L’ultimo decennio ha riavvicinato come mai prima d’ora il grande pubblico alla mitologia norrena: dopo l’arrivo su schermo di Thor (interpretato da Chris Hemsworth nel MCU) la cultura norrena ha attraversato un profondo periodo di rinascita ed è arrivata a toccare chiunque anche grazie ai film e alle serie TV che hanno fatto la loro comparsa. La gente ha amato Vikings, che ad oggi è la serie sui vichinghi forse più famosa. Ma ci sono stati anche I vichinghi e The Northman, ultimo arrivato firmato da Robert Eggers. E – come state per leggere – c’è Ragnarok, una serie TV targata Netflix arrivata alla sua terza e ultima stagione, di cui vi faremo una recensione no spoiler dopo questa breve introduzione.
È la prima volta che Kaleidoverse parla di questa serie, diretta da Mogens Hagedorn (Park Road) e scritta da Emilie Lebech Kaae (Borgen) e Adam Price (Herrens veje). Si tratta di una produzione danese e norvegese che prende una delle saghe norrene più famosa – quella del Ragnarok, come suggerisce il titolo – e la attualizza portandola nel presente. Le prime due stagioni hanno introdotto questa fusione e l’hanno sviluppata, portando la storia e i personaggi all’ultima stagione, nella quale lo spettatore deve dire addio al fiordo dove sorge Edda e ai protagonisti della vicenda. Ma di cosa parla Ragnarok in concreto?
Ragnarok: la trama
Magne (David Stakson), insieme a suo fratello Laurits (Jonas Strand Gravli) e alla loro madre Turid (Henriette Steenstrup) ritornano a Edda, il loro paesino d’origine. I due ragazzi sono così costretti ad ambientarsi nella nuova scuola: Magne è un ragazzo goffo e timido mentre Laurits fa meno fatica ad ambientarsi, almeno finché Magne non si rende conto di aver ricevuto da una strana donna un dono: i poteri di Thor, il dio del tuono. Con questa nuova consapevolezza il ragazzo scopre che il mondo che lo circonda non è affatto come sembra, e che i giganti, nemici giurati degli dèi norreni, vivono a Edda da secoli e detengono il potere commerciale inquinando l’ambiente.
Dopo la morte di Isolde – l’unica amica di Magne e fervente ambientalista – il ragazzo si convince che siano proprio i giganti (la famiglia Jutul) i responsabili della sua morte, e si mette al lavoro per sabotarli e sovvertire l’ago della bilancia del potere. Nel corso della serie lo spettatore scopre inoltre che Magne non è solo: ad aiutarlo arrivano Iman (Danu Sunth), Wotan (Bjørn Sundquist) e altri personaggi, tutti reincarnazioni di dèi norreni importanti, uniti da un unico obiettivo: impedire un secondo Ragnarok – una seconda fine del mondo. Ci riusciranno? Per scoprirlo vi toccherà guardare la terza stagione, che chiude in maniera un po’ traballante la storia. Ma andiamo con ordine.
Bellezza paesaggistica, effetti speciali e un po’ di cultura
Dal punto di vista più tecnico Ragnarok può contare su una fotografia che esalta le bellezze paesaggistiche nord-europee e su una regia che predilige campi lunghi e primi piani che, in determinate occasioni, rendono le singole scene quasi opere pittoriche. Per quanto riguarda invece gli effetti speciali questi sono presenti in gran quantità, ma riescono a restare in scena senza appesantire la visione perché gli elementi digitali sono stati aggiunti con intelligenza e senza strafare.
Per quanto riguarda la sceneggiatura il discorso è molto più ampio, e merita di essere affrontato discutendo di vari aspetti – lo faremo tra poco. Prima sicuramente merita una nota di plauso la volontà di introdurre ogni episodio della serie con una breve descrizione di un personaggio mitologico o di un concetto legato alla mitologia norrena, che aiuta lo spettatore non solo a capire il tema della puntata, ma anche ad apprendere nozioni di cultura nordica, ancora poco diffusa qui in Italia (così come in altre parti del mondo).
Il cambiamento climatico e il Ragnarok
Uno dei legami più belli e interessanti che si forma nelle prime due stagioni di Ragnarok è sicuramente quello tra fine del mondo e cambiamento climatico. All’inizio, infatti, la narrazione sembra spostare sul piano ambientalista la lotta tra dèi e giganti: gli Jutul, infatti, dirigono una multinazionale che estrae materie prime senza curarsi di inquinare il bel fiordo nel quale sorge Edda, e Magne, aiutato dai suoi amici, si batte strenuamente per impedire alla facoltosa famiglia di spadroneggiare.
Questo parallelismo è interessante e adatta molto bene quelle che sono le lotte delle nuove generazioni – Ragnarok è pensata per gli adolescenti – alle grandi lotte mitologiche. La terza stagione, però, ribalta leggermente le carte in tavola: Magne continua a battersi affinché Edda venga preservata dall’inquinamento delle industrie Jutul, ma a fianco di questa nobile causa emerge in maniera piuttosto criptica un altro senso del Ragnarok applicato al presente, che nulla ha a che fare con l’ambiente e che lascia lo spettatore perplesso visto che non gli dà modo di abituarsi completamente all’idea prima della conclusione della serie.
Gen Z: i nuovi Asi
L’aspetto più interessante di Ragnarok è la trasposizione in età moderna dei principali Asi (gli dèi norreni), adattati a nuova vita e inseriti in un contesto dalle molte potenzialità. E anche se è Magne – reincarnazione di Thor – il protagonista della serie sono tutti i personaggi a risultare estremamente interessanti. Accanto al dio del tuono infatti troviamo Odino (Wotan) – un anziano apparentemente poco lucido; Freya (Iman), la dea della bellezza e dell’amore, in grado di ammaliare e convincere le persone ad assecondarla; Tyr (Harry) il dio della guerra; Laurits, che anche se non viene mai definito in quanto tale è palesemente la reincarnazione di Loki, il dio dell’inganno.
Nell’ultima stagione, poi, compaiono altre divinità che completano questa rosa: Baldor, il dio più bello di tutti; Heimdall, il guardiano del regno degli Asi; e infine Hod, il dio cieco fratello di Baldor. Ovviamente non vi diremo chi si rivelerà essere chi, ma quello che ci preme più sottolineare è quanto gli sceneggiatori abbiano modellato questi personaggi consolidati nell’immaginario collettivo e li abbiano inseriti nel XXI° secolo, dove assumono tutto un altro ruolo. Basti pensare a Laurits – Loki – che si muove sì in bilico tra gli Asi e i giganti, ma alla fine propende più per il bene allontandosi dalla malizia insita in lui e meglio rappresentata nel MCU, tanto per dire.
Una conclusione traballante e inaspettata
Concentrandoci di più sulla terza e ultima stagione di Ragnarok appare evidente che la conclusione si allontani molto da quello che lo spettatore vede nelle prime due stagioni. In generale tutta la stagione arranca più che svolgersi fluidamente, sottoponendo i personaggi alla preparazione per un grande scontro che dovrebbe emulare il Ragnarok del passato antico. Inoltre Magne sbanda a destra e a sinistra, subendo una brusca virata verso il “male” e perdendo di vista il proprio obiettivo perché attratto dagli agi e dalla fiducia in sé stesso che Saxa Jutul (Theresa Frostad Eggesbø) gli prospetta.
Non è semplice scrivere una stagione che sia contemporaneamente l’apice della storia che la conclusione: c’è il rischio di deludere ben più di uno spettatore, e ci duole ammettere che con Ragnarok è questo quello che succede. Arrivati alla resa dei conti si ha l’impressione che molte linee narrative restino sospese e non possano più essere completate, impedendo in questo modo anche un approfondimento dei personaggi secondari (come Tyr, Baldor, o Hod). Lo spettatore vive gli ultimi episodi di Ragnarok con trepidante attesa per poi dover accettare un finale alla “volemose bene” in cui non si capisce se tutto quello che ha seguito per tre anni sia accaduto davvero o meno.
Le nostre conclusioni su Ragnarok stagione 3
La fine di Ragnarok è piena di normalità e di speranza per il futuro, ma smonta completamente tutto quello che è stato fatto nelle due stagioni precedenti, che perdono di senso. Il cast ha invece saputo imprimere bene la propria bravura nell’interpretare i singoli personaggi e contribuendo largamente a generare dell’amore nei confronti di questa serie. Se l’ultimo piccolo arco avesse presentato un po’ più di grinta e di azione (pur mantenendo i nobili intenti) e fosse stato più chiaro e diretto data la mancanza di tempo su schermo, Ragnarok si sarebbe conclusa davvero in maniera degna.
Ma adesso la rimettiamo a voi: avete mai sentito parlare di Ragnarok? E se sì, avete già avuto modo di vedere l’ultima stagione? Cosa ne pensate? Raccontatecelo sui gruppi community di Kaleidoverse (quello su Facebook e quello su Telegram) e non dimenticate di seguirci sulle nostre pagine social per restare sempre aggiornati sulle ultime recensioni, come quella della seconda stagione di The Bear o degli episodi della seconda parte di Bleach Thousand-Year Blood War. Vi aspettiamo!
La terza e ultima stagione di Ragnarok mette la parola fine alla serie norvegese lasciando lo spettatore con più di qualche perplessità. Sullo sfondo di paesaggi suggestivi assistiamo all'ultimo atto della storia di Magne e compagni che, poteri divini alla mano, si avvicinano alla resa dei conti contro gli Jutul. Mentre gli episodi scorrono inesorabili la trama prende una svolta inaspettata, rendendo vane molte azioni precedentemente compiute e nullificando le intenzioni originali dei personaggi in favore di un finale completamente positivo e felice per tutti a discapito del concetto stesso di Ragnarok, che viene riadattato e ammorbidito stonando con il contesto generale della serie.