Una volta erano le piazze, i fori, le strade della città dove ci si incontrava, si facevano capannelli, ci si scambiavano opinioni e si discuteva. Oggi le modalità sono cambiate, non sono più (solo) incontri fisici e discussioni verbali, ma anche e soprattutto diffusione dei propri messaggi e pensieri online, su siti, blog, social network. Ma se certe modalità di trasmissione del contenuto cambiano, non si può dire lo stesso per alcune questioni delicate che, soprattutto in tempi recenti, stanno facendo discutere parecchio e sono un tema caldo nell’opinione pubblica: l’identità di genere, il disegno di legge anti-omofoba DDL ZAN e la lotta alla parità di diritti tra tutti gli orientamenti sessuali. Non siamo qui di certo per alimentare discussioni da una parte o dall’altra della barricata, ma solo per far riflettere su un fatto di cronaca, che ha per protagonista uno dei social media più utilizzati: Instagram. Ma cosa ha a che fare questa piattaforma con la parità dei generi? Molto facile: la libera espressione del proprio orientamento entra a far parte della biografia personale sul profilo degli utenti. E la modifica non avrà limiti, sarà fluida e libera, proprio come dovrebbe essere. Noi di Kaleidoverse abbiamo voluto approfondire la questione insieme a voi in questo pezzo, per porci di fronte a riflessioni critiche e oggettive sulla sensibilizzazione a questo tema anche nell’utilizzo di un social network. Un piccolo, grande passo per sdoganare ancora di più la libertà di espressione di tutti i liberi cittadini.
Instagram e la parità di genere
L’11 maggio, Instagram ha annunciato la sua novità nelle proprie impostazioni, ossia la possibilità di indicare i pronomi di genere con cui intendono essere appellati gli utenti e che possono apparire nel proprio profilo social. Si potranno impostare fino a quattro pronomi, tra cui he/him, she/her, they/them, ze (nato per permettere alla comunità transessuale di trovare un modo di identificarsi), mentre fino a oggi si doveva indicarli, se desiderato, scrivendoli in maniera autonoma e di propria volontà nella biografia. Inoltre, nel rispetto della privacy e della sensibilità e riservatezza di ciascuno, pare si possa anche scegliere di renderli noti solo ai propri followers.
Un passo avanti di tutto punto, quello compiuto dalla piattaforma di Zuckerberg più nota per la diffusione di immagini, stories e brevi video, dove mettersi in mostra e raccontarsi per foto e brevi momenti di quotidianità “filtrata” vengono ora affiancati da un aspetto ancora più importante. L’indicazione dei pronomi personali è fondamentale soprattutto come segno di rispetto e identificazione delle persone transgender e non binarie (ossia non riconoscersi nella tradizionale distinzione uomo/donna, non sentirsi esclusivamente uomo o donna, percepirsi come entrambi, una combinazione dei due, o “altro”), in modo che ognuno possa specificare l’identità nella quale si riconosce. Cosa non meno notevole, si fa sì che gli altri si rivolgano agli utenti in modo consono e coerente.
Certamente, come spesso accade nelle terminologie legate alle questioni di identità di genere, queste definizioni e utilizzi nascono nel mondo anglosassone, dunque potrebbero essere di più immediata comprensione e diffusione, oltre che di migliore funzionamento nelle lingue in cui sono attestati con più forza dei pronomi neutri o agender (come they/them), ma non per questo manca di utilità o perde di significato negli altri idiomi, per dimostrare vicinanza alle persone di genere non conforme. Infine, nel totale rispetto di parità ed eguaglianza, ma anche per non alimentare lo stigma su coloro che desiderano utilizzare pronomi di genere che indicano orientamenti diversi dall’eterosessualità, anche le persone cisgender (termine utilizzato in senso opposto a “transgender”, usato per indicare persone che vivono una concordanza tra l’identità di genere e il comportamento o ruolo considerato appropriato per il proprio sesso) sono invitate a indicarli per normalizzare la diffusione di questa pratica. Non sappiamo ancora quando e se Instagram attiverà questa funzione anche in Italia, ma pare sia già disponibile solo in alcuni Paesi; progressivamente sarà estesa ulteriormente.
L’importanza del rispetto a partire dai social
Dunque la riflessione che ci poniamo a questo punto sarebbe: era necessario? Non si sta dando particolare rilievo a tali questioni, portandoli da un eccessivo silenzio all’estremo opposto, con una polarizzazione di discorsi che rischiano di condurre le persone a incistarsi sulle proprie posizioni senza trovare un punto di incontro con l’opinione opposta? Al primo quesito, potremmo dire che non era forse “necessario”, trattandosi di un social network nato per la diffusione di contenuti prettamente visivi, ma è certamente utile nei termini in cui si considera l’importanza, la fama e la penetrazione di questa piattaforma nella maggior parte dei Paesi sviluppati e con un buon accesso al mondo online e digitale, che abbraccia sempre più persone. Diventando dunque una sorta di “piazza” mediatica, come abbiamo detto all’inizio, il suo ruolo comunicativo è fondamentale per dare il buon esempio anche in questo caso, nel tentativo di normalizzare una caratteristica importante dell’identità di ogni utente che, a ogni buon conto, non è di certo necessaria esprimere nei propri dati biografici.
Per rispondere invece alla seconda questione, ossia se non si stia dando rilievo notevole a questi temi, la risposta è chiaramente affermativa, ma è proprio questo il punto: finché non si affronta un problema e non se ne discute, difficilmente le cose possono cambiare. Ciò vale soprattutto quando la tematica diventa sempre più delicata e richiede una risoluzione non solo per proteggere e aiutare tutta quella parte di popolazione che appartiene alla comunità LGBTQIA+, ma anche per “educare” su questo fronte tutti coloro che non ne fanno parte, nel senso di fornire loro le giuste e obiettive informazioni, che altrimenti difficilmente possono comprendere la situazione spesso di disagio e difficoltà vissuta dai primi.
Il rispetto reciproco è come sempre e da sempre la meta più ambita e la più ambiziosa, ma puntualmente difficile da raggiungere. Il desiderio di prevalere sull’altro, l’istinto primordiale non solo di sopravvivere, ma anche di uscire vincitore nelle battaglie, siano esse fisiche o verbali, è difficile da esacerbare dall’animo umano. È altrettanto vero però che senza uno sforzo obiettivo, tenace e logico di mettere da parte i propri istinti e cercare di appianare il terreno per arrivare a un confronto civile con l’avversario, difficilmente si arriva a un clima sereno. Questo è quanto si vive ancora oggi nel quotidiano, dove la vita offline viene poi riflessa in maniera distorta, filtrata, amplificata o ridimensionata dai social network, che diventano fondamentali per ribaltare o meno le sorti della comunicazione, utile come in questo caso su Instagram a spezzare una lancia nei confronti della gender equality. E se su Instagram basta un filtro per rendere più bella e perfetta l’immagine della quotidianità, ora basta un pronome per togliere un filtro e rendere più genuina e reale l’informazione sulla propria identità.