Che ne è stato del dottor Steven Strange? Che voi abbiate amato o odiato lo stregone di casa Marvel è indubbia la sua influenza nell’universo immaginifico supereroistico. Ripercorrendo anche solo di sfuggita il suo arco narrativo, bastano pochi ma significativi momenti a ricordarci di quanto il personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch abbia condizionato gli snodi narrativi principali. Tra i vendicatori è diventato iconico non solo per il suo curioso mantella della levitazione, o per la sua barbetta iconica, ma anche per tutti i segreti arcani che animano la vita del mago. La sua dimora è praticamente un tempio del profano e della follia ove, tra polvere e residui di stregoneria, sonnecchiano strumenti magici ammantati di curiosità. Sarà per quel dolciastro retrogusto fiabesco o per il carisma che ha sempre contraddistinto il personaggio, ma si dà il caso che Strange rimanga uno dei film più apprezzati della MCU. Ci troviamo dunque ancora una volta a fare i conti con qualche assurda malvagità sopita che sono un vero stregone sa individuare e fronteggiare, ma cosa aspettarci da Doctor Strange nel Multiverso della Follia?
Fomentato dall’idea di contemplare cosa avrebbe partorito la geniale regia di Sam Raimi, ammetto di essermi approcciato all’anteprima cinematografica con delle solide speranze. Sono rimasto così travolto in uno tsunami di emozioni che ha inondato la mia mente e mi ha permesso di fare ordine da WandaVision in avanti. Conscio del fatto che sarebbe impossibile discutere di alcune tematiche cruciali, che finirebbero rovinosamente di collidere con spiacevoli rivelazioni, ho deciso di scrivere una recensione senza alcun contenuto spoiler da sbandierare nudo e crudo. So che se siete in questo articolo non è per questo, quindi trovo propedeutico catapultarvi nell’occhio di questo folle ciclone che è l’ultimo immenso lavoro targato Marvel, invitandovi innanzitutto a iscrivervi al nostro canale Telegram e seguirci nei social se questo articolo dovesse piacervi.
Si vive di ricordi e si combatte per illusioni
Se dovessi darvi indicazione su come assaporare appieno l’emotività che trasuda in Doctor Strange nel Multiverso della follia, è chiaro che sia imperativo raccomandarvi l’approfondimento di WandaVision e di What if…?. La visione di questa imponente pellicola richiede dei frammenti narrativi che sono considerabili una sorta conditio sine qua non, senza i quali si perderebbe molta dall’ossatura narrativa. Il ruolo di Wanda è drammaticamente ancorato alle vicende del film, così come la sua struggente parabola emotiva, esasperata e stressata fino agli estremi nella brillante serie che la coinvolge. Non meno importante la visione del quarto episodio di What if…?, in cui viene esplorata la psiche dello stregone da un punto di vista più emotivo, oltrepassando le menzogne che lui stesso si racconta. La comprensione di questi due tasselli anzi, veri e propri monoliti narrativi, è il fulcro anche della sceneggiatura dell’opera che stiamo esaminando.
Doctor Strange e il Multiverso della Follia ha il titanico problema di condensare una mole biblica di informazioni sul multiverso e sul destino che intreccia tutti i suoi abitanti. Gestire una matassa di probabilità e mosse narrative con parsimonia e acume non è facile per nessuno, tantomeno se si è schiavi del minutaggio. Al netto di qualche leggerezza nel raccontare certe velleità narrative, la curiosità che travolge le avventure dello stregone permea dolcemente nello spettatore. Che si tratti di un tomo, di una magia antica o di un artefatto bizzarro, è l’insaziabile ricerca dell’ignoto a tenerci incollati. Cosa si inventerà questa volta il dottore? Quali surreale escamotage tirerà fuori dal cappello? L’imprevedibilità che sguazza in quell’oceano di morbosa curiosità è ciò che ci ha fatto amare lo stregone, e fortunatamente non ci ha delusi neanche questa volta. L’attore troneggia sul grande schermo nelle vesti di un eroe visibilmente più incerto e preoccupato rispetto a quello che ricordiamo, ma ricama da quella paura una profonda voglia di rivalsa. L’opera funziona proprio per ciò che Strange e Wanda riescono a spuntare fuori, ormai logorati dalle proprie fragile. In questo edace valzer di magia, sfortunatamente non vi è spazio per rivangare le cause del loro conflitto interiore, già largamente approfondito nelle due opere che ho citato in precedenza. Ciò che rimane in testa di questa storia è ciò che i due riescano trasmettere con pochi e semplici gesti, tra desideri e sogni.
Il dualismo nell’Amore
Doctor Strange nel Multiverso della Follia è un eterno dualismo che si diverte a girare senza sosta. Luce oscurità, ombre e ricordi sono protagonisti della scena tanto quanto gli eroi. La corona spetta, infatti, all’uso che si fatti della scenografia e della fotografia. Sebbene la magia sia lo strumento che dà il via alla sinfonia perfetta che muove la narrativa, il multiverso si rivela essere un parco giochi di pura introspezione. Laddove lo spettatore è avvolto da dirompenti piani sequenza e scenari mozzafiato, trovo sia doveroso fare un plauso al binomio scenografia-emozione. Cosa vuol dire? Ebbene, la vera magia del film non è racchiusa solo negli effetti speciali folli, ma nell’uso che si fa dell’aree che lo stregone calpesterà nella pellicola.
Amore, paura, disperazione, frustrazione, solitudine, impotenza, disillusione: ogni emozione è stata tramutata in una sequenza che fa combaciare la psiche dell’eroe con lo scenario o l’azione in corso. Ogni filamento e fibra di quei momenti si traduce in un momento che è quasi un pugno nello stomaco, e si sentono tutti. L’esasperazione di alcuni attimi di fragilità degli eroi trova poi una degna rappresentazione in scene torci budella davvero penetranti. Impossibile rimanere indifferenti. Non mancano i cameo ad addolcire situazioni sensibilmente drammatiche, quindi sappiate che uscirete dalla sala con un bel sorriso stampato in viso se siete appassionati. Alcuni sono sicuro che per la loro gestione in scena faranno sicuramente discutere, ma non si può certamente dire che siano scialbi.
Siamo dunque all’arduo verdetto di uno dei film Marvel più complessi da giudicare con un numero. Se da un lato è vero che si sono delle leggerezze narrative, è anche d’obbligo sottolineare la cura che traspare nel percorso fatto per Strange e Wanda finora. Doctor Strange nel multiverso della follia è un concerto di emozioni in cui ad esibirsi sono due maghi dalla natura travagliata e speciale. Le loro paure e desideri si traducono in una sinfonia emotiva avvolgente e dirompente, che trova nella scenografia modo di dipingere in digitale ciò che a parole sarebbe impossibile. L’opera è un festival della dualità, in cui ci si aggrappa a poche certezze per farsi guidare dal cuore, comprendendo anche se stessi. Il multiverso, per quanto ancora caotico e incerto appaia nella mente dello spettatore, si sta rivelando un insolito strumento di introspezione per i nostri eroi e non si frena dal travolgerci per spettacolarità. L’idea che si cristallizza alla fine di questo film è la serenità di avere uno Strange più consapevole e preparato su ciò che sarà il vero ostacolo che si stanzia all’orizzonte. Nella sua follia senza fine, la storia rappresenta il primo vero punto di svolta per comprendere il palinsesto Marvel dei prossimi anni, nonché il ruolo dello stregone più amato del mondo.