Dal 15 dicembre è disponibile su Netflix Galline in Fuga: l’alba dei Nugget (questa la recensione), seguito del fortunato Galline in Fuga (Chicken Run in originale) una delle pellicole di animazione in stop-motion che più si è affermata economicamente nei cinema mondiali, grande successo dell’anno duemila portato sugli schermi dalla Aardman Animations. Casa di produzione inglese che tra le sue produzioni più importanti ha la amabile serie di film e corti di Wallace & Gromit, Shaun the sheep e molti altri. Tutte creazioni di grande successo e di incredibile perizia tecnica.
Difatti ci troviamo di fronte ad una delle case di produzione più esperte e stimate nell’ambiente dell’animazione per la loro incredibile tecnica di Stop-motion (detta anche Claymation per via dell’utilizzo esclusivo della plastilina nelle loro produzioni). Con questa nuova produzione patrocinata da Netflix saranno riusciti a regalare al pubblico una nuova pietra miliare dell’animazione? Svisceriamo il tutto nella recensione.
Galline in fuga, ancora
La vicenda che viene proposta al pubblico prende il via poco tempo dopo la fine del primo capitolo. Gaia e Rocky, insieme alle altre galline fuggite dall’allevamento del primo film, si sono rifugiati su una piccola isola in mezzo ad un piccolo lago. Su questo piccolo pezzo di terra sono riusciti a costruire un vero e proprio paradiso per le galline (e i polli) alla larga dagli umani. La vita scorre tranquilla e placida, Gaia e Rocky coronano il tutto con la nascita della piccola Molly – figlia dei due – che eredita presto il loro spirito indomabile. Gli anni passano e la piccola Molly diventa sempre più grande e curiosa della vita che può osservare dalla riva della piccola isola. Curiosità alimentata anche dai due topi commercianti – presenti anche nella prima installazione – che portano meraviglie dal mondo esterno. Una nuova minaccia aleggia sulle galline, quella della Fun-Land Farm, che ha ingegnato un nuovo metodo per allevare le galline.
Presa dalla spasmodica curiosità e dalla ribellione, la giovanile Molly lascia l’isola proprio in cerca di questa fattoria della felicità per galline. Durante la sua ricerca troverà un’altra gallina – ammaliata dalle promesse pubblicitarie della Fun-Land Farm – Frizzle. Insieme le due riusciranno ad arrivare al tanto agognato allevamento. Dopo un iniziale entusiasmo si rendono conto di trovarsi in una prigione che come fine ultimo ha la macellazione. Senza via di uscita starà a Gaia, Rocky e i loro amici salvara Molly e Frizzle. Lo spettatore viene messo di fronte ad un intreccio che risulta estremamente banale e schematizzata. Ogni elemento che poteva essere distintivo o innovatore risulta, in definitiva, solo un insieme di situazioni già viste. Mettendo così insieme un intreccio che non ha nulla da dire né da raccontare, non lasciando niente allo spettatore. Costretta, oltretutto, a riciclare vecchi nemici per poter dare un guizzo di interesse ad un conflitto assente.
Tecnica consolidata
Per quanto tutto l’impianto narrativo sia estremamente carente e scialbo, il comparto tecnico è eccellente. La Aardman Animations mette subito in chiaro la perizia con cui è stato creato questo lungometraggio. Ogni movimento, ogni gesto è incredibilmente naturale ed estremamente fluido. Da quando la Aardman Animations è stata fondata ha sempre, con ogni produzione, affinato sempre più la tecnica e negli ultimi hanno sono riusciti a raggiungere una tecnica ineccepibile nel loro settore. In questa ultima produzione sono riusciti a mettere in atto una messa in scena semplicemente sopraffina. Tecnica che non si limita alla sola animazione dei protagonisti, ma che riesce a donare allo spettatore un ambiente vitale, vibrante che riesce a portare in vita le scenografie. Mettendo un impegno estremo anche nei più piccoli dettagli, come delle luci su una console di comando, il muoversi delle piume o delle foglie.
La portata della disciplina che richiede un tale risultato è lodevole, ma non viene accompagnata da una regia che riesce a tenerle il passo. Per quanto vengano enfatizzati e ben utilizzati i tempi comici dalla regia. Dando spazio a più di qualche risata e comicità prettamente slapstick, tipica delle produzioni della Aardman, presente anche in Wallace & Gromit. Il resto della pellicola non presenta tale maestria nella gestione dei tempi. Per tutta la durata della pellicola viene usata una tecnica registica estremamente piatta, che non sa gestire i tempi – che non siano comici – lasciando lo storytelling tutto sulle spalle della sceneggiatura. Che come detto poco sopra non riesce a stupire. La regia così anonima trasporta con sé anche la fotografia che non ha nessun guizzo particolare e non dona nulla allo stile intrinseco della pellicola.
Le nostre conclusioni su Galline in fuga: l’alba dei nugget
In definitiva cosa rimane di questa nuova installazione di galline in fuga? Grazie a Netflix si è riuscito, ancora una volta, a godere della maestria della Aardman Animations. Come detto poc’anzi ogni nuova installazione migliora la tecnica della precedente. Purtroppo la maestria che contraddistingue questo studio d’animazione non è favorita dalla regia e dalla sceneggiatura. La prima non contiene nessuna tecnica, né slancio artistico particolare. Purtroppo non riesce nemmeno a mettere in evidenza la cura con cui tutto è stato messo in scena. La fotografia è degna compagna della regia. Per quanto sia complesso avere una fotografia d’impatto in un film in stop-motion – dovuto al modo in cui viene girato – non è impossibile. Un esempio pratico ne sono Coraline o – il troppo sconosciuto – Mad God di Phil Tippett.
Purtroppo tutto l’impianto tecnico, assieme a quello narrativo, è mantenuto assieme solo dall’eccezionale animazione. Poiché è manchevole anche tutto il reparto narrativo. Ci si trova di fronte una struttura narrativa adoperata fin troppe volte, in molti, troppi media. Risultando che l’unica cosa che riesce a mantenere il lungometraggio sulla soglia della mediocrità è proprio la stop-motion superba. Lasciando una con una cocente delusione. Ovviamente non tutte le pellicole sono incline alla prosecuzione della storia attraverso un sequel. Avete visto il primo capitolo? recupererete questo seguito? Fatecelo sapere sui nostri social e nei commenti. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo sempre contenuti. Se volete condividere con noi suggerimenti, consigli su nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, ci trovate sui nostri gruppi community, Facebook e Telegram.
Anche se ci trova dinanzi ad una creazione della Aardman Animations, tutto quello che serve ad un lungometraggio degno di questo nome qui è manchevole. Non c’è un singolo momento della narrazione che sia innovativo, nuovo o che non sappia di già visto. Partendo dalla regia che risulta piatta e non riesce a dare il giusto spazio che una tecnica come lo stop-motion meriterebbe e non riesce a gestire i tempi durante tutta la durata della pellicola. Accompagnata anche da una fotografia che è la giusta compagnia della regia. Difatti ci troviamo di fronte ad una fotografia estremamente piatta, senza inventiva e che non dona nulla allo spettatore. Insieme a questo si abbina una sceneggiatura che non tiene il passo, rivelando un intreccio che è banale nella migliore delle occasioni e vetusto in quelle peggiori. Propinando allo spettatore trame, intrecci e conflitti che sanno di già visto. Per fortuna a risollevare le sorti della pellicola c’è l’incredibile stop-motion di cui solo la Aardman Animations è capace. Portata davanti gli occhi dello spettatore con una tecnica sopraffina ed elegante. Capace di dar vita e fluidità non solo ai protagonisti ma anche a tutto l’ambiente dove essi vivono. Lasciando stupiti per l’incredibile maestria con cui il tutto è eseguito. Unico elemento che da solo porta la pellicola alla sufficienza piena. Poiché il resto risulta una delusione su più livelli. Semplicemente alcune storie non necessitano di un sequel.