Quando si cita il fantasy i primi riferimenti che ritornano alla memoria richiamano elfi, nani e stregoni, tanto il solco lasciato da Tolkien è profondo. Tralasciando la trilogia del Signore degli Anelli e la saga di Harry Potter, nessun prodotto si è saputo affermare davvero. I motivi? Pessimi adattamenti, mondi fantastici troppo complessi da concepire se non su carta e nella mente del lettore, temi superati per il pubblico di oggi. Eppure, nel mondo della letteratura (e dei videogiochi) il fantasy esiste, anche dopo Tolkien e anche discostandosi da George R. R. Martin e il suo Trono di Spade.
Esiste e prende anche strade molto diversificate tra loro, allontanandosi dagli elfi e dalle cotte di maglia dei cavalieri per volgersi verso argomenti più concreti. È il caso dell’argomento di questo articolo: la trilogia letteraria (e ormai anche seriale) di Queste Oscure Materie, dell’autore britannico Philip Pullman. La serie TV si è conclusa con uno svolazzo dorato qualche settimana fa. Quale momento migliore per ritornare indietro, allora, se non questo?
La trama di Queste Oscure Materie (un assaggio)
La storia di Queste Oscure Materie occupa tre volumi: La Bussola d’Oro, La Lama Sottile e Il Cannocchiale d’Ambra. Cercare di riassumerle tutte e tre in un paragrafo è impossibile, ma possiamo comunque accennarvi qualcosa. Siamo in un mondo uguale al nostro dove però l’anima delle persone esiste come daimon (un animale che vive al fianco di ognuno). In questo mondo è la Chiesa (chiamata Magisterium) a comandare, con tutto ciò che può derivarne. E nella Oxford di questo mondo inizia la nostra storia, che ha per protagonista Lyra, che vive insieme al suo daimon Pantalaimon al Jordan College. La bambina è orfana e ha solo uno zio, Lord Asriel.
Un giorno l’uomo ritorna al College per illustrare delle scoperte effettuate al Polo Nord agli accademici e chiedere un finanziamento. La bambina, scalmanata e insofferente alle regole, origlia la conferenza. È così che apprende dell’esistenza della Polvere, una sostanza che sembra venire dal cosmo. Lyra, in cerca di avventure, vorrebbe andare al nord con lo zio, ma lui glielo proibisce, lasciandola nell’istituzione. Non molto tempo dopo la bambina conosce la Signora Coulter, che la prende con sé come piccola assistente. Ma strane cose accadono per le strade delle città e ai bambini che le percorrono, e strani oggetti iniziano a comparire tra le pagine. Il primo? Una bussola d’oro…
La rivolta della comunità ecclesiastica
La Chiesa non hai mai preso benissimo la trilogia di Pullman per via dell’impostazione fortemente critica dell’autore nei confronti della religione. Non è infatti un caso se il Magisterium – la Chiesa nel mondo di Lyra – è il primo grande antagonista della trilogia. Il libero pensiero non è consentito, insieme a molte altre cose. Il mondo di Lyra è di primo impatto rigido, schematico e pieno di spie. Tutto è contro di te, pronto a zittirti se ragioni con la tua testa e ti allontani dai dogmi.
In un mondo del genere non fa quindi meraviglia che uno strumento tanto complesso quanto raro, l’aletiometro (la bussola d’oro), spaventi l’istituzione. Il motivo è che dalle lancette della bussola e dai suoi 36 simboli si può scoprire la verità su tutto. Per raggiungerla occorre però interpretare i simboli scelti e dare loro un significato. Il confine allora tra verità ed eresia è un filo molto sottile, come scoprirà molto presto la bambina. L’impostazione anticlericale e critica della storia proprio nei confronti della religione ha causato ondate di sdegno che si sono ripetute, ciclicamente, arrivando fino ad oggi.
Un pozzo di scienza (e di altre materie)
Queste Oscure Materie non è un fantasy come tutti gli altri, perché è in realtà un mezzo. Pullman usa i suoi libri per esprimere tutto un ventaglio di saperi, che toccano la mente del lettore. Indipendentemente dalle sue tendenze anticlericali la trilogia è una pietra preziosa sfaccettata e piena di sfumature, che prendono vita attraverso gli occhi dei tantissimi personaggi. Questo è un enorme vantaggio, ma è anche l’opportunità di affacciarsi a branche del sapere che spesso vengono considerate troppo difficili o troppo astratte.
Teologia, fisica e filosofia sono solo tre delle materie che prendono forma tra le pagine di questi libri, con tutte le loro particolareggiate ramificazioni, unite alla letteratura e alla poesia britannica. Tra gli autori prediletti da Pullman, infatti, primeggiano John Milton ed Emily Dickinson. Il primo ha ispirato il nome stesso della trilogia, come viene suggerito all’inizio del primo volume. La seconda ricorre più volte nel terzo volume, addolcendo la sorte dei personaggi, con un’alternanza di versi che evocano ora la beatitudine insita nella natura ora la morte, sempre gentilmente menzionata.
Luce chiarificatrice in un buio vertiginoso
Tutto questo sapere farebbe sicuramente piacere al Bibliotecario del Jordan College, non solo per il valore assoluto che queste nozioni hanno, ma anche per il modo in cui vengono trasmesse al lettore. Lo stile di Pullman è infatti chiaro, semplice, cristallino. Tramite le sue parole anche i concetti più teorici e complessi si ridimensionano, rendendosi sia malleabili (per la trama) che lampanti, e dunque recepibili da chiunque, adulto o bambino, studioso o meno.
Grazie alla chiarezza delle parole e delle relative figure retoriche impiegate dall’autore l’utile si unisce al dilettevole, istruendo chi legge ma non solo. Il continuo palesarsi di nozioni teoriche e la conseguente spinta a ragionare sui fatti che si svolgono nei romanzi è in realtà l’atto pratico della grande morale della trilogia. Senza fare eccessivi spoiler, il messaggio finale che Queste Oscure Materie lascia concepire a Lyra è che il paradiso può esistere anche sulla Terra, ma spetta a noi istituirlo, sforzandoci di riflettere in maniera critica e applicando il libero pensiero nei confronti delle cose, mettendo in pratica l’altruismo e la gentilezza.
Un punto di vista collettivo per le anime perdute
Uno stile diretto caratterizzato dalla semplicità ha anche un altro effetto: potendo raggiungere tutti, diventa tutti. Più semplicemente, Pullman riesce ad adattarsi a molteplici punti di vista, il che risulta in personaggi completi e sfaccettati nonostante il passato di molti non venga mai effettivamente portato alla luce. Bastano poche frasi per incastonare nell’immaginario la stucchevole carineria della Signora Coulter, che come una pianta carnivora attira a sé con promesse per poi logorare lentamente e definitivamente le sue prede.
L’adattabilità dello sguardo del narratore è uno dei punti imprescindibili di Queste Oscure Materie, ma non solo: è una caratteristica altrettanto fondamentale per la realizzazione di buone trasposizioni. Nel corso degli anni sono stati adottati due approcci completamente diversi, che hanno dato al grande pubblico due prodotti altrettanto opposti: La Bussola d’Oro, film del 2007 diretto da Chris Weitz, e His Dark Materials – Queste Oscure Materie, serie TV andata in onda dal 2019 al 2022 ideata da Jack Thorne. Vediamo insieme in che modo sono diversi, e in quali rispettano l’opera originale.
La Bussola d’Oro: il primo tentativo
Uscito nel 2007, La Bussola d’Oro adatta il primo volume – omonimo – della trilogia di Pullman. Diretto da Chris Weitz, il film può contare su un cast famoso e talentuoso e su effetti speciali notevoli (tanto da assicurargli nel 2008 un Oscar). I personaggi sono caratterialmente (e visivamente) fedeli al romanzo, così come la CGI riesce a rendere estremamente reali gli orsi corazzati, i daimon e tutti quei piccoli elementi che rendono quell’universo così speciale e unico.
Se La Bussola d’Oro brilla per queste due componenti, è anche vero che al livello della sceneggiatura non va proprio benissimo: non sapremo mai effettivamente cosa ne sarebbe stato del progetto perché l’idea iniziale – quella di realizzare una trilogia di film – venne accantonata a causa della grave crisi economica iniziata quell’anno, ma è anche vero che guardando ai libri il lavoro fatto nell’adattamento è un vero e proprio scempio, che si allontana dai temi centrali dell’opera letteraria.
Una versione realmente blasfema
È inevitabile che, nel preparare una trasposizione cinematografica, qualcosa dell’opera cartacea vada perduto. È un fatto che va messo in conto: non tutto è adattabile né adatto agli schermi. La cosa più importante è non stravolgere la trama principale e mantenere integri quelli che sono i temi fondamentali della storia (dal momento che i temi fanno la parte dei motori). Con La Bussola d’Oro, purtroppo, non ci sono riusciti. E, mentre la Chiesa condannava nuovamente l’opera di Pullman per averla rappresentata come malvagia, i fan si ritraevano inorriditi di fronte ad un film che del romanzo originale, effettivamente, conserva ben poco (e pure male).
Il film sembra un tentativo di purgare Queste Oscure Materie proprio dell’oscurità insita nel titolo, rendendolo un film per famiglie con lieto fine e senza alcun risvolto negativo. La cosa non ha senso, perché il Magisterium esiste e viene introdotto, la Signora Coulter è effettivamente malvagia e la Stazione Sperimentale ci viene mostrata, ma la malvagità e la corruzione insita in questi elementi è effimera e si perde senza lasciare dietro di sé alcun messaggio. Intere parti della storia sono state prese e rimodellate per entrare in un determinato schema che però rovina l’essenza primaria del mondo della trilogia, troncando di netto i collegamenti con gli altri due capitoli letterari.
His Dark Materials: il secondo tentativo
Bisogna attendere fino al 2019 per veder ricomparire su schermo un adattamento di Queste Oscure Materie. Si tratta in questo caso di una serie TV, articolata in tre stagioni (tante quante sono i libri) ciascuna con in media 7 episodi. Anche in questo caso il cast è una rosa di talenti (Ruth Wilson e James McAvoy sono solo due esempi) e la produzione è stata affidata a HBO. La serie si è conclusa da poco (in Italia l’ultimo episodio è andato in onda solo qualche settimana fa) e adatta molto più fedelmente la storia rispetto al film.
Più freddo e ragionato rispetto alla pellicola, His Dark Materials tiene fede non solo ai molteplici risvolti della trama ma anche e soprattutto ai messaggi in essa contenuti, regalando agli spettatori (neofiti e non) un ottimo prodotto che riesce a non stravolgersi né a scadere mai, sia nell’ultima stagione – la più incisiva – che in determinati (e determinanti) momenti delle altre due. Punte di diamante sono poi Dafne Keen e Amir Wilson, che si riconfermano dopo i rispettivi esordi delle giovani promesse cinematografiche.
Ammodernando con criterio
His Dark Materials non solo ha potuto contare su uno spazio temporale di manovra più esteso, ma anche su un cambio di registro necessario. Se, infatti, La Bussola d’Oro era stato pensato per famiglie, la serie britannica acquista una prorompente maturità, avvicinandosi paradossalmente ai libri e, anzi, riallacciandoli tra loro fin dalla prima stagione (nel caso di Lord Boreal). Sembrerebbe che l’ideatore della serie abbia colto bene l’idea dell’autore, che non ha mai concepito i romanzi da lui scritti come “storie per bambini”, ma piuttosto come una serie fantasy per ragazzi e per adulti.
Un altro aspetto molto azzeccato è l’adeguamento temporale: la Oxford che vediamo nella serie è la nostra, con gli smartphone e tutto il resto. Nel primissimo episodio è possibile osservare un elicottero nel mondo di Lyra (quando effettivamente nei romanzi vengono menzionati soltanto i dirigibili e le barche dei gyziani). Tutti questi piccoli particolari – sparsi dappertutto – servono a interlacciare ancor più finemente gli universi di Pullman tra loro, rafforzando il patto finzionale.
Dalla meraviglia alla disillusione
Dunque l’innocenza disincantata del film si perde negli episodi della serie quasi subito, evidenziando la crudeltà e la rudezza del mondo, ovattata nel primo adattamento. His Dark Materials non ha paura di riportare ogni cosa – dai giochi di potere del Magisterium a elementi grafici non proprio adatti a un pubblico di minori – e lo fa con precisione. I cambiamenti apportati vengono così pienamente perdonati e accettati, mentre la serie si muove con eleganza tra i vari eventi che la costellano.
Il mondo di Pullman è pieno di bambini che giocano un ruolo fondamentale, eppure non sembra affatto essere adatto a loro e alla loro inconsapevolezza. Inoltre, indipendentemente dalla religione in sé, la serie riesce a portare al traguardo l’ultimo messaggio della trilogia: il paradiso lo si deve costruire sulla Terra, da vivi. Bisogna usare la testa, ma non solo per il mero studio accademico: ragionando è possibile agire in maniera altruistica e compassionevole nei confronti del prossimo, e solo attuando questa politica di condivisione il mondo può essere almeno un po’ migliore.
In conclusione
Quella di Queste Oscure Materie non è una storia breve, né tantomeno una storia con un lieto fine canonico (solo perché la protagonista è un’undicenne non significa che trovi l’arcobaleno dopo la pioggia). Potremmo dire che ciò che la storia di Lyra, Will e tutti gli altri è un finale estremamente concreto, utile e carico di inaspettata speranza. Perché purtroppo prima o poi tutti crescono e devono affrontare la vita, malgrado le loro migliori intenzioni. E poterlo fare contando su sé stessi e su ciò che si è appreso dalla memoria collettiva è un enorme, fantastico primo passo.
Noi di Kaleidoverse speriamo di avervi donato un articolo interessante che vi faccia venire voglia di recuperare i libri. O, se non l’avete ancora fatto, di correre a guardare la serie (che in Italia potete trovare su Sky o su NowTV). Quale che sia la vostra scelta, siamo sicuri che non ve ne pentirete e anzi, ne uscirete rinvigoriti. Vi invitiamo, infine, a seguirci sui social, dove pubblichiamo un sacco di contenuti e a dirci la vostra sfruttando uno dei nostri canali community (Facebook oppure Telegram). Vi aspettiamo!