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Choose or Die Recensione: forse è meglio non giocare

Simone "Lokizzh" CancellaroBy Simone "Lokizzh" Cancellaro20 Aprile 2022Nessun commento6 Mins Read
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Choose or Die
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Un gioco maledetto, capace di costringere chiunque gli si approcci a prendere decisioni potenzialmente mortali, rappresenta una premessa promettente per un franchise horror il quale potrebbe attingere a pieno da cult del genere come The Ring, al fine di raggiungere gli stessi livelli di popolarità di Final Destination. Ahimè, Choose or Die, opera rappresentante il debutto di Toby Meakins con una sceneggiatura scritta assieme a Simon Allen e Matthew James Wilkinson, non riesce propriamente a soddisfare le aspettative. Il film segue le vicende di una giovane programmatrice chiamata Kayla (Jola Evans) la quale, avviando erroneamente un prodotto proveniente dai temibili anni ’80, finisce con lo scatenare una maledizione capace di avere impatti sulla realtà che la circonda.

Un po’ come se fosse la versione malvagia di Jumanji, almeno per coloro che hanno dimestichezza con quello più recente con Dwayne Johnson, la protagonista sta lottando al fine di sbarcare il lunario, ergo la sola idea di vincere una ricompensa non riscossa da una reliquia come può essere il videogioco in questione non può che risultare troppo allettante per lasciarla scappare via. Diciamo che solo quando si troverà costretta a fissare spaventata una cameriera mentre si diletta nel masticare cocci di vetro, riuscirà a rendersi conto di essere finita nelle grinfie di un male capace di alterare la realtà.

Choose or Die

Copia e incolla

L’ultima avventura horror di Netflix va in pezzi sotto quasi ogni aspetto, nonostante le premesse cariche di aspettative. Diciamocelo, il tentativo di far risaltare la natura horror dell’opera nutrito dalla realtà distorta nel quale è ambientato risulta un boccone sufficiente da mandar giù per lo spettatore, incoraggiandolo a continuare la visione sperando di essere trasportati, prima o poi, dalla trama principale. Choose or Die è perfettamente inserito in quel tipo di horror che pretende di possedere una realtà capace di sfidare la tipica logica della vita, un po’ come abbiamo assistito per anni in Final Destination, nel franchise di Saw e in moltissimi altri esempi di opere le quali seguono le tragiche vicende di un gruppo di persone perseguitate da un qualcosa che richiede intelligenza e fortuna per uscirne vivi. Purtroppo, il lungometraggio oggetto della recensione si dimentica di essere capace di reggersi da solo, consumando buona parte delle possibilità di tramutarsi in un possibile franchise a più capitoli.

Il cast, per quanto bravo possa essere stato in altri progetti, è dilaniato dalla scrittura di personaggi noiosi e insufficienti. Ciò è aggravato anche dalla curiosa decisione di assumere soli attori britannici, i quali metteranno su solo dei blandi accenti americani. Choose or Die tenta di far simpatizzare gli spettatori con i protagonisti e, diciamolo, si fa in quattro per farlo, nonostante siamo di fronte a dei gusci vuoti. Kayla magari sarebbe pure in possesso delle caratteristiche necessarie per renderla iconica, ma il film sopravvaluta sé stesso risultando, in maniera schiacciante, derivativo e francamente grottesco, senza una motivazione valida. Insomma, se a stento conta la storia, come si può pensare di rendere memorabili coloro che la vivono a schermo?

Choose or Die

Solo sangue e violenza

Con una durata di soli 84 minuti, Choose or Die è un’opera che ha dovuto necessariamente basarsi su di una narrazione vivace e solida. Isaac (Asa Butterfield), un sorprendente nuovo arrivato, infonde nella nostra protagonista Kayla una voglia di vivere inaspettata, nonostante ella sia la rappresentazione umana di stress ed esaurimento, col tutto rimpolpato dalla visione del suo viso costantemente angusto; la performance di quest’ultima implora che gli altri componenti intorno a lei si sentano altrettanto elevati, una richiesta che il film non può soddisfare a causa della sua frustrante semplicità. A questo proposito, uno dei più grandi trasgressori di questa richiesta è il personaggio di Lance (Ryan Gage), che potrebbe lavorare nell’edificio, avere una relazione sessuale con la madre di Kayla – ed è sicuramente il suo spacciatore -, ma langue al punto tale da risultare poco credibile. Dato il piccolo insieme e le dimensioni del film, molto esigue a giudicare dai pochi set a disposizione, l’unico modo per portare avanti la trama principale risiede nella relazione tra la protagonista e Isaac; ovviamente, anche le loro deboli dinamiche interpersonali sviano dalla sostanza richiesta dalla pochezza della pellicola, risultando piatti.

Choose or Die presuppone che il sangue e la violenza siano gli unici argomenti capaci di catturare l’attenzione dello spettatore. C’è una mancanza di suspense, spinta e intrighi capaci di coinvolgere il pubblico tra i momenti dell’orrore. Insomma, il vero motivo per il quale opere come Final Destination o The Ring sono venerati o comunque ritenuti accettabili manca, ossia l’elemento di mistero. I protagonisti si sforzano di porre fine alla loro tortura e, affinché quest’impresa sia ​​coinvolgente, il cattivo centrale o la presenza malvagia deve essere necessariamente avvolta in una storia interessante. Non ci resta dunque che riscontrare come il lungometraggio sia troppo confuso e intento a far ricetta di ingredienti derivati da altri colossi del genere, finendo col perdere il filo e anche la nostra attenzione.

Choose or Die

Le nostre conclusioni su Choose or Die

Choose or Die si basa troppo sull’interessante premessa, ma l’esecuzione è noiosa, finendo col rendere tutte le domande con relative risposte secondarie rispetto allo shock e all’orrore della violenza inflitta dal gioco. Una regia cinematografica pur competente difficilmente può essere apprezzata quando l’opera trascura i fondamenti della sua narrativa. A livello tecnico, dunque, va anche bene, ma senza una storia sostanziale, personaggi stratificati o interessanti e una logica interna che funzioni, di carne sulla brace ne rimane davvero poca. Ciò che manca è fortunatamente compensato da una durata breve capace di concedergli un ritmo decente, senza spezzoni o sproloqui inutili.

Alla fine, però, il film non riesce a superare il senso di stupidità che cerca così disperatamente di eludere. Ci sono magari degli elementi horror interessanti, ma il tutto rimane impantanato da una pochezza capace di soffocare qualsiasi tipo di creatività o individualismo che questa storia potrebbe possedere. Coloro che potrebbero essere nuovi al genere o semplicemente avessero voglia di spegnere il cervello per un po’, magari riusciranno anche ad apprezzare Choose or Die. Ma per i veri fan del genere, la deriva e la piattezza dell’esecuzione è troppo da tollerare. C’è una scelta chiara da fare qui per il pubblico di Netflix, ed è quella di non giocare. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rimandandovi a Kaleidoverse e al nostro canale Telegram per rimanere sempre aggiornati su film, serie TV, videogiochi e molto altro.

50%

In un'epoca dove si cercano costantemente di ricreare saghe storiche come Final Destination, The Ring, Saw o Nightmare, Netflix propone l'ennesimo tentativo cinematografico di produrre un degno erede di questi totem del genere horror. Purtroppo, magari vista anche la pochezza dei mezzi a disposizione, il risultato è decisamente mediocre, nel quale riesce a salvarsi da un potenziale disastro grazie alla decisione di realizzare un lungometraggio decisamente corto rispetto agli standard attuale. Grazie a questa peculiarità, la storia riesce comunque a scorrere a suon di schizzi sanguinosi degni di uno splatter anni '90.

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Avete mai pensato alla gentilezza come forma di ribellione? A quell'idea del vincere le proprie battaglie combattendole porgendo l'altra guancia? Un mix di Sullivan da Uncharted e Ryuji da Persona 5, ponendo sempre come cardine la critica costruttiva, mai distruttiva. L'onestà intellettuale non lo abbandona mai, ma il mondo ha bisogno d'affetto, d'odio ce n'è già troppo.

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