“It’s good to be Black on the moon”: la battuta del Capitano Ali (Tamy Newsome) che sancisce la riuscita della missione perseguita dalla Space Force, l’agenzia spaziale governativa gestita dal generale Naird (Steve Carrell) insieme ai suoi commilitoni. Poco dopo, l’incontro-scontro con un gruppo di astronauti cinesi, una moglie che scappa da un carcere grazie alla sua relazione con una guardia e un caos generale seguito dallo schermo nero. Così ci ha lasciati la prima stagione di Space Force, la serie creata da Greg Daniels, autore del remake americano di The Office, in collaborazione con Steve Carrell, il quale oltre a interpretarne il protagonista principale, ha anche scritto il primo episodio di questa nuova stagione 2, uscita il 18 Febbraio su Netflix.
Una seconda stagione che cambia punto focale. Come già ammesso dai creatori e com’è percepibile sin dalla prima visione, la comicità e il gruppo diventano il topic primario, togliendo spazio alla complessità di un intreccio narrativo che quindi rimane ancora povero di contenuto. Space Force 2 rafforza lievemente l’impianto comico ma non copre le falle create nel processo di costruzione dei personaggi e del contesto. Si finisce per guardare un circo di gags in cui vige la procrastinazione verso la progressione, lasciata ai soli due episodi finali. Cosa succede quando una buona battuta ha una base scadente? Non fa ridere.
Un’occasione mancata
In questi tempi, ogni tanto, scoppia una serie tv solamente dopo esser arrivata ad un certo numero di stagioni, soprattutto quelle Netflix. Questo “fascino della seconda stagione” genera un tornado di hype che coinvolge tutti: chi già è appassionato dell’opera, chi non ne ha mai sentito parlare, chi l’ha rinnegata ecc… Space Force poteva essere un ulteriore componente di questo fenomeno, se solo si fosse soffermata sui suoi difetti. Il paragone con The Office è uno strumento fin troppo semplice da usare per sottolineare le mancanze di questo prodotto: quella coesione, quell’aura di famiglia che si respira nell’ufficio è irripetibile. Sì, Steve Carrell continua ad essere un capo eccessivamente carismatico, c’è la storiella d’amore interna, c’è la marcata costituzione dei ruoli dei personaggi, tutto ciò che fa parte dello stile di Daniels ma qui, la coralità è piatta insieme al resto dei componenti, non c’è niente da mettere a confronto.
Non c’è alchimia tra personaggi, tranne per il duo Carrell-Malkovich. Essi tengono in piedi l’intera opera grazie alle loro performance, basate su una scrittura che in teoria dovrebbe metterli in risalto, specialmente per il primo della coppia. Steve Carrell è fatto di inadeguatezza e plasticità nei movimenti, nei gesti e nelle espressioni, che siano facciali o verbali, pensarlo nei panni di un generale a quattro stelle non è affatto sbagliato. Peccato che il suo personaggio rimanga senza identità in favore di una comicità quasi sempre staccata dal contesto. Il suo arco narrativo, in completa confluenza con quello dell’intera trama, è come un inseguimento tra Willy il Coyote e Beep Beep: Può succedere qualsiasi cosa ma una volta finito, torna tutto come prima, poi si ricomincia, si ritorna indietro e così all’infinito. Per quanto riguarda Malkovich, ritorneremo a breve.
Uno spazio asettico
All’interno di Space Force è stata creata una realtà più assurda della realtà stessa. Ciò non è un male, se vogliamo il surrealismo e la comicità in generale possono basarsi proprio su questo punto, ma ciò che manca è un collegamento efficace tra le due. La critica al sistema politico americano è effettuata cavalcando stereotipi già sfruttati all’inverosimile e ciò, di nuovo, non sarebbe un male, se solo aggiungessero qualcosa. Il mancato approfondimento dei personaggi mette come fondamenta delle proprie azioni, le azioni stesse, non la loro personalità, e se si vuole effettuare una comicità basata sulla critica di un immaginario, usando l’immaginario stesso, allora coloro che sono al suo interno devono giustificarne il modus operandi. Questa seconda stagione, molto più della prima, fa dei siparietti comici il suo nucleo, se questi risultano inadeguati, quasi assenti per i motivi su citati, allora che cosa si sta guardando?
Neanche l’utilizzo di espedienti evergreen come i jump-cut riescono a equilibrare la situazione, poiché anche nel comparto tecnico, risultano alcune criticità. In un’intervista con Collider, Greg Daniels ha spiegato come in questa stagione è stato cambiato approccio registico, passando da una ricerca “cinematografica”, a una più “flessibile”, in favore dell’improvvisazione. Tradotto: per via della distensione temporale che provoca una regia del genere, è stato preferito un metodo che accorciasse i tempi tra uno stacco e l’altro, per creare un atmosfera più favorevole agli attori e alla comicità. Nella scorsa stagione infatti le inquadrature risultavano al quanto scollegate. Quei pochi tentativi di creare delle scene action sono risultati un fallimento anche per questo motivo. Sebbene in questa seconda stagione la scorrevolezza nei dialoghi e nelle sequenze è effettivamente migliorata, la regia risulta statica, coerente con il quadro generale descritto.
Un passo in avanti
Ci sono anche dei miglioramenti nella stagione 2 di Space Force, dati dalla riduzione del campo d’azione: l’occhio si è ristretto sui membri della crew e sulle loro dinamiche, rendendoli più vicini al pubblico e permettendoci di esplorare quel poco di caratterizzazione effettuata all’interno di questa stagione. Colui che ne ha tratto più beneficio è proprio il Dottor Mallory, ovvero il ruolo di John Malkovich. Finalmente è stata sfruttata la sua enorme e particolare loquacità, insieme ad una irascibilità che lo fa allontanare dal semplice scienziato sconsolato della prima stagione.
Nell’insieme scomposto di gag ci sono alcuni momenti in cui è percepibile la sensazione di gruppo, in cui ogni individualità diviene un insieme unico che esiste sotto il nome di Space Force. Certo, non è difficile unire soggetti dalla personalità eccessivamente semplice e spesso inefficace, Brad e F. Tony sono l’esempio lampante, ma alle volte, cosi come per quei pochi momenti effettivamente divertenti, l’opera sembra riuscire nel suo intento.
Le nostre conclusioni sulla stagione 2 di Space Force
Space Force, nonostante l’apertura verso una terza stagione, è un progetto che finché non farà i conti con l’inefficacia della propria realtà e dei legami costruiti, e finché cercherà di andare avanti con una comicità che da sola non regge l’intero sistema, continuerà a fallire nella trasmissione dei suoi valori. Per altre recensioni su film, serie tv e molto altro continuate a seguire Kaleidoverse in ogni sua forma: Youtube, Instagram, Facebook e Telegram
La seconda stagione di Space Force si apre dimostrando una piccola crescita a livello comico e promuovendo la coesione e la crescita dei personaggi. Purtroppo gran parte di questi intenti si perdono in un mare di sequenze dall'efficacia minima data l'assenza di una solida base contestuale, un buco presente sin dalla stagione precedente.