare la repentina scalata al successo di Tom Holland, poiché basta uno sguardo per capire quanto lui volesse davvero essere l’amichevole Spider-Man di quartiere. Lo spettatore vedrà fin dove hanno osato le piccole avventure del Ragno. La lunga staffetta dei detentori del costume rosso e blu, nonché il retaggio del genio maledetto, che ormai per convenienza chiamiamo “L’inesorabile riflesso di Peter Parker”, ci ha sempre abbagliato. In passato siamo stati abituati a vedere solo il bene e il male, ma mai il ventaglio di etica e morale che si apre tra le sfumature di questi opposti.
Spider-Man: No Way Home – Ragnatele e redenzione
La Marvel lo ha insegnato con le sue opere e nelle azioni dei villain apparsi su schermo. Non esiste un solo modo per chiudere una storia, mai. La netta divisione tra il giusto e lo sbagliato è ciò che mi aveva fatto perdere di brillantezza le opere supereroistiche dinnanzi ai miei occhi infantili. Ho sempre desiderato che ci fosse un altro modo per valutare la realtà e non deve essere per forza il taglio netto della giustizia, spesso contaminata dall’emotività e dal risentimenti. Ci voleva lo Spider-Man più genuino del Multiverso per ricordare che il destino non è stato plasmato con il triste inchiostro di una pagina pagina, in cui rimangono imprigionati gli eventi, ma è incanalato in un flusso di scelte dettate dal cuore e dalla circostanza. La filosofia alla base di Spider-Man No Way Home è la mia energia.
Durante la visione, scena dopo scena, ero solo felice di constatare con dolce commozione che l’umanità che avevo percepito in alcuni personaggi non era svanita. La redenzione, non nella natura che pensate voi perché non dirò nulla di spoiler, è un concetto che mai come in questa pellicola fa pensare. Nel mondo Marvel ho sempre ammirato la saggezza di quei personaggi che, una volta aver toccato con mano l’abisso della vergogna e della paura per un errore, hanno sempre dato l’anima per non permettere ad altri di fare gli stessi errori. L’opera per me è la sinfonia perfetta della morale e il trionfo dell’etica a schermo.
Spider-Man: No Way Home – Lo SpiderVerso
Non è sufficiente immagino lodare il carisma del cast o la sensibilità dell’opera, poiché c’è anche tempo per la spettacolarità. Tutti gli scontri in Spider-Man No Way Home trasudano di un’orgogliosa imponenza a schermo, anche grazie a una regia sublime di Jon Watts sotto diversi punti di vista. In primo luogo, la scenografia è il fiore all’occhiello dell’opera e dà il meglio di sé in scenari maestosi e mozzafiato, ove si esibiscono scontri che definire memorabili sarebbe riduttivo. La fotografia riesce a lambire la perfezione artistica, immortalando momenti di puro pathos e maestosità. Tutto il film è un piacere per occhi anche per chi non ha neanche mai sentito bisbigliare le avventure dell’uomo ragno.
L’andamento della sceneggiatura segue diligentemente di dettami orchestrati in fase di scrittura. Non ci sono mai tempi morti e le scene struggenti sono sempre distillate fino all’ultima goccia e spremute per afferrare il vostro animo oltre lo schermo, nulla vi lascerà indifferente. Sempre presente l’umorismo sbottonato di casa Marvel che questa volta ha una duplice funzione: da un lato riesce a condensare picchi di tensione elevatissimi senza snaturare il carattere dei personaggi, dall’altro lato riesce a sintonizzare protagonisti e momenti del passato franchise sulla stessa lunghezza d’onda con la nuova grammatica Marvel. Nessuna sbavatura, nessun ricordo brutalizzato.
Spider-Man non è solo un eroe, ma un prisma di ideali
L’opera nella sua interezza è infatti un’altalena da cui non vogliamo mai veramente scendere. Prendiamo lo slancio sorridendo a qualche dettaglio dal passato e lasciamo in tempo le gambe – e il cuore – per buttarci nel brivido che vogliamo sentire lungo il corpo. Qualcuno avrà sicuramente il broncio nel definire questa pellicola una creazione pretenziosa, che vuole mettere in scena molto più di quello che vorrebbe, eppure ogni minuto ha senso per come è stato forgiato e studiato. Vedete, non è solo un all you can eat per nostalgici e borbottoni, ma un mare magnum di celebrazioni a ciò che ha significato il Ragno per tanta gente.
Tutto confluisce ora in una singola spirale del destino narrativa, ove la destinazione è comune per chiunque ami l’eroe e ne rispetti la risolutezza. Così come ogni favola deve andare a braccetto con la morale, così il multiverso lascia aperto uno spiraglio in grado di portare pace a tutto ciò che di bello è stato costruito in tanti anni di cinema.
Gioite appassionati, perché Spider-Man No Way Home non è solo l’Endgame che il Ragno si meritava, ma quello in cui (forse) speravamo tutti noi. Non si tratta di essere pacchiani e di ostentare qualche sorta di miracolo a schermo, ma l’abilità di riscrivere una favola aperta molti anni fa sull’eroe. Se oggi esiste questo film è perché la genialità di casa Marvel ha permesso che si potesse unire in un unico flusso passato e presente. Il risultato è pura magia negli occhi degli appassionati e sano apprezzamento anche nello sguardo di chi non ha condiviso le stesse emozioni. La magistrale recitazione corale del cast permette all’opera di eccellere per carattere e carisma, proponendo allo spettatore l’esperienza migliore che un appassionato possa chiedere. Sceneggiatura e fotografia sono mozzafiato a più riprese e riescono ad inghiottire lo schermo in un esuberate miscuglio di colori e realizzazioni sceniche. Ciò di cui avevo più paura era la sceneggiatura, poiché me la aspettavo scialba e veicolata per farci sobbalzare solo in alcuni punti focali, tuttavia mi sono dovuto ricredere. Non ci sono momenti deludenti o tediosi in tutta la durata del film anzi, sarete probabilmente così estasiati dalla resa sul grande schermo, che non farete altro che prenotare almeno il biglietto per la seconda visione.