Il 26 luglio il mondo ha visto spegnersi Sinéad O’Connor, la voce di Nothing Compares 2 U, canzone che l’ha consegnata alla Storia nel 1990. Mentre i fan – quelli fedeli e quelli che si sono persi per strada – riscoprono brevemente l’arco musicale e personale della famosa cantante irlandese che aveva in programma di tornare sui palchi internazionali l’anno prossimo, Sky la celebrerà con un documentario inedito. Nothing Compares – questo il titolo – sarà trasmesso per la prima volta domenica 30 luglio alle 21.15 in simulcast su Sky Documentaries e Sky Arte, mentre sarà disponibile in streaming su Now TV sempre a partire da quella data.
Il documentario racconta la cantautrice irlandese da un nuovo punto di vista che si allontana dalla narrazione negativa che i tabloid le hanno riservato nel corso dei decenni, per mostrare e celebrare la sua vita, la sua carriera e – cosa più importante, secondo chi scrive – proprio lei, Sinéad O’Connor, con tutti i chiaroscuri che l’hanno definita e resa un’icona della musica. Nothing Compares è un bel viaggio indietro nel tempo, che tocca gli anni ’80 e ’90 per com’erano: scrigni di rivoluzioni e cambiamenti, palcoscenici di band indimenticabili, megafoni per voci arrabbiate e stanche di sussurrare nell’ombra. E in questo, come leggerete sotto, O’Connor era superlativa.
Nothing Compares: un’altra prospettiva su Sinéad O’Connor
Negli ultimi anni non si è parlato molto di Sinéad O’Connor, e le nuove generazioni di lei conoscono probabilmente solo Nothing Compares 2 U e il videomessaggio che diventò virale nel 2017 in cui la cantante raccontava le condizioni in cui viveva e conviveva con il disturbo bipolare. Inoltre se si guarda l’alveo delle star femminili del panorama musicale sembra quasi non esserci posto per lei. Eppure non è stata solo Madonna a scardinare più di qualche tabù scandalizzando i più conservatori (e la Chiesa).
Alla luce di questo Nothing Compares è un omaggio alla figura di O’Connor, il racconto di una cantautrice che ha fatto la differenza e ne ha pagato amaramente il prezzo, ma non solo. Questo documentario è l’incastonamento di una figura tanto eterea quanto complessa, ammirata e amata quanto contestata e condannata dall’opinione pubblica per una somma di motivi che esulavano in qualche modo da lei e che vanno ricercati nel delicato contesto sociopolitico di quegli anni, smossi da proteste, rivolte e cambiamenti epocali tanto in Irlanda quanto in Europa.
Lo statico del VHS e le voci di chi c’era
Il documentario colpisce non solo per il tema, ma anche per la bellezza visiva: la storia inedita di Sinéad O’Connor emerge usando solo ed esclusivamente materiale di repertorio, montato ad arte tra interviste, brani eseguiti in live, fotografie promozionali e prime pagine. Le diapositive dell’ascesa di O’Connor sono inoltre accompagnate dal racconto di varie persone fuori campo, tutte più o meno coinvolte (come John Reynolds, il primo marito), e da interventi vocali della O’Connor stessa.
L’uso di queste fonti unito al soggetto del documentario catapulta lo spettatore indietro di 30 anni, in un mondo fatto di onde statiche e colori saturi che ci sembra lontanissimo. Il bilanciamento dei colori tendente ai toni freddi, in particolare, unito al riverbero visivo dato dal supporto analogico, contribuisce a distaccare la figura di Sinéad O’Connor dallo schermo e dallo sfondo sul quale si muove, esaltandola come unica e vera protagonista e trasformandola in un’apparizione evanescente, quasi mistica.
Sinéad O’Connor: anima in rivolta
Nothing Compares si allontana dallo spirito fortemente critico riservato a Sinéad O’Connor dalla stampa e dall’opinione pubblica per raccontarla in un altro modo. Così la cantante diventa un’anima fragile che interseca il contesto più ampio che ha formato lei e i temi delle sue canzoni. Sinéad incarna la dualità di un’Irlanda che è magica e reale, pacifica e violenta, tranquilla e sconquassata dal rumore delle bombe. Emerge dal racconto della sua scalata al successo una forte critica sociale rivolta alla condizione femminile e della Chiesa cattolica, che per tutta la vita rappresenterà l’istituzione che più di tutte l’ha delusa.
Anche la musica sembra ricoprire un duplice ruolo: è un’esperienza molto spirituale e contemporaneamente rivoluzionaria: il ruolo della cantante non è solo quello di cantastorie, ma serve anche a mettere in atto una forma di protesta che non può essere ignorata. I riflettori garantiti dalla fama hanno infatti sempre rappresentato per O’Connor un utile mezzo per sfruttare al meglio il privilegio di poter esprimere la propria opinione e di farla sentire al mondo intero, nonostante la società e le istituzioni le abbiano remato contro fino a relegarla lontano.
Usare la propria voce
Come accennato sopra, gli anni del successo di Sinéad O’Connor sono stati segnati dagli stravolgimenti politici e culturali che hanno colpito tutto il mondo: gli anni ’80 e ’90 sono stati pieni di ribaltamenti e lotte (prendete il crollo del muro di Berlino, per esempio). Ecco dunque che, proprio come nel caso di altre band celebri di quegli anni – Nirvana, U2 e The Cranberries, giusto per citarne qualcuna – O’Connor ha contestato sul palco avvenimenti e norme sociali volte a reprimere determinate categorie, ma nel farlo ha sempre cercato di restare fedele a sé stessa.
In particolare O’Connor ha denunciato a più riprese il trattamento riservato alle donne nell’Irlanda ultracattolica nella quale era cresciuta, battendosi affinché il genere femminile potesse avere un giusto riconoscimento sul piano sociale, privo di preconcetti deleteri. Si è anche battuta contro la censura degli artisti, in particolare quelli di colore, che in quegli anni emergevano grazie al rap e all’hip hop facendo storcere il naso alle persone per i loro testi. Queste posizioni forti l’hanno condannata a un lento declino, ma lei stessa, nella sua musica, ha sempre ribadito la propria forza e il proprio valore, ben più forte di qualsiasi critica o attacco mediatico.
Nothing Compares: le nostre conclusioni
Chi scrive pensa che Nothing Compares dovrebbe essere guardato da tutti. Questo documentario non si limita a riassumere la carriera di Sinéad O’Connor: ne racconta anche il lato più umano ed esposto, consacrandola, dopo la sua scomparsa, tra le icone da ricordare. Perché Sinéad O’Connor è stata rock, anticonvenzionale, incubo del conformismo, libera contro tutto e tutti. Era consapevole di non essere un modello, bensì una sorta di fata, di creatura ultraterrena da ammirare e temere, e la regia di Kathryn Ferguson (Taking the Waters) ha contribuito a presentarla sotto una lente nuova e genuina.
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