Dal tredici ottobre è disponibile su Diseny+ la nuova serie di Piccoli Brividi (Goosebumps in lingua originale). Disney ripropone al pubblico un grande classico. Si, un grande classico poiché è difficile non trovare – per chi è cresciuti negli anni ‘90 inizio ‘00 – un posticino nel cuore per quella serie. Serie che portava sul piccolo schermo le storie scritte da R.L. Stine. Con gli anni sia le storie su carta che la loro trasposizione sono diventate dei piccoli cult, intrisi di una sciocca innocenza, a cui era impossibile non affezionarsi. Sarà riuscita questa nuova installazione a trovare un posticino nei nostri cuori? Svisceriamo meglio il tutto nella recensione di Piccoli Brividi.
Antologia o non antologia?
Chi ricorda la serie classica ricorderà sicuramente la sua natura antologica. Ogni puntata aveva protagonisti differenti e mostri differenti. Era la classica formula da “mostro della settimana”, spesso usata o abusata in molti prodotti dell’epoca; un esempio lampante di questa tecnica ne era la serie X-Files. Questa nuova interazione si fa erede della serie classica di fine anni Novanta e cerca di trasporre le classiche storia R.L. Stine nel ventunesimo secolo. Con uno stile puramente seriale e non antologico come da consuetudine per la serie classica. Questo cambio di stile porta inevitabilmente a un obbligato cambio di ritmo narrativo. Difatti con un cambio di rotta così drastico il sistema narrativo si fa consequenziale, ereditario ed ereditato da una modalità moderna di fare televisione. Non solo lo schema narrativo è aggiornato ai nostri giorni ma anche l’ambientazione.
Tutta la vicenda si snocciola ai giorni nostri in una qualsiasi cittadina americana. Ogni avvenimento e ogni puntata è interconnessa a quella precedente come lo è a quella successiva. Coprendo in queste puntate alcune delle storie più amate della saga letteraria. Ma congiungendo ogni evento, ogni storia. Il fulcro della vicenda girerà attorno a cinque ragazzi che in un modo o in un altro entreranno in contatto con forze sovrannaturali. Uniranno le forze per scoprire cosa sta succedendo nella loro città. Il gruppo in questione risulta estremamente eterogeneo e, sebbene ambientato in una tipica high school americana, non vengono proposti alcuni classici stereotipi. Per rendere più chiara questa idea, il primo protagonista della serie è il quarterback Isaiah. Un ragazzo qualsiasi e non uno stereotipo tossico e macchiettistico. Rendendo il compito di empatizzazione più semplice per lo spettatore.
Una questione di estetica
Cambiano i tempi e con essi cambia l’estetica. Come detto poc’anzi, le vicende sono ambientate nell’epoca attuale, questo non evita, ma anzi, accentua un senso di nostalgia. Senso di nostalgia assolutamente voluto, poiché eliminato qualche piccolo rigurgito del ventunesimo secolo (qualche smartphone, una action cam ecc.) la serie restituisce un aspetto tipico degli anni ‘90. I vestiti, le ambientazioni rimandano a una ventina di anni fa. Nel vano tentativo di voler inseguire una scia nostalgica, sulle tracce di serie che fanno del revival il loro vessillo, esempio lampante ne è Stranger Things. Senza portare nessun valore aggiunto in questo caso, in quanto non proviene da una voglia di omaggiare o citare ma solo di sfruttare la moda del momento. Si potrebbe applicare tale argomentazione anche per la decisione di serializzare il prodotto e non renderlo un’antologia.
La virata estetica però non restituisce solo debolezze, anzi. Il Tutto si arricchisce anche di tinte più inquietanti e meno indirizzate a un pubblico di preadolescenti – undici, tredici – ma inevitabilmente si avvicina a un pubblico più teen. Pubblico facilmente accalappiato da serie come questa che sono quasi una deriva naturale di serie come Fear Street, senza la deriva slasher di quest’ultimo. Soprattutto con l’avvicinarsi di halloween sono quasi una tappa obbligata. Interessante è l’uso da parte della serie di effetti pratici e non semplice CGI. Lodevole, e tirando le somme si è rivelata una scelta vincente. Fa percepire lo sporco e il marciume delle faccende in cui sono invischiati i protagonisti. Una nota di merito è da dare anche all’ottima colonna sonora che gioca una parte molto importante nell’ecosistema della serie, oltre che chiudere ogni puntata con un brano ottimamente piazzato.
Le nostre conclusioni su Piccoli Brividi
Riproporre una serie che con gli anni è diventato un cult non è mai facile. Il cambio di rotta verso una serialità più moderna e una delineazione stilistico/estetico più impattante è interessante quanto a doppio taglio. Da una parte ci si trova con una serie ben studiata che sa a che pubblico si rivolge e cosa vuole quel pubblico. Il tutto accompagnato da delle ottime ambientazioni – anche se leggermente limitate – e un’ottima colonna sonora. L’incedere della narrazione rimane più che ottimo per tutte le puntate, in aggiunta a questo ogni puntata ha un cliffhanger finale. Su un qualsiasi altro prodotto questo non avrebbe nessuna rilevanza per una recensione ma parlando di Piccoli Brividi è un contenuto immancabile. Tanto immancabile che persino nella serie ci sono riferimenti meta-seriali al riguardo in particolare in una delle puntate finali. Ovviamente ci sono alcuni punti deboli in questo revival.
Primo fra tutti e probabilmente il più evidente è la – quasi – totale mancanza di attinenza con la serie originale o le storie di Stine. Si ci sono i mostri e gli oggetti che abitavano quelle storie ma senza la verve e la carica energica che avevano in quei frangenti. Lasciando così un retrogusto amaro dopo la visione. Oltre che la spiacevole impressione che il brand Piccoli brividi sia stato usato per il solo scopo di far parlare di questa serie piuttosto che per dare un seguito al classico o una nuova installazione ai libri di Stine. Senza tale titolo risulta un’altra storia di fantasmi per adolescenti, magari piacevole, apprezzabile come prodotto d’intrattenimento, ma nulla di più. Voi avete già visto tutta le puntate uscite? Vi Sono piaciute? Siete in attesa delle prossime? Fatecelo sapere sui nostri social. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo sempre contenuti. Se volete condividere con noi suggerimenti, consigli su nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, ci trovate sui nostri gruppi community, Facebook e Telegram.
Questo revival è piuttosto interessante. Interessante perché ci si ritrova con un prodotto estremamente bivalente. Da una parte si hanno ottime ambientazioni, una colonna sonora ben impacchettata. Come sono ottimi e divertenti i cliffhanger finali. È carente in altri ambiti come l’eccessivo allontanamento dalle storie e dalle atmosfere originali e non solo di quelle seriali ma anche letterarie. Il titolo piccoli brividi risulta solo un pretesto per usare le creature che abitano quei lidi. Rimane un prodotto prettamente teen sulla scia di Strange Things. Alla spasmodica ricerca di una serialità accattivante da binge watching senza molta sostanza. In definitiva, al netto delle debolezze rimane una serie che sa intrattenere - soprattutto il pubblico di riferimento - e che risulta un buon passatempo in attesa di halloween, ma nulla più nulla meno. Da vedere per chi è un vecchio aficionados di piccoli brividi per incontrare alcune “vecchie conoscenze” e per tutti gli altri troveranno il prodotto piacevole e intrattenente, ma che uscirà dalla loro mente tanto velocemente quanto ci è entrato.