Dal 21 Marzo è disponibile su Prime video il remake di un classico di fine anni ‘80 con Patrick Swayze, Road House o il duro del road house come da titolo italiano. Remake portato sui piccoli schermi a esattamente 35 anni dall’uscita dell’originale – ormai cult – di fine anni ‘80. Un Jake Gyllenhaal in incredibile forma come Dalton, affiancato ad un cast convincente.
Per chi ha potuto recuperare l’originale (che al momento della recensione è disponibile su Prime video) è innegabile l’incredibile differenza che intercorre tra il lungometraggio dell’89 e questo remake, mantenendo solo pochi elementi della pellicola originale. Puntando su una quasi totale reimmaginazione della storia e delle persone che abitano questo mondo. Avrà funzionato questa nuova interpretazione? Svisceriamo il tutto nella recensione di Road House.
Il buttafuori e il Road House
Il tutto inizia in un capannone dove avvengono combattimenti – clandestini – a mani nude. Con un lottatore che non ha nessun problema a mettere K.O. chiunque gli si presenti davanti. Quando nell’arena si presenta Dalton (Jake Gyllenhaal) quest’ultimo con la sua sola presenza mette in fuga il suddetto campione. Tra il pubblico di questi incontri c’è anche Frankie (Jessica Williams) titolare del Road House. Frankie da tempo è in cerca di un buttafuori per il suo locale vessato da una banda di motociclisti. Troverà in Dalton il candidato perfetto. Quest’ultimo però anche a fronte di una cospicua somma di denaro rifiuterà l’offerta. Poco dopo vedremo Dalton tentare il suicidio, inseguito dai sensi di colpa per un fatto passato che ha distrutto la sua vita. Con un ripensamento all’ultimo momento Dalton evita la morte e vede il biglietto lasciato da Frankie in caso la volesse contattare per accettare, cosa che fa.
Così facendo Dalton si ritrova in viaggio verso la Florida, più precisamente verso una piccola isola delle Florida Keys, dove a sede il Road House. Qui Dalton farà subito la conoscenza della piccola Charliee e di suo padre che mandano avanti una piccola libreria. Che prenderanno subito a ben volere Dalton. Soprattutto la piccola Charlie che vede nel suo arrivo l’incipit di un romanzo Western, l’eroe solitario che arriva in città e rimette le cose al loro posto. Arrivato al Road House dovrà fin da subito fare i conti con la banda di motociclisti che periodicamente infastidiscono il locale. Mettendo subito in chiaro che non è un tipo da sottovalutare. Dietro questa banda si nasconde Ben Brandt figlio di un grande trafficante di droga che vuole il terreno sul quale è costruito il Road House ad ogni costo. Cercando in ogni maniera di vessare il locale e soprattutto il suo nuovo buttafuori che si rivelerà un grande problema.
Reimmaginazione scialba
In questo remake, come su detto, sono veramente pochi gli elementi che fanno capo all’originale dell‘89. Lasciando intatto solo il semplicistico schema narrativo. Anche l’ambientazione non è rimasta esente da cambiamenti: si passa dal mite midwest americano alle soleggiate e sabbiose Florida Keys. Questi cambiamenti nella maggior parte dei casi non hanno giovato alla pellicola. Partendo dal locale. Se nell’originale lo stesso Road House era in parte protagonista ed estremamente caratteristico, qui ci si trova ad osservare un locale che non si distinguerebbe da altri mille altri su una qualsiasi spiaggia del mondo, risultando estremamente stereotipato e dall’aspetto turistico. Facendo perdere anche di credibilità alla cattiva fama che dovrebbe avere. Fama che nell’originale è ben concentrata e credibile, al contrario in questa versione del 2024 che è a malapena accennata e tanto meno visibile, venendo meno a una delle regole basilari del cinema “Show, don’t Tell”.
Anche i punti cardine della trama in comune con l’originale vengono sminuiti e banalizzati. Esempio lampante di questa banalizzazione è l’incontro con Ellie, l’interesse amoroso di Dalton. Per come viene costruita la scena risulta poco coerente e assente di logica oltre a consolidare la palese mancanza di chimica tra Jake Gyllenhaal e Daniela Melchior (Ellie). Che perdurerà per tutta la durata della pellicola senza mai ingranare veramente. A vessare la visione della pellicola non sono solo questi elementi ma ci si trova di fronte a molte debolezze degne di nota. Per quanto il lungometraggio sia quasi esente dall’uso palese e massiccio di CGI ci sono punti in cui è impossibile anche per lo spettatore meno avvezzo non notarne l’uso grossolano. In particolare viene usata per scene e situazioni in cui normalmente non verrebbe mai impiegata. Come l’arrivo di un autobus in una stazione, il passaggio delle macchine su una autostrada o i panorami soleggiati della Florida. Rendendo queste situazioni estremamente posticce e artificiose.
Gestione sbiadita
Sia l’originale che questo remake sono nel modo più assoluto prodotti dei loro tempi. Sia nella narrazione quanto nel modo in cui molti elementi vengono gestiti. La solitudine di Dalton viene gestita e raccontata in modo diametralmente opposto all’originale. Con un metodo più complesso e consono al personaggio rispetto all’originale dell‘89. Un’importante differenza nell’approccio in questa nuova installazione è anche la scelta di sessualizzare meno il personaggio di Dalton rispetto all’89 dove Patrick Swayze e soprattutto il suo fisico era ipersessualizzato. Una mancanza che si fa sentire più di altre è la componente musicale. Per quanto presente in questo remake non è valorizzato e ben consolidato come nell’originale dove ogni accompagnamento era – si una cover – ma estremamente prominente ed importante. A tal punto da poter estrarre dalla colonna sonora un vero e proprio concerto live.
Rendendola protagonista di molte scene oltre che rendendo il frontman uno dei comprimari della pellicola stessa. Ed uno strumento di connessione tra Dalton e il luogo. Non solo questa presenza non ha una continuità nella pellicola del 2024 ma è quasi del tutto mancante un lato musicale. Sono presenti, nella totalità del prodotto, musiche senza appeal o particolarmente d’impatto. Tale che anche non fossero presenti non si sentirebbe la loro mancanza durante la visione. Rimarcando una indiscussa mancanza di identità della versione del 2024. Difatti il più grave e grande problema di questa pellicola è proprio la mancanza di una propria identità e unicità. Non solo in confronto all’originale ma anche considerandolo un prodotto a se stante. Ci si trova davanti ad una gestione scialba della produzione. Che non sa dare un’impronta alla pellicola che non riesce ad emergere dal mare degli action americani.
Azione stereotipata
Si ha davanti un prodotto estremamente stereotipato che fa della sua forza il leading actor ed i grandi nomi nella produzione ma che non riesce a valorizzare nulla. Ne la storia tanto meno il protagonista che – soprattutto – da metà pellicola in poi potrebbe essere sostituito da un qualunque altro attore “muscolare” e la pellicola non ne avrebbe risentito minimamente. Purtroppo anche avendo a disposizione un attore del talento di Jake Gyllenhaal lo sceneggiatore Anthony Bagarozzi e il regista Doug Liman lo trasformano in una brutta copia delle action star degli anni ‘80 come Schwarzenegger o Stallone. Muscolare, indistruttibile, imbattibile e assolutamente risoluto. Riuscendo così a togliere tutto il pathos che avviene attraverso l’azione e il conflitto oltre che a privarlo della tridimensionalità che lo contraddistingueva all’inizio della pellicola.
Regalando allo spettatore un protagonista senza profondità oltre che fisicamente sovrumano. Tutto questo accompagnato da una regia che non riesce ad essere di nessun impatto. Risultando eccessivamente patinata e senza uno stile ben preciso ma al contrario cerca di essere il più piatta e discreta possibile, quasi a non voler infastidire lo spettatore durante la visione. Anche se Doug Liman non è assolutamente nuovo al genere action avendo nella sua filmografia da regista titoli come The Bourne Identity, Edge of Tomorrow e Mr. & Mrs. Smith non riesce a dare il giusto ritmo al lungometraggio. Regalando allo spettatore una visione dilatata, letargica e molto poco ben bilanciata. Con inquadrature che non valorizzano ne le scazzottate ne i momenti di pace. Che come conseguenza a quello di portare sullo schermo un prodotto che annoia.
Le nostre conclusioni su Road House
È palese per chiunque metta gli occhi su questo Road House che è una produzione afflitta da grandi problemi. Che vanno da una regia completamente assente e che non riesce a valorizzare a dovere nulla, nemmeno le scene d’azione. Cosa poco indicata per un titolo action. Fino ad arrivare ad una totale ed ingiustificata assenza di personalità. Elemento che è in definitiva la più grande debolezza e mancanza del titolo. Non solo in confronto con l’originale che – al netto della sua assoluta americanità e frivolezza – aveva una identità ed unicità specifiche ma anche e soprattutto come prodotto a se stante. Non lasciando nulla dopo la sua visione se non un gusto insipido e la sensazione di aver perso troppo tempo dietro la visione di questo prodotto.
Il tutto non riuscendo a valorizzare a dovere il cast composto da nomi di un certo calibro e che trascura totalmente il talento di Jake Gyllenhaal per poterlo eclissare dietro qualche addominale e un paio di battute pronte. Trasformando tutto in una brutta copia degli Action Movies degli anni ‘80. Cosa che non era l’originale e che non riesce ad essere questo del 2024. Siete interessati al film o lo eviterete? Avete visto l’originale dell‘89? Quale dei due preferite? Fatecelo sapere sui nostri social e nei commenti. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo sempre contenuti. Se volete condividere con noi suggerimenti, consigli su nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, ci trovate sui nostri gruppi community, Facebook e Telegram.
Questo remake, dell’ormai cult Il duro del Road House dell’89, non riesce nell’intento di riportare sullo schermo le disavventure di Dalton. Ci troviamo di fronte a una produzione scialba, che non funziona sin dalle sue basi e che non riesce a catturare l’essenza del film originale. Sebbene abbia pescato a piene mani alcuni personaggi e la struttura narrativa dall’originale. Ma stravolgendo tutto il resto. Un prodotto che cerca di accontentare tutti ma che alla fine non soddisfa nessuno. Che si aggiunge all'enorme schiera di action scialbi che hanno pretese da blockbuster ma che non hanno le potenzialità ne sceniche ne economiche per assurgere a tale status. Lasciando dopo la visione una sensazione di amaro in bocca sia per l’ovvia opportunità sprecata per rimodernare il racconto messo in piedi nell’89 ma anche e soprattutto per la grande mancanza di personalità di cui soffre il lungometraggio. Senza valorizzare nulla ma al contrario usando una livella per rendere il tutto estremamente mediocre. In definitiva ci si trova di fronte ad un prodotto che non ripaga del tempo speso nel guardarlo che dura nella memoria dello spettatore il tempo di una visione per poi essere dimenticato e relegato all’oblio dell’enorme catalogo delle piattaforme streaming.