Dal 4 febbraio su netflix è disponibile Lupo Vichingo, che ha un incipit da teen-horror movie, ma che si sviluppa in scelte narrative interessanti. Incentrato sulla figura del lupo mannaro, di matrice prettamente nordica, in una sua incarnazione più animale più ferale e che abbandona nella narrazione della pellicola la sua natura più romantica che alcune volte, forse troppo, viene imposta dai canoni di alcune pellicole più narrativamente edulcorate. Sarà riuscito a spiccare nel panorama filmico-seriale gargantuesco di Netflix? Svisceriamo la cosa nella recensione di Lupo Vichingo.
Lupo del Nord
Il tutto inizia mille anni prima della narrazione centrale, con un misto di spiegazione testuale e visiva, dove si viene introdotti alla figura del licantropo delle leggende nordiche e di come, grazie alle conquiste e alle invasioni vichinghe, si sia fatto strada verso la Norvegia. Con un salto di mille anni si arriva al giorno d’oggi. Protagonisti della vicenda sono la famiglia Berg, trasferiti da Oslo alla piccola città di Nybo; principalmente nella vicenda sono coinvolte Thale e sua madre Liv, vice-sceriffo della piccola città in cui abitano. Thale invitata a una festa dove, insieme a Jonas, assiste alla brutale aggressione della coetanea Elin, senza sapere chi o cosa li abbia attaccati. Lasciando Elin morta, Thale ferita e Jonas sotto shock.
Al contrario di quanto possa far immaginare l’incipit della pellicola, con Lupo Vichingo, non ci si trova davanti a un teen-horror-movie, poiché la vicenda percorre due binari paralleli: il primo segue la graduale e inesorabile infezione e successiva trasformazione in lupo di Thale, in cui sarà sostenuta solo dalla piccola sorella sordomuta Jenny; il secondo segue l’indagine di Liv che cercherà di scoprire chi o cosa ha aggredito sua figlia e ucciso una sua coetanea. Durante la pellicola ci si concentrerà principalmente sulla seconda linea narrativa e indagatrice, indirizzando sempre più la narrazione verso il thriller investigativo piuttosto che un vero e proprio horror soprannaturale.
il lupo perde il pelo…
Lupo Vichingo è un film che sorprende, soprattutto a livello visivo. Il regista Stig Svendsen riesce a dare solennità ai luoghi in cui si muovono le vicende; luoghi facenti parte della narrazione stessa, in quanto acuiscono e inaspriscono il senso di disagio e solitudine provati da Thale. Solitudine sostenuta anche dal rapporto conflittuale che ha nei confronti della madre, Liv. Se da una parte la pellicola cerca di farci empatizzare con Thale, dall’altra ci fa immergere nelle indagini che coinvolgono la polizia locale, trasformando queste nel cardine principale della vicenda.
Da lodare è di certo la tensione che permea l’intera produzione, un senso di incertezza e di ansia emerge durante la caccia alla bestia che ha portato alla morte di una giovane ragazza. Rumori inconsueti e versi mostruosi accompagneranno la visione per la sua intera durata creando un crescendo ogni volta che la bestia deve entrare in scena. Bestia che beneficia enormemente dell’uso sapiente e ben dosato della CGI, non risultando mai fuori posto, ma ben integrata e coerente con l’ambiente in cui si muove; impresa lodevole visto il, relativo, basso budget del progetto, che riesce comunque a dare un’impronta stilistica interessante e lontana dal solito canone estetico antropomorfo mannaro a cui altre pellicole hanno abituato il pubblico.
… ma non il vizio
Per quanto molte caratteristiche del lungometraggio siano lodevoli, alcuni punti sono purtroppo manchevoli e tendono a minare la piacevolezza complessiva della visione. Prima fra tutti è la natura piuttosto derivativa del prodotto. Ovviamente trattandosi di una storia di lupi mannari è quasi inevitabile trovare riferimenti, citazioni ed è impossibile non percepire la forte natura derivata dai lungometraggi che prima di questo hanno trattato lo stesso genere. In particolare, sono molto prominenti i rimandi a un classico del genere WereWolf: Un lupo mannaro americano a Londra del ‘81 di John Landis.
Difficilmente si può evadere durante la visione dal notare l’incredibile similitudine che intercorre tra il classico dell’81 e Lupo vichingo, soprattutto durante le varie fasi della trasformazione di Thale, che ripercorrono in modo perentorio e pedantesco il classico dell’81, partendo dalle visioni e dagli incubi, fino ad arrivare alla trasformazione fisica che richiama ulteriormente il film di Landis. Così tutto il percorso di Thale diventa un enorme deja-vù meta-filmico. Un ulteriore punto che mina la visione è l’enorme quantità di cliché presenti nel lungometraggio. Cliché che iniziano dalla ovvia incredulità di tutta la comunità verso l’esistenza del lupo mannaro, anche con vari morti a seguito, fino ad arrivare al re di tutti i cliché del genere: il vecchio “pazzo” che asserisce che un lupo mannaro è nei boschi e che gli dà la caccia da anni.
Le nostre conclusioni su Lupo Vichingo
Lupo vichingo è di certo un film che stupisce e risulta molto interessante, soprattutto visti i precedenti risultati delle incursioni nordiche da parte della grande N, che purtroppo non sempre hanno ripagato le promesse. Tuttavia, al contrario di altri progetti, in questo caso le aspettative sono ripagate, anche se accompagnate da una notevole virata di tono, che passa dal genere horror al un thriller investigativo, che potrebbe non far piacere al pubblico che si approccia al prodotto aspettandosi un lungometraggio con un setting prettamente orrorifico. Risulta comunque una scelta azzeccata, facendo vivere allo spettatore il centro dell’indagine mantenendo sempre un tono maturo e profondo e lasciando indietro la caratterizzazione romantica del lupo mannaro, accentuando invece la parte bestiale e selvaggia, rendendolo di fatto un mostro mangia-uomini da temere e non da compatire.
In definitiva, Lupo vichingo non riscrive i canoni del genere Werewolf, ma risulta una piacevole aggiunta allo stesso, con alcune buone intuizioni. Voi avete visto Lupo vichingo? Vi è piaciuto? O lo avete odiato? Fatecelo sapere nei commenti. Come sempre, vi invitiamo a leggerci su Kaleidoverse e a seguirci sulle nostre pagine social, dove pubblichiamo sempre contenuti. Se volete condividere con noi suggerimenti, consigli su nuovi film da vedere (ma anche anime, serie TV e videogiochi) o soltanto discutere delle ultime notizie, ci trovate sui nostri gruppi community, su Facebook e Telegram.
Lupo vichingo non è un capolavoro, ma un film onesto che dallo horror va a cadere nel genere di maggior successo ed esportazione delle terre nordiche, il thriller. Mantenendo sempre una narrazione interessante, serve allo spettatore una trasposizione del lupo mannaro che si allontana dalla visione romantica che spesso invade questo genere di film. Purtroppo non è tutto oro quel che luccica e Lupo vichingo ha delle cadute di stile soprattutto sul versante cliché, che per buona parte del lungometraggio ne riempiranno la visione. In definitiva non un film indimenticabile, ma nemmeno dimenticabile, si adagia su quella dolce spiaggia del decente, rendendo il film degno di una visione anche solo svogliata.