Il periodo natalizio è sicuramente ricco di un profondo senso di spiritualità, magari nascosto dietro i fiocchi rossi e le luminarie dorate, ma sempre presente. Neanche a dirlo, è proprio questa sensazione a sprigionare potente da Wash Me in the River, il nuovo film caricato su Amazon Prime Video il 28 dicembre. Un po’ romantico, un po’ drammatico e un po’ action, l’ultimo lavoro di Randall Emmett (Gotti – Il primo padrino) ci porta nei sobborghi di un’America silenziosamente consumata da una piaga purtroppo troppo diffusa: la droga.
Il regista statunitense ha diretto con spietato realismo un cast stellare in una storia a cui è difficile attribuire un solo genere di appartenenza. Wash Me in the River è infatti un drammatico, ma anche un romantico, un thriller e un action. Si tratta di una fusione di generi che consegna un prodotto a tratti straziante, ma anche profondamente soddisfacente. Se, infatti, da un lato vediamo la lotta tra amore e dipendenza, dall’altro si fa spazio quella che diventa una silenziosa e spietata vendetta nei confronti di un sistema omertoso.
La trama di Wash Me in the River
Shelby John e Ruby Red sono un po’ amanti dalle stelle avverse. I due giovani sono tossici che si amano anche e soprattutto nell’uso di sostanze. Le cose però a un certo punto cambiano: i due decidono di sposarsi. L’idea del matrimonio porta dei cambiamenti positivi in entrambi: si disintossicano e rigano dritto. Ruby ricomincia a frequentare la chiesa e si trova un lavoro, mentre Shelby lavora più duramente per risparmiare i soldi necessari a comprare a Ruby un anello di fidanzamento vero e ad avviare la loro futura vita insieme.
Ma le fiabe non sempre hanno un lieto fine: più di una volta vediamo infatti Elvis, uno spacciatore, fare capolino nella loro nuova vita ripulita, tentando più volte Shelby, che lo manda via prontamente. Ruby però non è così forte: accetta una dose di eroina da lui e se la inietta, morendo di overdose. Quando Shelby trova il suo cadavere parte per un viaggio della vendetta, furioso e irrefrenabile. Uccide Elvis e moltissimi altri delinquenti che lavorano per un certo Coyote, il boss della droga di quella zona. Shelby non si fermerà finché non scoprirà chi è, con il solo scopo di vendicarsi.
Una tela sporca
Wash Me in the River parte già con un sottofondo sporchissimo, che non si smorza mai. A rafforzare questa sensazione contribuisce in larga parte il cast, capace di impersonare personaggi mangiati dal rimorso, più simili ad anime del purgatorio che a esseri viventi. La sceneggiatura scritta da Chris Sivertson (Kindred Spirits) e Adam Taylor Barker (Before I’m gone) brilla tra la polvere grazie a Willa Fitzgerald (Piccole donne), Jack Huston (Boardwalk Empire), Robert De Niro (Taxi Driver) e John Malkovich (Educazione siberiana).
L’elemento portante resta però per noi la scenografia, curata da Melanie Rein (The Midnight Man), che riesce a esaltare contemporaneamente la sacralità della natura (come avremo modo di vedere tra poco) e la sua crudeltà, racchiusa nei terreni aridi e nelle strade sterrate, oltre che ovviamente nel colore del sangue e nello sprizzare delle gocce di sudore. È in particolare un elemento naturale a rappresentare un interessante veicolo di significati all’interno del film: stiamo parlando dell’acqua.
Tutto scorre
La spiritualità è ovunque nel film: il titolo stesso, “Wash Me in the River” è un chiaro riferimento al sacramento del battesimo, che è importante nella storia dei due giovani. Ruby infatti vuole purificarsi dalla sua condotta e dalla droga assunta, ma vuole anche purificare la propria anima per ritrovare un senso di pace e di felicità che non ha. Il sacramento del battesimo rappresenta il portone d’accesso al nuovo percorso che la ragazza ha deciso di intraprendere, ma sfortunatamente non vive abbastanza da potersi battezzare né tantomeno sposare.
Un altro riferimento all’acqua, all’importanza dell’acqua e del suo significato spirituale è una frase che la detective Zeppelin (Meadow Williams) dice allo sceriffo (Robert De Niro):
“Ho visto mia sorella. Mi disse che la nostra vita è un fiume che scorre finché non sfocia nell’oceano. Quando finalmente arriviamo al delta, dove il fiume incontra il mare, raggiungiamo il punto dove i nostri cari ci aspettano.“
Dunque, l’acqua è un simbolo importante. In effetti dopo la morte di Ruby è un elemento che vediamo pochissimo, se non nel finale, quando finalmente Shelby si immerge nel fiume per ricongiungersi alla sua amata, anche se non muore (da notare poi che l’acqua del fiume è torbida – probabile simbolo dei peccati lavati via).
Il cowboy solitario
Per quanto riguarda il filone narrativo western, ritorna in fondo molto spesso in TV e al cinema, perché non ha ancora dato tutto di sé. Nel caso di Wash Me in the River ne vediamo il lato più duro: il protagonista è un reietto che subisce un’ingiustizia e decide di risponderle con una vendetta solitaria, testarda e inarrestabile (non a caso il soprannome di Shelby John è Mustang). La differenza con i film canonici del genere sta però nell’ineluttabilità del suo destino: la conclusione della storia è sicuramente poetica, ma altrettanto sicuramente Shelby verrà arrestato dopo i titoli di coda.
Il lieto fine tanto anelato da perle come Ombre rosse è in questo caso puramente spirituale: il ragazzo si ricongiunge con la sua amata, ma solo a livello spirituale, facendoci ripensare proprio all’importanza del fiume, al viaggio che ognuno di noi deve compiere per trovare la propria pace. In questo caso, non sarà una scenografica cavalcata verso il tramonto a salutare i nostri protagonisti, bensì solo ed esclusivamente la morte, lontana per Shelby John e irreversibile per Ruby Red.
L’annullamento del genere umano
Prima di concludere la nostra recensione, gradiremmo parlare brevemente anche del grande male esposto in Wash Me in the River: la droga. Emmett ci inserisce in uno scenario degradante e degradato nel suo pungente realismo: la dipendenza dei due giovani viene rappresentata con disillusione, soprattutto durante la fase della disintossicazione. Il rapporto tra di loro, all’inizio della pellicola, è indissolubilmente legato all’estasi che l’eroina può procurare, una sensazione pervasiva che in realtà conduce all’annullamento totale del sé in favore del nulla.
La seconda parte del film, invece, ci mostra la sua capillarità in un sistema ben lontano dalla casupola sgangherata dei due. Lontani da esaltazioni di narcotrafficanti pieni di soldi (tendenza a cui ci hanno abituato prodotti come Blow e Narcos), Shelby John decide di risalire la corrente per incontrare il responsabile della morte di Ruby, che lui identifica con il narcotrafficante della zona. È una sorta di lotta contro un Dio blasfemo, se ci passate il termine: è un uomo che ritorna con i piedi per terra per calpestare un serpente che non aveva visto.
Le nostre conclusioni su Wash me in the river
In conclusione di questa recensione, vi consigliamo la visione di questo film (ma attenti agli aghi, i più sensibili potrebbero non apprezzare). Wash Me in the River è una creatura profondamente densa e oscura, ma trasmette tutta la volontà di rinascita che una persona può possedere. In una realtà molto rurale, lontana dai luoghi cui il cinema americano ci ha abituati, ha luogo una rapida quanto spietata vendetta, che porta con sé anche pesanti conseguenze e colpi di scena.
Speriamo di avervi convinti a guardare Wash me in the river. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo anche contenuti più dinamici. Se, inoltre, volete parlare con noi, suggerirci nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, abbiamo due gruppi community che fanno per voi, su Facebook e Telegram. Non vediamo l’ora di darvi il benvenuto, quindi cosa aspettate?
L'ultimo film di Randall Emmett è una pala d'altare imbrattata di sporcizia, da cui spiccano, come illuminati dalla luce eterea, i volti di un cast che riesce a donare incisività e drammaticità a una storia di amore e vendetta che non ha un lieto fine. Grazie soprattutto alla scenografia rurale e sterrata degli States meridionali i colori della morte e della violenza sono esacerbati, portando a compimento un affresco profondamente spirituale che punta alla redenzione e alla perfezione, ma scivola più di una volta nello stereotipo, mancando l'obiettivo.