Per rispondere subito alla domanda: sì, è stata la decisione migliore, ma ciò non significa che non dispiaccia, o che non ci siano speranze per il futuro. L’E3 è stato per anni un punto di riferimento per i videogiocatori di tutto il mondo, riunendo le community per quella che era diventata, a tutti gli effetti, una tradizione imprescindibile. Ciononostante, ritengo giusta la scelta di fermarsi nuovamente – l’evento era stato cancellato anche nel 2022, per quanto fosse difficile da credere –, perché col passare del tempo la fiera ha perso rilevanza. Per capire appieno cosa intendo, è necessario ripercorrere la storia della kermesse losangelina, partendo dalle sue origini.
Il primo E3 si è tenuto nel maggio del 1995 al Convention Center di Los Angeles e ha attirato oltre 50.000 appassionati da tutto il mondo. L’Electronic Entertainment Expo è nato per consentire alle aziende di videogiochi di parlare dei propri prodotti – nuovi titoli, console e periferiche – su un palco dedicato, perché tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, nonostante il settore videoludico fosse in grande ascesa, non esistevano eventi che svolgevano questa funzione. Le uniche occasioni per poter fare annunci e presentazioni erano relegate alle esposizioni sulla tecnologia in generale, nelle quali il gaming era comunque marginalizzato. E si parla di un medium che già all’epoca era ben più che radicato nella pop culture mondiale, con grandi successi come Super Mario, Final Fantasy, Tetris e Sonic the Hedgehog che spopolavano.
E3: caduta e rinascita
Fino al 2006 l’attenzione mediatica attorno all’E3 crebbe esponenzialmente, e con lei l’imponenza dei padiglioni allestiti dalle aziende del settore, che vedevano nella fiera un investimento sicuro. Fu dal 2007 che iniziarono i problemi, con una battuta d’arresto improvvisa causata dai dirigenti di ESA, gli organizzatori della kermesse, che volevano tanto limitare i costi – sempre più elevati – quanto rendere più agevole la permanenza dei giornalisti, i quali trovavano insostenibile la presenza di troppi visitatori, a causa delle infinite per provare i titoli presentati. La decisione di ESA non fu ben accolta, e le conseguenze furono ben più gravi dell’abbassamento drastico delle presenze, cui si provò a mettere una pezza nell’anno successivo: la stampa generalista perse interesse per la manifestazione e questo rese difficile comunicare le novità al pubblico, a eccezione degli appassionati.
È necessario contestualizzare il dramma dietro questa situazione: l’E3 era una pedina essenziale per il settore perché rappresentava la principale fonte di informazioni videoludiche in un momento storico nel quale Internet non aveva ancora attecchito completamente. Questo le Software House lo sapevano bene, per cui fecero pressione su ESA affinché riportasse la fiera ai fasti produttivi e di affluenza precedenti alla crisi, e così si arrivò a un equilibrio che consentiva a giornalisti e non addetti ai lavori di partecipare, cementificando negli anni a venire l’evento come tradizione immancabile per i fedelissimi del settore videoludico.
Una morte necessaria
Se è vero che l’E3 è stato, tra alti e bassi, una costante nella vita di moltissimi videogiocatori, è innegabile che nel tempo la sua importanza sia andata scemando, e i motivi sono diversi:
- Le aziende del settore che hanno progressivamente abbandonato la convention in favore di dirette streaming prodotte e distribuite in autonomia, come i Nintendo Direct di Nintendo o gli State of Play di Sony;
- Lo sviluppo di Internet e la sua conquista dell’informazione, ormai immediata, facile da ri-condividere e commentare sui social, presente a livello quotidiano e che, dunque, non abbisognava più del grande palco losangelino per arrivare a chiunque;
- La pandemia di Covid-19, che ha inevitabilmente portato alla sospensione di tantissimi eventi, dimostrando però, nel caso dell’E3, quanto l’industria potesse fare a meno della sua presenza;
- L’esistenza di altre convention dedicate al videogioco che hanno acquisito sempre più popolarità, come la Gamescom e il Tokyo Game Show.
È per queste ragioni, dunque, che l’ufficializzazione cancellazione dell’E3 non stupisce davvero. La decisione di ESA ha delle implicazioni da affrontare a mente fredda, lontano dai sentimentalismi legati ai momenti belli vissuti durante le dirette, perché bisogna guardare in faccia la realtà: l’E3 ormai non è più di alcuna utilità, ha perso il suo appeal di “grande evento”, non rappresenta più il punto d’incontro tra le aziende, le testate giornalistiche e i fan. In un mondo in cui i media si evolvono a velocità estrema, l’E3 dovrà fare tesoro di questo periodo di stop e capire come essere al passo coi tempi, per potersi ritagliare uno spazio e ritrovare quell’unicità che dal 1995 l’ha resa grande.
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