Febbraio riesce sempre a risultare, nonostante la breve durata, carichissimo di eventi. E quindi, mentre in lontananza si sentono ancora le canzoni del Festival di Sanremo e per strada si vede qualche palloncino a forma di cuore, accogliamo a piene mani il Carnevale. La settimana di festeggiamenti colorati e burloni è un ottimo pretesto per mettersi comodi (dopo una doccia di coriandoli) a guardare una serie che rispecchia pienamente sé stessa anche nel mondo. Dopo ben tre anni di silenzio, infatti, Carnival Row è tornata – svolazzando – con la sua seconda e ultima stagione, seguita dalla nostra immancabile recensione.
Sembrava che non sarebbe mai successo: la pandemia, come ben sappiamo, ha contribuito ad arrestare e rallentare la maggior parte delle produzioni seriali e filmiche in giro per il mondo, ed effettivamente se ne scorgono i segni anche su Carnival Row, dando un’occhiata ai nomi che compongono la produzione. Assenti, infatti, Travis Beacham e René Echevarria, sostituiti da Erik Olenson (Daredevil). Inoltre, come produttori esecutivi figurano Orlando Bloom e Cara Delevingne, che interpretano i due personaggi principali. Insomma, un po’ tirata per i capelli, su Amazon Prime la seconda stagione è disponibile dal 17 febbraio, e in questa recensione andremo a parlarne (senza fare spoiler, ovviamente).
Ma dov’eravamo rimasti in Carnival Row?
La prima stagione si era conclusa con la trasformazione di Carnival Row (che ricordiamo essere una zona di Burgue) in un vero e proprio ghetto per tutti i fatati, decisa dal neo-cancelliere Jonah Breakspear (Arty Frouschan). La decisione smaschera l’odio latente degli abitanti non-fatati di Burgue e inasprisce gli animi anche dei fatati, che iniziano a soffrire la fame e le malattie, completamente abbandonati a loro stessi. Per quanto riguarda i nostri personaggi, avevamo lasciato Vignette (Cara Delevingne) e Philo nella Row ad affrontare il nuovo ordine delle cose.
Mentre la situazione sociale di Burgue precipita Agreus (David Gyasi) e Imogen (Tamzin Merchant), invece, ci vengono mostrati mentre lasciano la Repubblica per un posto migliore, uno in cui poter essere liberi di stare insieme lontani dai pregiudizi sociali e da Ezra (Andrew Gower), il fratello di Imogen. La seconda stagione riprende con questi presupposti e ci mostra l’evoluzione della situazione nella Row, i delicati intrighi politici che sorreggono l’oppressione dei fatati e nuovi delitti, mentre una ulteriore e nuova minaccia si avvicina da oltreoceano.
Trucchi nuovi per maghi vecchi
Come abbiamo già detto ci sono stati alcuni cambiamenti dietro le quinte di Carnival Row. Per quanto riguarda il cast, invece, possiamo contare sui volti noti che abbiamo imparato a conoscere nella prima stagione. Quindi, oltre a Bloom e Delevingne tornano Karla Crome (Under the Dome), Andrew Gower (Outlander) e Simon McBurney (The Conjuring – Il caso Enfield). Accanto a loro troviamo anche qualche faccia nuova, come quella di Jay Ali (The Purge), Joanne Whalley (Tin Star) e George Georgiou (Il Trono di Spade).
Il comparto effetti speciali resta – come nella prima stagione – ottimo, fondendo l’immaginario con il reale così bene da rendere il tutto molto verosimile. Inoltre, la cura per i dettagli di ogni singola creatura (sia che si tratti di effetti digitali o resi con il trucco) denota una profonda cura per il progetto, che riverbera in molti altri dettagli di più ampia veduta (come le interpretazioni del cast). Oltre al miglioramento dei movimenti dei fauni, che nella prima stagione sembravano leggermente più impacciati, molto migliorate sono le ali delle fate, tanto da risultare quasi reali.
Uno strapiombo sulla rivoluzione
Per preservarvi dagli spoiler non faremo riferimento a nulla di specifico, ma ci teniamo a parlare dei temi principali che emergono da questa ultima stagione di Carnival Row. Il primo e più importante perché più preponderante è la lotta contro l’oppressore. Non è un mistero, infatti, che la situazione a Burgue fosse già tesa ben prima dell’istituzione del ghetto, ma nel corso di questa stagione si crea una vera e propria spaccatura. C’è chi cercherà di risanarla con tutte le sue forze e chi la vedrà come un segno per completare la rottura tra fatati e umani, da entrambe le parti.
La bellezza di Carnival Row, in questo caso, sta nel rappresentare con crudezza e verità disincantata cosa significhi operare una rivoluzione contro l’oppressore, evitando di glorificare un lato rispetto all’altro e, in buona sostanza, schierandosi dalla parte del compromesso. L’annientamento, infatti, non corrisponde semplicemente alla liberazione di un gruppo dall’altro ma alla vittoria dell’odio sulla possibilità di poter vivere in pace. Non è possibile costruire il futuro sulle ceneri del rancore e del dolore: occorre percorrere la via della diplomazia, anche se non è la più facile, perché solo in quel modo si può arrivare alla libertà.
Liberazione e rammarico
Il cammino verso la risoluzione finale mette a dura prova i personaggi, che devono rimettere in discussione i loro valori e la propria indole. In particolare, più di una volta sfidano i propri limiti, cercando di capire effettivamente di cosa sono capaci. Un ottimo esempio è Tourmaline (Karla Crome), che ha un vero e proprio exploit, posizionandosi sicuramente tra i personaggi migliori di tutta la stagione. Anche se in difficoltà, infatti, la fata agisce e lo fa per sé stessa, allontanandosi dalla dipendenza affettiva che aveva nei confronti di Vignette.
La fata interpretata da Delevingne e Philo si ritrovano, invece, a dover prendere le distanze l’una dall’altro, perseguendo i propri obiettivi indipendentemente, ma avendo come denominatore comune proprio Tourmaline. Anche Agreus e Imogen affrontano eventi segnanti e si vedono costretti a compiere azioni irreversibili. Il fermento generale che percorre la stagione sfocia, alla fine, nella liberazione, che assume le forme del volo libero delle fate, di un discorso molto importante e di un incisivo segnale di progresso nella Repubblica.
Una storia ancora da scrivere
Il finale della serie lancia comunque un messaggio di speranza, che di questi tempi, visti i disordini a livello mondiale, fa sempre bene. Non possiamo però non notare quanto la sceneggiatura soffra. Se la prima stagione, infatti, affrontava con tempi ragionevoli le questioni, preparando il terreno al futuro, la seconda ha dovuto chiudere i battenti di Carnival Row. Questo ha evidentemente portato ad alcune scelte di scrittura che sì, velocizzano la narrazione, ma lo fanno a spese della coerenza.
Alcuni personaggi infatti cambiano fin troppo repentinamente, confondendo lo spettatore e apparendo falsi di fronte a sé stessi e al modo in cui erano stati concepiti in precedenza. Di conseguenza, anche alcuni punti della trama appaiono più nebulosi di quanto dovrebbero in realtà, risultando poco chiari. La nostra opinione è che probabilmente fosse stato abbozzato lo stato finale delle cose, l’epilogo, ma che per raggiungerlo siano state bruciate fin troppe tappe, che uccidono il pathos e l’aura magica della serie.
Le nostre conclusioni su Carnival Row
L’ultimo dialogo della serie si conclude con un’affermazione potente: “E che succede dopo?”, chiede un personaggio. L’altro gli risponde: “Beh, immagino che dovrò scoprirlo”. Vi invitiamo a seguire il suo spirito d’avventura e a scoprire cosa ne è stato di Philo e compagni al più presto per poter poi immaginare il futuro di un mondo che fonde il fantasy con lo steampunk con maestria. In fondo Carnival Row contiene tutto: magia, politica, amore e conflitto. Un connubio che riserva non poche sorprese e capovolgimenti improvvisi.
La serie si conclude allo stesso modo in cui il sole tramonta alla fine di una lunga giornata: gettando riflessi dorati sulle cose e portando la speranza per un domani migliore. Innegabile l’amore profuso dal cast nel riportare in vita un mondo che ha ancora molto dire e cerca di farlo al meglio delle sue possibilità. Noi speriamo che vi piacerà il gran finale, e vi invitiamo a condividere con noi le vostre impressioni sulle nostre pagine social. Seguiteci anche su Kaleidoverse, dove pubblichiamo anche molti approfondimenti sulle serie del momento. Vi aspettiamo!
Sembrava impossibile, ma ce l'hanno fatta: l'ultima stagione di Carnival Row è finalmente giunta sugli schermi, riportando gli spettatori nel mondo fantastico e steampunk di Vignette e compagni. Tra folle roboanti e nuove rivelazioni, la serie si riconferma una piccola prelibatezza fantasy, in grado di distinguersi per la varietà dei temi e dei personaggi impiegati. Nonostante qualche strappo alla sceneggiatura abbia in qualche modo modificato i caratteri di alcuni personaggi, la stagione si fa guardare con piacere, trasportandoci verso un agognato finale che lascia ben sperare per il futuro di Burgue e dei fatati.