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Home»Film/Serie TV»What we do in the shadows Recensione: vampiri alla berlina
Film/Serie TV

What we do in the shadows Recensione: vampiri alla berlina

La RedazioneBy La Redazione3 Novembre 2021Nessun commento6 Mins Read
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La figura del vampiro è sicuramente una delle più affascinanti nella storia della letteratura, e What We do in the Shadows prende a piene mani da quella cultura secolare. Ma probabilmente, non nel senso che vi aspettate. La serie ideata da Taika Watiti e Jemain Clement è uno spin-off del film “Vita da Vampiro – What we do in the shadows” del 2014, ideato dagli stessi due autori. Lo show, esattamente come il film, si presenta come un mockumentary, un finto documentario. La nostra troupe segue quindi le avventure dei quattro vampiri coinquilini Nandor (Kayvan Novak), Lazlo (Matt Berry), Nadja (Natasia Demetriou) e Colin (Mark Proscksh) e del povero famiglio Guillermo (Harvey Guillén), abitanti di un condominio di Staten Island a New York. In una sorprendente epopea di epocali banalità e problemi di vita quotidiana, i quattro dovranno condividere le loro eterne esistenze. Ma i due autori saranno riusciti a intrattenere gli spettatori con storie che vogliano essere semplicemente “banali”?

What we do in the shadows parla di una banalità poco banale

what we do in the shadows

Quando si parla di vita quotidiana e di eventi mondani e semplici, si sottintendono persone normali con ragionamenti di umani del nostro tempo. Purtroppo, o per fortuna, dal lato di noi spettatori, nessuno dei quattro vampiri è una persona del genere. Il loro modo di affrontare la vita di tutti i giorni e di descriverla davanti alle telecamere del fantomatico reporter sono il vero succo dello show. I nostri protagonisti sono creature della notte, entità antichissime, che faticano ad adattarsi a quella che per noi è la normalità. Nelle loro mani, le piccole disavventure della vita quotidiane si trasformano in situazioni deliranti al limite del ridicolo. L’aspetto da mockumentary tiene perfettamente in piedi la pantomima di normalità. Vedere la serie sembra far rivivere i reality che possiamo vedere sui vari canali TV, ma con situazioni ancora più estremizzate e imprevedibili.

Il ritmo dei momenti comici è sempre brillante e preciso. Buona parte delle gag non è particolarmente studiata o complessa. La serie ci lancia addosso, in maniera estremamente naturale e imprevedibile, esclamazioni, pensieri e situazioni assolutamente stralunate ed eccentriche. In questo, Watiti e Clement riescono perfettamente nel loro obiettivo principale. L’opera, esattamente come il film del 2014 da cui è tratta, vuole mettere alla berlina il mondo dei vampiri e, soprattutto, la loro rappresentazione cinematografica. In questo, gli autori sono stati assolutamente spietati e dissacranti, senza guardare in faccia nessuno. Non mancheranno i riferimenti a tanti e diverse pellicole e serie sui vampiri, né quelli ai romanzi di Anna Rice, di cui il povero Guillermo è appassionato e che lo hanno spinto a diventare un famiglio. E non mancano neanche alla serie di romanzi di Stephenie Mayer, o frecciatine alla figura dei nerd.

Il cast variegato e divertente

what we do in the shadows 2

Ma nessuna serie, neanche con la comicità migliore, può andare avanti senza personaggi. E se da una serie di questo tipo ci aspetteremo personaggi sì comici, ma semplici macchiette parodistiche, lasciatevi rassicurare che non sarà così. Il cast si comporta e funziona come un disfunzionale e bizzarro gruppo di coinquilini, ognuno con la sua personalità, le sue idee, i suoi desideri e i suoi gusti. Nandor, il più antico dei quattro vampiri, è un comandante ottomano, denominato l’Implacabile. E, vi assicuro, ci terrà a ricordare le sue battaglie. È un personaggio che tenta di essere serio e far rispettare la sua antichità, con scarsi risultati. Il suo rapporto con il famiglio Guillermo è forse la più grande fonte di risate della serie. Nandor tenta di passare per un padrone severo, spesso con richieste folli, ma senza mai essere veramente oppressivo. Dall’altra parte, Guillermo è essenzialmente un dipendente molto frustrato.

Dopo essersi fatto abbindolare da Antonio Banderas nel film di Intervista col Vampiro, voleva diventare una creatura della notte anche lui. Ma Nandor, nonostante migliaia di promesse, patti, rassicurazioni e pacche sulle spalle, non ha mai realizzato questo suo desiderio. E probabilmente non lo farà mai. Lazlo è invece il britannico vampiro coinquilino, insieme alla compagna Nadja, venuto dall’inghilterra. Palesemente pansessuale, sembra aver avuto la vita più piena di avventure del gruppo. Se solo si ci potesse fidare delle sue parole. Davanti alle telecamere racconta tantissime delle sue avventure, molte difficili da credere, come quando dichiara di essere stato Jack lo Squartatore o di aver girato diversi porno nel ruolo del vampiro. Compagna del vampiro bugiardo è Nadja, disinibita e seducente vampira, spesso paciere della situazione. L’ultimo vampiro è Colin, un vampiro energetico, che si nutre delle forze delle persone annoiandole a morte. Non sto scherzando, dico sul serio.

What We Do in the Shadow può criticare tutto, perché lo fa bene

what we do in the shadows 3

Ciò che veramente colpisce della serie è la sua capacità di fare tutto ciò che fa senza mai minare il proprio ritmo o la propria comicità. Nel giro di una battuta può tirare una frecciatina al politically correct (“Per via del colore della nostra pelle!” “E perché mangiamo esseri umani” “Ah, si, forse anche per quello”) e in un’altra sparare a zero sui nerd. Taika Watiti e Jemaine Clement si sono assolutamente divertititi a dissacrare qualcosa che evidentemente amano e di cui hanno una passione profonda, il cinema e l’horror. La mole di frecciatine sparate su ogni argomento, in maniera così sottile e divertente da non risultare mai pesanti, le citazioni disseminate nei quadri dello scenario e nelle storie dei personaggi. La serie si propone di semplice comprensione, ma sono proprio gli amanti del cinema horror a poterne comprendere l’inestimabile valore.

What We do in the Shadow risulta quindi una serie che riprende il lavoro iniziato dai due autori nel film del 2014, ma evidentemente migliorato. I due hanno messo in piedi una serie TV che riesce a unire il pubblico generalista e gli appassionati dell’horror davanti allo stesso televisore per farsi quattro risate. E lo fa con una qualità di scrittura talmente elevata, che anche se ridicolizzati riesce a creare personaggi con uno spessore superiore a molti degli “horror puri”. Sarà impossibile non affezionarsi a questi personaggi strampalati e diventare assuefatti dalle continue gag lanciate con tanta naturalezza. Il prodotto confezionato da FX è una perla semi sconosciuta nel panorama delle serie comiche e consigliamo vivamente di vederla. Specie, appunto, se siete amanti del cinema dell’orrore. Evitate di farvi abbindolare da Antonio Banderas, però. La serie è disponibile a partire da oggi sul catalogo di Disney+. Nel frattempo, siete come sempre invitati a non perdervi le novità del mondo delle serie TV, e non solo, unendovi al nostro canale Telegram e sul sito Kaleidoverse.

80% 8

Watiti e Clement si sono assolutamente divertiti nel dissacrare tutto ciò che noi amanti dell'horror e dei vampiri amiamo. E lo fanno in maniera così stralunata e divertente che non si può non amare la serie. I personaggi sono ben scritti e variegati e le loro interazioni, insieme al loro disagio nel mondo moderno, saranno la principale fonte di risate. Assolutamente da vedere, specie per gli amanti dell'horror.

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