Nella giornata di ieri sulla piattaforma di streaming Netflix è sbarcato un nuovo film d’animazione che tutti stavamo aspettando con trepidazione: stiamo parlando del film Bubble, prodotto da WIT Studio, realizzato dallo scrittore Gen Urobuchi (Madoka Magica), disegnato da Takeshi Obata (Death Note, Platinum End) e portato in vita dal regista Tetsuro Araki (L’attacco dei Giganti). I tre colossi creativi sintetizzano le loro distinte prospettive artistiche in una rivisitazione elettrizzante. A differenza della totalità delle famose opere del trio, Bubble è decisamente adatto a tutte le età. I bambini si stupiranno della splendida grafica e delle emozionanti gare di parkour, mentre i grandi amanti degli anime apprezzeranno i suoi temi inebrianti e si stupiranno delle splendide immagini.
Sfide in stile parkour in una Tokyo post-apocallitica
La storia di Bubble è molto particolare: ruota attorno a un gruppo di giovani i quali prendono parte a un gioco chiamato Tokyo Battlekour che consiste nel praticare il parkour a squadre in un’ormai abbandonata Tokyo. La versione della città che appare nel film è stata colpita da uno strano evento naturale che viene chiamato la caduta delle bolle, e veniamo a sapere della distruzione della metropoli giapponese durante un monologo iniziale. Nel lungometraggio seguiamo un giovane e introverso ragazzo di nome Hibiki, il quale rappresenta l’asso distaccato della squadra Blue Blades. Egli, dopo aver percepito una strana melodia, incontra una ragazza di nome Uta che potrebbe essere legata allo strano fenomeno delle bolle; loro due sono infatti gli unici che sentono una musica provenire dalla Tokyo Tower, il punto d’impatto del grande disastro.
Uta viene mostrata come una persona che non ha mai visto il mondo e durante la storia acquisisce il linguaggio umano solo dopo aver trascorso molte serate a leggere libri a bordo della barca dei Blue Blades. Il suo personaggio può essere ridotto a un contagioso senso di meraviglia e un’abilità per il parkour, ma a Uta manca il vero senso di sé necessario per renderla un protagonista avvincente. Dal canto suoi Hibiki se la cava decisamente meglio, unendo il suo status di prodigio del parkour con una rappresentazione sorprendentemente ben compresa del disturbo dell’elaborazione uditiva. Il film si avvicina di più alla sincerità emotiva quando Hibiki racconta a Uta della sua infanzia e della sua crescita con il disturbo; i due si immedesimano infatti l’un l’altro quando lei scopre di non poter toccare le altre persone. Le loro condizioni hanno offerto alla pellicola l’opportunità di esplorare come navigare nelle relazioni e negli ambienti, ma la storia non riesce a utilizzarle al massimo delle loro potenzialità.
Personaggi secondari poco sviluppati, e ritmi di trama lenti
Non va nemmeno tanto bene per quanto riguarda il cast di supporto: se i due personaggi principali spiccano, il resto lascia un po’ a desiderare, partendo dal caposquadra Kai, amico di Hibiki che per tutta la durata del film ha verso di lui un’inspiegabile gelosia; questa è sicuramente dovuta al fatto che il protagonista è un asso della squadra, ma questa tematica non viene mai approfondita a fondo. Anche gli altri personaggi non vengono quasi presi in considerazione, mentre sarebbe stato interessante sapere le loro storie; per esempio, i due adulti che si vedono nel film, Makoto e Shin, si prendono cura di tutti questi ragazzi ma il motivo è lasciato alla nostra immaginazione.
Parliamo anche dei ritmi della trama, le scene platform sono coinvolgenti e il freerunning dei personaggi lascia trasparire i tratti distintivi del regista: i personaggi si muovono in modo sinuoso, saltano, corrono e volteggiano in stile dell’Attacco dei Giganti poiché i personaggi si precipitano e saltano attraverso gli spazi della città. Lo spettatore prova dunque un elettrizzante senso di vertigine dovuto al modo in cui la telecamera li segue su dislivelli e sui tetti. L’animazione durante le scene di parkour è davvero eccezionale e l’esperienza di Araki: la telecamera non è mai ferma mentre corre accanto, dietro o proprio davanti ai nostri personaggi. Il tutto viene infine completato da un’entusiasmante colonna sonora di synth pop di Hiroyuki Sawano.
Le nostre conclusioni su Bubble
La storia di Bubble è una rivisitazione in chiave moderna della favola della Sirenetta di Hans Christian Andersen. Il film racconta una storia d’amore all’interno di un mondo unico, ma non riesce a sfondare in modo soddisfacente dato che conosciamo tutti la vera fine della storia ed è possibile immaginare come si possa concludere l’intera opera. Se all’inizio della narrazione si pensa che la giovane Uta possa avere un ottimo background, si rivela subito non essere così e parte della sua curiosità del mondo non spicca moltissimo; anche la decisione di non farle proferire parola si dimostra una scelta alquanto ardua, nonostante venga compensata con i lunghi sguardi che si scambiano i due protagonisti.
In Bubble ci sono tempi di inattività ma sono piacevoli, soprattutto quando il montaggio del film inizia a mettere i personaggi in sintonia con il mondo naturale che li circonda, riprendendo nei momenti di tranquillità la flora e la fauna rimasta. La storia dà il meglio di sé in questi momenti, poiché concilia la lotta di Hibiki con l’agorafobia e il suo conforto in tali scene, contrastando il rumore travolgente della vita cittadina passata con i suoni ipnotici e ritmici della natura. Quando questo studio del personaggio viene spinto maggiormente in primo piano, tutti gli elementi del lungometraggio combaciano perfettamente: il dramma post-apocalisse, il romanzo fantasy e gli sport estremi e l’amore. Noi come sempre vi invitiamo a continuare a seguirci tramite il nostro sito Kaleidoverse e i nostri canali social Telegram, Instagram e YouTube, per non perdervi nessuna novità sul mondo di Anime&Manga, serie TV, cinema, games e molto altro.
Bubble, il nuovo film di Araki Tetsuro, è una vera perla per quanto riguarda l'animazione e le sequenze d'azione di parkour fluide e elettrizzanti. La storia è una rivisitazione della favola della Sirenetta che vi farà emozionare e commuovere, e nonostante la narrazione non riesca a prendere lo slancio giusto è comunque un'opera che si farà ricordare a lungo.