È innegabile che le storie di formazione costituiscano una categoria molto apprezzata e benvoluta dal pubblico – che si tratti di film, serie TV, anime, fumetti o libri. Fare la conoscenza di un protagonista completamente inconsapevole che sta per essere catapultato in qualcosa di nuovo somiglia alla sensazione che si prova il primo giorno di scuola: quella di un nuovo inizio, carico di ansia, curiosità ed elettricità. Sicuramente sono queste le emozioni che prova il protagonista della serie di cui vi parlerò in questa recensione – limitando gli spoiler al minimo: I’m a Virgo (Sono Vergine in italiano), disponibile su Amazon Prime Video dal 23 giugno.
La serie TV costituisce la seconda opera di questo genere per il suo creatore e regista, Boots Riley, famoso per Sorry to Bother You, una commedia surreale che condivide più di un tema con I’m a Virgo. Nel cast spiccano alcuni volti noti, come quello del protagonista, interpretato da Jharrel Jerome (When They See Us), e del personaggio di The Hero, Walton Goggins (The Hateful Eight). La sceneggiatura è firmata, oltre che dallo stesso Riley, da Tze Chun (Fredda è la notte), Marcus Gardley (Fondazione), Michael R. Jackson e Whitney White.
I’m a Virgo: la trama
Cootie non è un diciannovenne come tutti gli altri: è un ragazzo afroamericano, vive in California ed è alto 4 metri. Cresciuto dai genitori Lafrancine (Carmen Ejogo) e Martisse (Mike Epps) recluso, il ragazzo passa le sue giornate scandite da una routine piuttosto ferrea che comprende lettura, TV, preghiere ed esercizio fisico. In questo ambiente molto casalingo e sempre più stretto per lui – che ogni tanto rompe qualche parete, causando le ire di Martisse – Cootie si risolleva leggendo i fumetti di The Hero e seguendolo assiduamente alla televisione (sì, il supereroe esiste davvero). Ogni volta che il ragazzo chiede di poter uscire, i genitori gli rispondono che potrà farlo quando sarà maggiorenne (a 21 anni).
Due anni sono però troppi per Cootie, che dall’alta siepe del giardino inizia a spiare le persone fuori. È così che viene notato da un gruppo di ragazzi che lo convincono a uscire e a fare un giro. Una volta fuori inizia la vera storia di I’m a Virgo, che vede il mastodontico adolescente alle prese con il mondo esterno e le persone che lo popolano. Grazie all’aiuto di quelli che diventano i suoi amici – Felix (Brett Gray), Scat (Allius Barnes) e Jones (Kara Young) – Cootie impara come vanno davvero le cose per le strade di una Oakland molto diversa dalla nostra, ricredendosi addirittura su The Hero, che non è il semplice eroe di un fumetto.
I’m a Virgo: persone piccine, persone giganti
Il mondo di I’m a Virgo è al limite dell’assurdo e gioca con la nostra mente più di una volta. Per rendere questo possibile c’è stato bisogno di un reparto effetti speciali che sapesse quello che faceva, e il risultato è molto positivo. Cootie riesce a interagire piuttosto bene con l’ambiente circostante, sicuramente ricostruito in più di un’occasione per dare modo a Jharrel Jerome di sembrare un gigante. Accanto a questo c’è poi la magia del montaggio, che solo in rarissime occasioni nel corso dei 7 episodi svela delle inesattezze e la realizzazione di take distinti per le varie scene.
Oltre agli effetti speciali – che riguardano soprattutto i personaggi di Cootie, di Flora (Olivia Washington), di Jones e di Scat – giocano una parte molto importante la fotografia e il sonoro. La fotografia mette in evidenza il contesto immaginario nel quale si svolge la serie – un mondo di stampo fumettistico, molto anni ’80 ma con elementi moderni come gli smartphone – mentre il sonoro serve a evidenziare, molto spesso, l’assurdità di quello che lo spettatore guarda e quindi di quello che accade ai personaggi.
Un bizzarro viaggio di formazione
Come ho scritto in apertura, I’m a Virgo è in primis un viaggio di formazione, che riguarda soprattutto Cootie in quanto protagonista ma non solo. Mentre il ragazzo si approccia al mondo esterno e scopre che non è affatto come pensava, anche altri personaggi devono riconsiderare le proprie azioni e le proprie scelte, come Lafrancine e Martisse, che si ritrovano combattuti nei confronti del figlio che tanto hanno cercato di proteggere dai pericoli del mondo esterno.
Anche Flora, grazie al suo rapporto con Cootie, ha un’evoluzione: da ragazza super-veloce e intelligentissima ma sola guadagna una nuova prospettiva sulla vita e sulla realtà grazie al gigante – un effetto che ha, seppure in minore misura, anche su tutti gli altri personaggi. L’ingenuità di Cootie, infatti, funge da cuscino e da oasi metaforica per gli altri, che si ritrovano spiazzati dal suo singolare punto di vista sulle cose. Questo creerà uno scambio che farà imparare molto a tutti e muoverà in avanti la trama fino a lasciare gli spettatori con un cliffhanger altrettanto strano e sconvolgente.
Un mondo super ma comunque piccolo
La prima reazione dello spettatore, approcciandosi alla visione di I’m a Virgo, è la confusione: Cootie è un gigante, e finché resta in casa tutto sembra normale. Appena varca i confini del suo giardino ed esce, però, ci si rende conto di quanto bizzarro sia il mondo nel quale si ritrova. Quelle che sembrano essere le fantasie del ragazzo per venire a patti con una realtà scadente – per citare Sorrentino – non lo sono affatto: i supereroi sono reali, e si muovono tra le persone normali, che non se la passano benissimo.
C’è Flora, con la sua super-velocità, e ci sono anche degli uomini alti appena 15 centimetri. C’è poi Jones, che forse non avrà un super-potere nel vero senso del termine, ma è in grado di persuadere chi la ascolta con delle vere e proprie animazioni che prendono vita sopra la sua testa. Quello che emerge, da questo mondo al limite dell’assurdo, è il fatto che Flora si nasconda e finga di essere normale quando in realtà non lo è perché le persone sono lente, e il suo essere diversa la relega, per cause di forza maggiore, in una profonda solitudine. Il problema è che Cootie a differenza sua non può nascondersi – come potrebbe? – e questo innesca un cambiamento.
Non credere a tutto quello che dicono in TV
Il cambiamento parte da una discrepanza, e in questo Jones è fondamentale, perché apre gli occhi a Cootie. Il ragazzo è cresciuto consumando programmi televisivi, fumetti, libri e altri media che dipingono il modo in un determinato modo, che Jones demolisce spiegando a Cootie il concetto di capitalismo e il modo in cui questo farebbe il lavaggio del cervello alle persone. Come? Proprio attraverso i media e a una propaganda non dichiarata. “Tutta l’arte è propaganda”, viene detto a un certo punto. Ma questa affermazione cambia quasi subito in “Tutta la vita è propaganda”, un punto di vista cinico e disincantato che spiazza Cootie e lo spettatore.
Tralasciando la politica pura e semplice – che in I’m a Virgo trova ampio margine di manovra – appare sicuramente vero che Cootie sia cresciuto con una visione distorta del mondo proprio perché lui, il mondo, non l’ha vissuto davvero, ma lo ha visto attraverso un filtro: quello della TV e di The Hero. Lo stesso titolo della serie si riferisce all’oroscopo, che Cootie usa più volte per identificarsi agli occhi dei suoi nuovi amici. C’è poi Parking Tickets, una serie animata che ricorda per stile Rick & Morty che trasmette messaggi completamente problematici e nichilisti, che Cootie nota con un certo stupore, ma ai quali nessuno sembra fare caso, perché condividono la visione di fondo di quel prodotto, confermando che l’arte plasma la nostra vita secondo un determinato punto di vista, che può plasmare anche le nostre menti se non si presta la dovuta attenzione.
Lo sgretolamento dei ruoli: eroe o cattivo?
Vivere il mondo vero, per quanto assurdo, fa crollare le certezze di Cootie, che scopre quanto i genitori avessero ragione nel dire che la società lo avrebbe divorato per intero. Alla luce di questo, il ragazzo decide di agire e di fare qualcosa per cambiare le cose – che non sono per niente belle. Agendo secondo giustizia si attira addosso The Hero stesso come nemico, che lo trasforma in un mostro agli occhi dell’opinione pubblica e rinforza ogni singola parola di Jones. Se all’inizio Cootie resta devastato dall’etichetta che il suo idolo gli appiccica addosso – quella di mostro – ben presto reagisce perché si rende conto che la visione di The Hero è completamente sbagliata.
Eroe solo, profondamente apatico e perennemente sull’orlo del suicidio, The Hero ha una malsana ossessione con la giustizia, che applica e di cui si fa simbolo privilegiando il profitto – nemmeno Tony Stark è stato così megalomane da produrre una serie di fumetti su sé stesso. Tralasciando quindi un personal branding geniale e una torre d’avorio con tutti i comfort The Hero, in quanto diverso, lotta contro la solitudine proprio alla stregua di Flora, ma è anche un’arma contro il dissenso delle masse – gli antagonisti per la società capitalista di cui si fa protettore – che trovano in Cootie un degno e più che notevole rappresentante.
Le nostre conclusioni su I’m a Virgo
I’m a Virgo si conferma quindi una serie TV da guardare se si ha voglia di qualcosa di nuovo e anticonformista. Il protagonista convince a continuare la visione anche quando le cose diventano davvero strane e apparentemente prive di logica, e il finale è abbastanza enigmatico da convincere lo spettatore a restare nei paraggi e a sperare in una seconda stagione. La stranezza, tuttavia, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: il troppo stroppia, e a lungo andare l’accumularsi di bizzarrie potrebbe far decidere di interrompere la visione.
Ma il giudizio, come sempre, lo lascio a voi: avete visto I’m a Virgo? Cosa ne pensate? Parliamone nei commenti qui su Kaleidoverse o sui nostri gruppi community (Facebook e Telegram): in redazione abbiamo molti appassionati di supereroi con cui intavolare delle interessanti discussioni. Inoltre, condividete questo articolo sui social e taggateci per diffondere i nostri contenuti online, che spaziano dai videogiochi al cinema e agli anime (e, ovviamente, alle anteprime). Vi aspettiamo!
I'm a Virgo è una serie TV anticonformista. Usando come pretesto il viaggio di formazione di un ragazzo enorme, I'm a Virgo ci pone davanti un mondo in cui i supereroi non sono cavalieri senza macchia e senza paura e che esagera oltre ogni limite i difetti della nostra realtà. L'uso sapiente e certosino degli effetti speciali contribuisce a rendere tutto molto realistico, mentre il cast riesce a immedesimarsi nei rispettivi ruoli. Nonostante i molti pregi bisogna fare molta attenzione durante la visione, per rischiare di non finire nella confusione più totale. La stranezza e l'originalità sono elementi che, gestiti bene, possono dare al mondo prodotti stupendi, ma I'm a Virgo non riesce a innalzarsi fino a quel livello.