Il post-apocalittico è un genere che non è mai davvero passato di moda. Negli ultimi anni, tuttavia, ha gradualmente salito la scala dei generi più usati nei media. Il motivo è piuttosto semplice: alla gente piace osservare come il mondo potrebbe andare in rovina. E le piace ancora di più aggrapparsi ai suoi simili catapultati in quelle realtà desolate mentre cercano di trovare un modo per andare avanti, nonostante tutto. Oltrepassando prodotti ormai incastonati nella memoria collettiva come The Walking Dead e The Last of Us, il film di cui vi parlo oggi – disponibile su Netflix dal 14 luglio – non vede come oppositori gli zombie: si tratta di Bird Box: Barcellona.
Spin-off di Bird Box, il famoso film con Sandra Bullock nei panni di Malorie Hayes, Bird Box: Barcellona – come suggerisce il titolo – ci porta oltreoceano e ci racconta una storia tutta nuova che riprende in mano qualche particolare del primo film e lo approfondisce. Diretto dai fratelli David (Dov’è la tua casa) e Álex Pastor (Contagio letale), la pellicola ha come protagonisti Mario Casas (Contrattempo), Georgina Campbell (Barbarian), Alejandra Howard (El páramo – Terrore invisibile) e Naila Schuberth (Dear Child). Senza attendere oltre, dunque, vediamo insieme di cosa parla Bird Box: Barcellona (senza spoiler, ovviamente).
Bird Box Barcellona: la trama
Il film ci catapulta immediatamente nella realtà post-apocalittica che abbiamo imparato a conoscere in Bird Box, ma in una Barcellona deserta e semi-distrutta. Lì seguiamo Sebastián (Mario Casas) mentre avanza per le strade della città, attento alle eventuali minacce e alla ricerca di un porto sicuro. E sembra proprio che lo abbia trovato quando incontra Claire (Georgina Campbell) e il suo gruppo che, pur se inizialmente diffidente, accetta di prendere con sé l’uomo.
Ben presto, tuttavia, appare chiaro che le creature invisibili che spingono al suicidio chi le guarda non sono l’unica minaccia che si muove alla luce del sole. Tolti gli sciacalli – sempre temibili e pericolosi – c’è un gruppo di persone sempre più ampio che caccia altre persone con un unico obiettivo: aprire loro gli occhi per far loro vedere le creature e “liberarle” dal peso della loro esistenza. Consapevoli di questa ulteriore minaccia, i personaggi escono dal loro nascondiglio per cercare di raggiungere un luogo migliore, lontano dalle strade ormai minacciose di Barcellona.
Vedere l’invisibile
Dal punto di vista tecnico meritano sicuramente un plauso gli effetti speciali, che non stridono mai con le nostre percezioni e anzi, contribuiscono largamente a raccontare il mondo dal punto di vista dei nuovi antagonisti. Che aspetto hanno le creature? E com’è il mondo, una volta che la vista viene definitivamente modificata? Il film ce lo lascia vedere pienamente, sorprendendoci con visioni strabilianti e ben inserite nel contesto reale. Anche la desolazione della città catalana è priva di pecche, e dove sono presenti scene realizzate con effetti più artigianali si conserva comunque la verosimiglianza necessaria a tenere lo spettatore coinvolto.
Parlando della sceneggiatura, invece, la trama si sviluppa partendo in medias res e riservando un grande colpo di scena che però viene svelato dopo poco tempo. È solo a quel punto che il film prende effettivamente il via, ed è solo allora che lo spettatore inizia ad avvertire l’adrenalina e l’inquietudine che contraddistinguono i buoni thriller. La storia non ci ripropone spiegazioni sull’evoluzione del mondo nel momento in cui tutto va in pezzi, ma si concentra sul dopo, approfondendo i cambiamenti che l’invasione – se così possiamo definirla – delle creature ha causato, e non deludendo chi guarda propinando una storia già sentita.
Vista chiara, mente avvelenata
Il concept alla base di Bird Box era molto semplice: la vista – uno dei cinque sensi – rappresentava la porta per la morte. E non a caso il libro da cui è tratto il film si chiama proprio La morte avrà i tuoi occhi. Ora, già nel primo film avevamo effettivamente visto un personaggio che pur avendo visto le creature non si era ucciso ma anzi, cercava di uccidere Mallory e i due bambini quando se li era trovati davanti. In Bird Box: Barcellona è lapalissiano che siano loro gli antagonisti, in particolare il gruppo che stana le persone nascoste, condannandole di fatto a morte. Ma, anche se molti elementi sparsi nel corso della pellicola urlano a chi guarda che loro sono i cattivi, il personaggio di Claire sembra premere il pedale del freno.
La donna è una psichiatra, e nel film ha modo di riflettere molto su come le creature influenzino le persone – che siano bendate o meno. Le persone tendono infatti a togliersi la vita dopo aver visto le creature invisibili, e tutti sembrano farlo per un motivo diverso e molto, molto intimo. Andando oltre le teorie che mettono in gioco la fisica quantistica e che speriamo di risentire presto in un altro film del franchise, la psichiatra nota come la leva delle creature risieda nei traumi che segnano la vita di ognuno di noi: che si tratti di un grave lutto, di una malattia mentale o semplicemente di un bisogno mancante, è nella nostra mente che le creature trovano il modo di soggiogarci. Potrebbe forse essere proprio la mente, allora, lo strumento per dominarle? Il film non ce lo dice, ma la domanda permane.
I veri mostri sono le persone
Uno dei temi più usati nei post-apocalittici riguarda, come dicevo in apertura, l’interazione con l’altro, che sembra sempre ridursi a uno scontro esacerbato dalle condizioni esterne. Bird Box: Barcellona ovviamente non fa eccezione: fin dai primi minuti si percepisce chiaramente la diffidenza di Sebastián nei confronti degli altri, così come si percepiscono la ferocia e la crudeltà di altre categorie di persone, rese spietate dalla situazione che imperversa. Nel corso del film, poi, lo spettatore vede comunque come in mezzo a tutto questo caos e a tutto questo odio ci sia ancora spazio per la speranza e per la fede nell’altro.
Quello che però accade nel finale sembra in realtà riconfermare la crudeltà umana, usata per sopravvivere e quindi per prosperare e vivere senza problemi. Le ultime sequenze sembrano quasi porre una tacita domanda: cosa sei disposto a fare per vivere in pace? La risposta non è scontata, così come la soluzione che sembra emergere, chiara eppure crudele. Laddove, infatti, Claire ha intravisto un barlume di speranza e un modo per riportare il vantaggio sull’essere umano con un metodo non violento qualcun altro ne sta cercando uno che dia lo stesso risultato senza curarsi troppo delle eventuali perdite, quasi a dimostrazione che è vero, i veri mostri sono le persone. Tutte.
Le nostre conclusioni su Bird Box: Barcellona
Sembrava impossibile recensire questo film senza lasciar trapelare informazioni scottanti, ma ce l’abbiamo fatta. Se avete già visto Bird Box: Barcellona spero che abbiate colto i vari riferimenti e che vogliate dirci la vostra nei commenti su Kaleidoverse, sulle nostre pagine social o sui nostri gruppi community (Facebook e Telegram), dove condivideremo questo articolo. Se invece non avete visto il film spero che le mie parole vi abbiano incuriosito abbastanza da andarlo a vedere.
Bird Box: Barcellona, infatti, si conferma un ottimo film che si muove tra il thriller e l’horror, sfruttando la paura che abbiamo delle cose che non possiamo vedere e dandole tutto un altro senso, e non solo. Usando magistralmente gli effetti speciali non solo abbiamo modo di vedere cosa si cela dietro gli occhi cristallizzati dei vedenti, ma anche fin dove può spingersi una persona disposta a tutto pur di avere un barlume di speranza al quale aggrapparsi. Prima di precipitare nel vuoto.
Bird Box: Barcellona è uno spin-off che cammina perfettamente sulle sue gambe. Grazie a una sceneggiatura che conserva lo spirito del primo film approfondendone determinati aspetti la storia ci porta nella città catalana, che vediamo in tutta la sua desolazione grazie a riprese a tutto campo e dall'alto mozzafiato. Gli effetti speciali sono stupendamente realizzati e aprono un nuovo capitolo nell'universo dominato dalle creature che non possono essere guardate, dando propulsione alla trama e suggerendo la possibilità di eventuali sequel che rispondano alle eventuali domande lasciate in sospeso. L'interpretazione del cast ben si incastra nella storia, dimostrando quanto nessuno sia come appaia in realtà, e che in fondo il confine tra mostro e essere umano è infinitamente sottile.