Da pochi giorni è disponibile su Netflix parte 2 di Rebel Moon. Secondo capitolo di una prossima trilogia, ideata e diretta da Zack Snyder. Se nel primo capitolo – La figlia del fuoco – Snyder voleva settare i presupposti per lo sviluppo del secondo capitolo, in questa seconda istanza si concentra maggiormente sull’azione e sulla difesa della Luna. Cercando di creare quasi un western dove i pistoleri cercano di difendere un villaggio di poveri sprovveduti da chi è più forte e cerca di schiacciarli. Snyder sarà riuscito a mettere insieme un prodotto più convincente del primo capitolo? Oppure ci troviamo di fronte all’ennesimo scialbo prodotto targato Netflix? Svisceriamo il tutto nella recensione.
A volte ritornano
La pellicola riprende esattamente dalla fine della precedente. Il gruppo creato da Kora si trova ora ad essere accolti dal villaggio e glorificati come i loro salvatori perché sono riusciti a liberarsi dal generale Noble. Dopo un primo momento di giubilo e felicità vengono informati da Aris – il giovane soldato che aveva difeso Sam – che l’incrociatore di Noble è comunque in procinto di arrivare su Veldt. Con questa nuova informazione il gruppo di Kora, sotto la guida del generale Titus, si prepara ad affrontare l’intera forza al comando di un redivivo Noble. Tutti i membri del gruppo si impegnano – assieme agli abitanti del villaggio – a finire il raccolto di grano in pochi giorni di modo da poi ammassare la farina attorno agli edifici per renderli virtualmente impossibili da buttare giù dai cannoni della fregata dell’Imperium. Successivamente Titus assieme a Kora e agli altri membri cercheranno di preparare trappole e ad addestrare gli abitanti del villaggio.
I giorni scadono e la fregata arriva a destinazione. Con una piccola forza il generale sbarca e propone a Kora di andare con lui e consegnarsi alle mani dell’Imperium. ma per una interferenza questa proposta – accettata da Kora – non avrà un epilogo positivo. Dando di fatto inizio alle ostilità. Per quanto la struttura narrativa sia di base diversa dalla precedente installazione ci si trova nuovamente di fronte ad un racconto che risulta totalmente vuoto. Questa inconsistenza proviene da più elementi, primo fra tutti la gestione delle tempistiche della storia raccontata. Ci si trova, come spettatori, ad assistere ad oltre quaranta minuti, in una pellicola di due ore, di personaggi che vanno a cavallo ed attori e attrici muscolari che tagliano del grano. Inframezzando il tutto con dei fugaci dialoghi che nelle intenzioni di Snyder ovviamente sono impostati come un mezzo per far empatizzare. Ma che di fatto non aggiungono nulla e anzi risultano inutili per la superficialità con cui sono trattati e scritti.
Un’opera vuota
Ci si trova davanti ad un’opera che reitera gli errori della sua prima installazione. E quando possibile li rende anche più palesi e pressanti per lo spettatore rispetto al passato. Ciò che viene presentato allo spettatore è una mancanza organica e ineccepibile di una vera componente emotiva. Quello che doveva essere fin dal primo capitolo un film corale diventa presto solo un pretesto per fare sfoggio – eccessivo – di estetica e CGI. Per quanto, rispetto al primo capitolo, viene fornito allo spettatore un background per i componenti del gruppo di Kora. Questo è così scialbo, sbrigativo e generico che non rende giustizia a nessuno di loro. Purtroppo la presenza di queste scene che dovrebbero andare a creare un background simile e un senso di vendetta “unico” per ogni personaggio li rende solo delle macchiette di quello che potevano essere.
E rende ancor più difficile empatizzare con questi personaggi, lasciando lo spettatore impassibile e men che meno interessato al loro destino. Facendo perdere d’importanza a loro, alla vicenda e qualsiasi senso di fratellanza che poteva andarsi a costruire. Dovuto anche alla mala gestione dei tempi usati per mostrare le interazioni tra membri del gruppo. In un totale di più di quattro ore tra primo e secondo capitolo, si possono contare sulle punte delle dita le volte in cui si vedono due membri che non siano Kora e Gunnar interagire tra loro. Facendo perdere di potenza narrativa qualsiasi interazione. Ma i problemi non si fermano solo alla – assente – componente emotività ed interazione tra i protagonisti, ma si estendono anche a tutto l’impianto narrativo. Esempio lampante di tale debolezza è proprio il piano ideato dal generale Titus per difendere il villaggio.
Da come viene presentato allo spettatore il personaggio di Titus è un veterano di molte campagne e uno stratega molto bravo. Ma anche per chi non ha un background militare il suo piano risulta debole, estremamente impreparato e molto, forse troppo, superficiale. OItre che ha farlo apparire come un incompetente visto che più avanti verrà stupito dalle forze e dalle macchine da guerra presenti sul campo, come se le vedesse per la prima volta. Per quanto poco è dato sapere allo spettatore, Titus ha servito e comandato forze come, se non superiori, a quelle che comanda Noble. Quindi tale impreparazione e stupore rendono il tutto estremamente poco credibile oltre a rompere completamente la sospensione dell’incredulità nello spettatore perché nessuno stratega può essere tanto incauto o ignorante.
A tutto questo si aggiungono anche molte scelte e conseguenze – come accennato poco sopra – senza senso. Una in particolare che si sviluppa nell’ultimo quarto della pellicola è utile solo e solamente a far durare la pellicola per altri trenta minuti senza una vero senso logico. Se non quello di dare una scusa al regista per far sfoggio di qualche esplosione e a costruire un momento che dovrebbe creare empatia e un conflitto etico anche nello spettatore ma che alla fine risulta vuoto e insipido come tutto il resto del prodotto. Portando ad un ulteriore distaccamento dello spettatore verso quello che sta vedendo. Infine è da far presente una determinata scelta e rivelazione nel finale che porta inevitabilmente a far cadere ancora di più il tutto nel clichè più totale e anche a vanificare e contraddire quello che è stato mostrato finora, rendendo il tutto assolutamente senza senso.
Citazionismo e derivati
Con questo capitolo Zack Snyder ha tentato molto – e anche troppo – più del primo un processo di epicizzazione di ogni cosa. Oltre ad un uso smodato di scene in slow motion, che oramai è quasi un vezzo per Snyder. Questo processo non ha risparmiato nulla della pellicola. Passa da una semplice mietitura del grano, all’uso dei setacci, fino alle scene più concitate come sparatorie o combattimenti corpo a corpo. Ma questo processo che cerca di rendere ogni cosa epica è un idea di base estremamente sbagliata e fallace per un semplice ed unico motivo: se tutto è epico nulla è epico. Trasformando il tutto in una banalizzazione e l’ombra di quello che dovrebbe essere. Compresa anche l’azione che a parte il world building è il fulcro principale della pellicola. Risultando in un’azione blanda ed in definitiva noiosa. Una scelta di certo interessante è l’uso enorme delle citazioni e dei richiami ad altri franchise Sci-Fi che sono presenti nella pellicola.
Non sarà difficile anche per gli spettatori meno attenti cogliere gli ovvi riferimenti – al limite del plagio – di alcune grandi saghe. Uno degli esempi più lampanti sono le lame usate da Nemesis e dai soldati del Imperium che sono un ovvio riferimento alle spade laser di Star Wars. Altri esempi meno palesi sono la forma delle astronavi che ricordano vagamente quelle dell’universo in cui si muoveva il pirata spaziale Harlock. O ancora alcuni più nascosti come le armature dei fanti dell’imperium che ricordano quelle dei fanti del franchise di Warhammer 40k. Ed in ultima istanza i tank che vengono mostrati verso tre quarti di pellicola sono pericolosamente simili – forse anche troppo – ai Tachikoma di Ghost in the Shell. Per quanto delle citazioni siano sempre gradite qui si sfiora pericolosamente il plagio. Che come conseguenza ha solo quella di far assumere alla pellicola una propensione al già visto.
Le nostre conclusioni su Rebel Moon Parte 2
Alla fine della visione di questa seconda parte di Rebel Moon cosa rimane allo spettatore? La risposta è semplice quanto molto poco edificante: nulla. Ci si trova davanti ad un prodotto che non sa cosa fare dei suoi personaggi ne tanto meno delle ambientazioni. Tanto meno riesce a creare pathos e/o una connessione emotiva con lo spettatore. Relegando tutto a delle scialbe decisioni narrative, piegate ad un estremo estetismo che è tanto bello quanto vuoto di qualsiasi pretesa artistica o filosofica. Che trasportano una superficialità che non solo rende il prodotto quasi inutile, ma che stentano a comprendere il pubblico a cui è indirizzato e che in definitiva prende in giro lo spettatore. Imboccandolo con un’azione blanda, sciocca e con plot twist che oltre a non avere nessun senso logico ribaltano e negano tutto quello che è stato mostrato finora allo spettatore.
Le uniche cose che si possono salvare di questa pellicola sono il naturale senso estetico di Zack Snyder che infonde in ogni frame del lungometraggio e il coraggio di aver presentato al mondo un franchise nuovo che non sia un remake, un reboot o comunque qualcosa di preesistente, anche se così derivativo da sembrare qualcosa di già visto. Siete interessati a questa seconda parte o la eviterete? Avete visto la prima parte? Quale dei due preferite? O non vi interessa la trilogia che Snyder sta mettendo in piedi? Fatecelo sapere sui nostri social e nei commenti. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo sempre contenuti. Se volete condividere con noi suggerimenti, consigli su nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, ci trovate sui nostri gruppi community, Facebook e Telegram.
Si è al secondo capitolo della trilogia di Zack Snyder. Ad un totale di quattro ore di prodotto tra primo e secondo capitolo. E Una delle poche certezze che hanno regalato al pubblico è la consapevolezza che lo stesso Snyder non sa come sviluppare il suo franchise. Ci si trova più del primo capitolo a vedere enormi inciampi narrativi. Plot twist che non hanno senso logico prevaricando sia la sospensione dell'incredulità che la stessa intelligenza dello spettatore. Una branco di personaggi estremamente muscolari e fisici che sembrano usciti da Conan Il Barbaro, che impegnano il loro tempo a tagliare grano. Senza che nessuno di loro - a parte Kora - venga approfondito in minima parte ma al contrario banalizzato e reso macchiettistico appena si accenna ad una backstory o ad un approfondimento. Trasportando così lo spettatore in una cavalcata di due ore che oltre ad avere poco senso logico, non ha nessun investimento emotivo. Tutta l’azione e l’estetica - estremamente - curata non possono e non devono eclissare quello che dovrebbe essere la base e lo scheletro di ogni buon film: una buona trama e dei personaggi ben scritti. Così da avere non un capolavoro ma un lungometraggio onesto e coerente. Cosa che la pellicola di Snyder non è nel modo più assoluto.