L’horror è un genere che si agita continuamente nel suo piccolo grande spazio umidiccio e buio. Alle volte capita però che si sporga dall’ingresso del suo antro misterioso e si guardi intorno con fare circospetto, trovandosi ogni volta una società diversa di fronte. Quando questo accade, di solito, parte un duello di sguardi che nemmeno Clint Eastwood in Mezzogiorno di fuoco, il cui risultato però non è sempre scontato. Se, infatti, a volte è l’horror a vincere, consacrando nell’immaginario collettivo grandi capolavori del cinema come Suspiria, Nightmare e L’Esorcista, altre volte è la società a rispedire nelle buie cavità lo spavento e il brivido.
I motivi per cui un’opera del terrore non riesce a fare breccia tra le budella delle persone sono tanti, e non saranno esaminati qui. No, in questo articolo il protagonista è un film ben preciso, ultimo di quella che ormai è una saga: si tratta di Scream VI, uscito nei cinema italiani il 9 marzo 2023. Diretto da Tyler Gillet e Matt Bettinelli-Olpin (che hanno diretto anche Scream V), la storia che ha fatto conoscere al mondo intero il nome di Ghostface prende una piega originale e ampia. Alcuni hanno già iniziato a definire la pellicola un cult del cinema horror, e in questo articolo vedremo perché. Attenzione! L’articolo potrebbe contenere spoiler.
Scream VI: dove eravamo rimasti?
La saga di Scream tiene compagnia agli appassionati degli horror (e del sottogenere slasher) ormai da 25 anni (più o meno). Per chi, tuttavia, si fosse dimenticato qualcosa, la vicenda parte da Woodsboro, dove hanno inizio una serie di efferati omicidi che sconvolgono la comunità e sembrano in qualche modo essere collegati a Sydney Prescott (Neve Campbell), liceale del posto, che alla fine riesce ad avere la meglio sull’assassino, Ghostface (anche se in realtà sono due). A partire da questa vicenda si sviluppano i film successivi, che raccontano la vita di Sydney e delle persone che le ruotano intorno mentre la maschera a forma di fantasma torna ciclicamente a sfidarla.
Gli ultimi tre film – Scream 4, Scream V e Scream VI – hanno però lasciato sempre più spazio ad altri personaggi, trasformando la final girl del franchise in personaggio secondario e in aiutante. Così prendono piede nuovi punti di vista e nuove storie, che hanno sempre in comune l’inquietante e silenziosa presenza dell’assassino misterioso. Scream VI, in quest’ottica, è il sequel di Scream V (prequel della saga) e vede come protagoniste Sam e Tara Carpenter (Melissa Barrera e Jenna Ortega), due sorelle che hanno un legame ancor più singolare con Ghostface e la sua scia di sangue.
Nuovi occhi per vedere
Il cambio di tono nel corso della saga è evidentissimo: i primi quattro film vedono infatti la firma di Wes Craven (regista che ci ha regalato un altro personaggio cardine del cinema horror, Freddy Krueger), mentre il quinto e il sesto come abbiamo detto sopra sono firmati da Tyler Gillet e Matt Bettinelli-Olpin, che hanno dedicato il quinto film a Craven (deceduto nel 2015). Il fatto che due paia di occhi diversi si siano approcciati all’universo di Scream ha relativamente modificato l’aura del franchise. La comicità tagliente e i momenti di suspense sono infatti meno incisivi rispetto all’operato di Craven, ma i cambiamenti apportati hanno una loro ragion d’essere.
Il mondo infatti va avanti e si evolve: l’horror questo lo sa molto bene perché rispetto agli altri generi cinematografici deve adattarsi più spesso alla soglia di paura che il suo pubblico riesce a sopportare. Il franchise di Scream, poi, evidenzia questa peculiarità del genere alla massima potenza, viste le continue e innumerevoli citazioni che sono puro metacinema. Se all’inizio spettava a Randy (Jamie Kennedy) farsi portavoce dei dettami del genere, nel corso dei film questo ruolo è rimbalzato su qualcun altro, ma è sempre riuscito a presentare al pubblico i vari accorgimenti che l’industria ha dovuto prendere per reinventarsi, proprio come ha fatto Scream.
Qual è il tuo film horror preferito?
Sono proprio i riferimenti metacinematografici la prima caratteristica che secondo noi ha conquistato il pubblico dopo aver visto Scream VI, nonostante siano un po’ contraddittori. Se, infatti, nel quinto capitolo della saga ad essere criticati erano proprio i film horror sofisticati (come quelli diretti da Jordan Peele, Ari Aster o Robert Eggers) in Scream VI ogni cosa è una citazione metafilmica, anche e soprattutto nei confronti di capolavori horror del passato (come Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento o L’ultima casa a sinistra di Craven stesso).
È secondo noi l’abilità di inserire Easter Egg nei punti più impensabili che ha colpito gli spettatori e ha contribuito a conquistarli: chi non ha pensato a Venerdì 13 Parte VIII dopo i primi minuti di film, quando Ghostface uccide la sua prima vittima (che tra l’altro è Samara Weaving, una Scream Queen)? E chi non si è sforzato di riconoscere tutte le maschere di Halloween sulla metropolitana, mentre il pensiero correva contemporaneamente alle scene finali di Final Destination 3? La caccia al riferimento ha tenuto sicuramente attenti gli amanti del genere: e per quanto riguarda gli spettatori medi invece? Cosa lo ha reso un buon film per loro?
Il seme della follia è ben piantato
Uno degli elementi principali dei nuovi film di Scream riguarda una delle protagoniste, Sam. Se infatti Sydney, per quanto provata dagli eventi in cui si ritrova coinvolta, riesca sempre a restare stoica e reattiva, Sam è un personaggio diverso, molto più complesso e a tutto tondo. Tormentata da allucinazioni che la legano indissolubilmente con il primo capitolo della saga, Sam deve provare continuamente in primis a sé stessa il proprio valore, accettando il proprio ruolo di anti-eroina in una società che è disposta a scaricarle addosso responsabilità che non ha, solo per via delle sue origini.
Più in generale, i nuovi personaggi introdotti in Scream sono molto più umani e meno stereotipati rispetto ai loro predecessori, lasciando quindi ampio spazio all’immedesimazione degli spettatori. Sono sempre personaggi forti, ma lasciano trasparire anche tutte le loro fragilità, rendendosi più simili a noi di quanto non siano Sydney e Gale, che d’altro canto sono modelli a cui aspirare, più che personaggi in cui rivedersi (ovviamente lo stesso discorso si applica a Linus). Quel pizzico di instabilità mentale, allora, ha uno scopo ben preciso: dimostrare che anche gli eroi sono fallibili.
È tutto nella maschera
Mentre le vecchie dinamiche sembrano quindi essere ormai sempre più lontane dai film di Scream (anche la saga metacinematografica di Stab ha iniziato a perdere valore ormai) tutto in Scream VI ci annuncia in realtà che a essere fondamentali non sono i personaggi. Paradossale, visto soprattutto che abbiamo appena celebrato la loro evoluzione. Eppure, nel corso del film non ci viene forse detto che una volta diventato un franchise un film horror cambia asse? Improvvisamente non sono più i singoli personaggi a portare avanti la trama: Sydney e Linus in questo film non ci sono, e Gale ricopre (insieme a Kirby) un ruolo davvero marginale.
A conservare il suo status è solo Ghostface, che paradossalmente ha cambiato interprete ad ogni film. Questa è un’affermazione importantissima: il killer mascherato adesso ha per lui vetrine, raccolte di oggetti di culto. Insomma, ormai ha raggiunto i livelli di Jason Voorhees e di Freddy Krueger nell’Olimpo degli slasher, infatti ha abbandonato la ristrettezza di Woodsboro arrivando a New York, dove può diventare letteralmente chiunque, come vediamo nei primi minuti del film, quando a commettere il primo omicidio è un ragazzo che con Woodsboro non ha niente a che fare.
Dalla gerarchia alla found family
L’ultimo fattore in questo articolo (non per importanza) riguarda ancora una volta i personaggi. Perché in fondo la trama negli slasher dopo un po’ diventa ripetitiva – fa parte della magia del genere. I personaggi che hanno preso piede a partire da Scream V però sono molto diversi, non solo perché sono sfaccettati, ma anche perché legano tra di loro diversamente. Nei primi Scream, per quanto i singoli stringessero amicizia o formassero legami di altra natura persisteva sempre e comunque una diffidenza di fondo, che si annullava solo nei momenti conclusivi delle varie trame. E sì, Gale, Linus e Sydney hanno comunque un rapporto consolidato, ma che si dissipa quando ognuno riprende la propria vita.
Crediamo che si tratti semplicemente del modo in cui i traumi (i tentativi di Ghostface di ucciderli) li hanno fatti legare: le connessioni che si formano su eventi traumatici non sono mai destinate a durare. Al contrario, i nuovi personaggi legano innanzitutto perché lo vogliono, perché sono amici e si vogliono bene (il trauma è secondario e li fa legare ancora di più). È il tropo della found family, ovvero di quella famiglia che si sceglie di costruire con gli altri, non di quella che ci viene assegnata alla nascita (e infatti nel finale Sam lascia sull’asfalto la maschera di Ghostface, allontanandosi dall’ombra di suo padre).
Chi raccoglierà la maschera?
Speriamo che se i film del franchise di Scream continueranno lo faranno conservando quella verve pungente e volta al mondo del cinema del brivido. Voi, invece, cosa ne pensate? Avete visto Scream VI? Pensate che sia un cult o le reazioni in giro per il Web vi sembrano spropositate? Noi ci siamo limitati a ricercare nel film quelle che potevano essere le ragioni per una definizione così netta della pellicola, ma vi aspettiamo numerosi nei commenti per discuterne insieme. Seguite Kaleidoverse sui social e iscrivetevi ai gruppi community, vi aspettiamo!